Processo da rifare. E' stata emessa in serata la sentenza della quarta sezione della Corte di Cassazione di Roma in merito al processo per il crollo di un edificio in via Gabriele D'Annunzio all'Aquila, che nella notte del terremoto del 2009 causò la morte di 13 persone.
Per l'unico imputato rimasto, l'ingegnere Fabrizio Cimino - precedentemente condannato per omicidio colposo plurimo a tre anni di reclusione (in primo grado), pena poi ridotta in Appello a un anno e dieci mesi - si dovrà tornare alla Corte d'Appello di Perugia, sede di competenza.
Cimino era accusato di una condotta omissiva in relazione ai restauri del palazzo fatti dodici anni fa. Risulta imputato per non avere notato palesi criticità del palazzo, edificato nel 1961, in occasione dei lavori dai lui diretti. Accuse rispedite al mittente dalla difesa, condotta dall'avvocato aquilano Stefano Rossi: "Tra qualche mese usciranno le motivazioni della sentenza di oggi - dichiara Rossi a old.news-town.it - ma evidentemente la sentenza di merito è stata annullata, perché non si riconosce sufficientemente la colpevolezza. E' stato ripagato il nostro sforzo nel dimostrare che non era solida la tesi costruita dall'accusa".
Nel corso dello stesso processo era già stato assolto definitivamente Fernando Melaragno, titolare dell'impresa che effettuò i lavori di ristrutturazione del palazzo, mentre un altro imputato, Filippo Impicciatore, 83 anni, vive oggi in Venezuela e risulta attualmente irreperibile, rendendo impossibile la notifica giudiziaria.
Le parti civili erano assistite dagli avvocati Bernardino Ciucci, Antonio Milo, Antonio Di Mizio, Donatella Boccabella, Ascenzo Lucantonio, Francesco Valentini.