Attrae le attenzioni anche della stampa nazionale la mega opera della Snam (Società nazionale dei metanodotti) che dovrebbe essere realizzata sulla dorsale appenninica.
Il nuovo metanodotto Snam è infatti oggetto di un lungo articolo in pagina oggi su Il Fatto Quotidiano. Tommaso Rodano, che firma l'articolo, lo chiama serpente di metano. E la definizione è più che azzeccata.
Rodano compie un viaggio in alcune delle zone altamente sismiche che saranno attraversate dai 687 chilometri totali della "nuova" grande opera (in realtà il progetto risale al 2005), la "Rete Adriatica", che dovrebbe svilupparsi da Massafra (Taranto) a Minerbio (Bologna).
I tubi riforniranno anche la contestatissima centrale di compressione del gas tra Pacentro e Sulmona (L'Aquila), di cui old.news-town.it parla da tempo, attraversando i parchi nazionali del Gran Sasso e dei Monti Sibillini, puntando verso l'Umbria.
E non può che balzare all'attenzione il fatto che il serpente di metano taglierà, nel tratto del Centro-Italia Sulmona-Foligno, tutte le zone interessate dai terremoti più forti degli ultimi anni: l'aquilano - con lo stesso capoluogo d'Abruzzo e la sua frazione a est, Paganica, attraversata a sua volta da una faglia sismica attiva - passando per le aree contigue all'amatriciano, colpite dal terremoto dello scorso 24 agosto, e fino alla Valnerina (Norcia) e ai Monti Sibillini (Visso e Ussita), terre dell'epicentro dell'ultimo sisma di fine ottobre.
168 chilometri su una zona a rischio 1, il grado più alto in termine di pericolosità sismica. In altre parole, si scaverà sottoterra, per installare un tubo di un metro e venti di diametro e farlo correre verso faglie chiaramente attive.
Rodano inizia il suo viaggio proprio a Sulmona, dove intervista gli attivisti dei comitati No Snam, che da anni si battono contro la realizzazione della centrale di compressione, prevista in un'area di 12 ettari nella Valle Peligna.
E quindi si dirige all'Aquila, dove incontra il consigliere regionale del Partito Democratico Pierpaolo Pietrucci, nella maggioranza del governatore Luciano D'Alfonso ma, a differenza di quest'ultimo, fiero critico dell'opera: "Questo gasdotto taglierà parchi nazionali e boschi millenari. Inciderà su territori che già oggi sono a rischio spopolamento. Sarà la condanna dell'Appennino", le parole di Pietrucci alla testata milanese. Lo stesso consigliere aquilano aveva già lanciato l'allarme a inizio mese, facendo appello alla revisione del tracciato [leggi l'articolo].
Il Fatto conclude intervistando Aldo Cucchiarini, responsabile del comitato No Tubo di Marche ed Umbria: "Per posare una condotta di 120 centimetri a 5 metri di profondità bisogna aprire uno sterrato largo 40 metri sui fianchi delle montagne, oltre a creare strade e piste per far passare i mezzi di cantiere", sottolinea l'attivista amareggiato.
Insomma, come abbiamo più volte scritto, il metanodotto Snam potrebbe cambiare il volto di territori dell'Appennino interno, già gravati da politiche pubbliche che generano spopolamento e aggrediti mortalmente dalle scosse di terremoto. Ma non è solo il sisma a minacciare la sicurezza delle comunità che convivono con centrali e metanodotti: negli ultimi 12 anni ben 8 sono stati gli incidenti che hanno visto coinvolta in qualche modo la rete Snam. L'ultimo, in Abruzzo, meno di due anni fa [leggi l'articolo]: a Pineto (Teramo) un modesto smottamento del terreno procurò un'esplosione della rete gas, con fiamme alte fino a 10 metri e 12 intossicati.
Accantonare o modificare sostanzialmente il progetto del metanodotto Snam sarebbe davvero necessario, nell'ottica di un cambiamento epocale di paradigma, in termini di modelli di produzione e di approvvigionamento energetico. Quello sì che sarebbe un vero rinnovamento.