Sarà un’interrogazione del M5S a firma del consigliere Domenico Pettinari a portare nuovamente il caso Bussi alla discussione dell'assise regionale. "Presenteremo un’interrogazione per invitare il presidente Luciano D’Alfonso e la direttora Cristina Gerardis a riferire in merito alle notizie sul processo emerse nei giorni scorsi su Il Fatto Quotidiano". Accanto a Pettinari, anche i deputati abruzzesi pentastellati Andrea Colletti e Gianluca Vacca: "Sono sempre più cupe le ombre che avvolgono la vicenda di Bussi", l'affondo. "Gli elementi nuovi emersi in questi giorni necessitano di una verifica approfondita della magistratura, come necessitano di una verifica approfondita anche gli atti della Procura di Campobasso, sempre alla luce delle nuove rivelazioni emerse su alcuni organi di stampa”.
Ma cosa è stato pubblicato sulle pagine de Il Fatto Quotidiano? Qualche giorno fa, il giornalista Antonio Massari ha svelato che il pomeriggio di giovedì 4 dicembre 2014, in uno studio legale di Roma, si sarebbero incontrati parecchi avvocati, e tra loro Luca Santa Maria, Patrizia di Fulvio e Cristina Gerardis, all'epoca avvocata dello Stato e oggi direttora generale di Regione Abruzzo, con i Pubblici Ministeri che rappresentavano l’accusa nel processo di Chieti, Giuseppe Bellelli e Anna Rita Mantini; stando alle testimonianze raccolte da Il Fatto, i pm avrebbero sostenuto in quella circostanza, "con aria davvero preoccupata", che, oramai, non c'era più nulla da fare, "che era stato tutto giù deciso" e la sentenza di Bussi, nei fatti, "già scritta".
Al quotidiano diretto da Marco Travaglio, il pm Bellelli ha confermato di essere stato a Roma in quei giorni e di aver incontrato gli avvocati, smentendo però la ricostruzione degli eventi accaduti; la pm Mantini, invece, ha detto di ricordare l’episodio, definendo tuttavia "assolutamente sbagliata" la ricostruzione giornalistica.
Sta di fatto che la sera stessa gli avvocati, ovviamente senza i pm, si ritrovarono a cena al ristorante dell’Hotel De Russie e l'avvocata Cristina Gerardis, tornando sull’argomento, avrebbe accennato a 3 milioni di euro pronti per la sentenza di Bussi: a confidarglielo sarebbe stato il governatore Luciano D'Alfonso, spiegò la stessa Gerardis ai presenti.
Quindici giorni dopo quella cena, i giudici popolari assolsero 19 ex dirigenti Montedison dall’accusa più grave, l’avvelenamento delle acque, e derubricarono da doloso a colposo il reato di disastro ambientale, consentendo la prescrizione.
Passarono alcuni mesi e, nel maggio 2015, il Fatto Quotidiano iniziò a pubblicare un'inchiesta a puntate, rivelando che prima della sentenza i giudici popolari erano stati avvertiti dal presidente della Corte d'Assise, Camillo Romandini - di nuovo, in occasione di una cena - del rischio che se avessero condannato gli imputati per dolo e, in seguito, i dirigenti Montedison fossero stati invece assolti, avrebbero rischiato di dover risarcire i danni di tasca propria. A seguito della pubblicazione dell'inchiesta, la Procura della Repubblica di Campobasso aprì un fascicolo d'indagine per verificare se Romandini avesse davvero esercitato indebite pressioni sui giudici popolari e, a carico di ignoti, fu anche vagliata l'ipotesi di una eventuale corruzione. Ipotesi di reato archiviate un anno fa.
Stralci della richiesta di archiviazione, però, sono stati pubblicati in esclusiva nelle settimane scorse dal quotidiano Il Centro. E dipingono un quadro a tinte foschissime. Per la procura di Campobasso, la serenità di giudizio dei giudici popolari - che pure avevano denunciato pressioni - non sarebbe stata in alcun modo turbata perché, seppure non si sia arrivati a condanna, non sarebbero stati 'clementi' nei giudizi sugli imputati, comunque responsabili di disastro ambientale colposo. A leggere l'articolo de Il Centro, tuttavia, si evince pure che il governatore Luciano D'Alfonso fosse stato, in effetti, il primo a sapere da Romandini dell'esito del processo di Bussi, due mesi prima della sentenza. A riferire la notizia ai magistrati molisani sarebbero stati proprio i pm Anna Rita Mantini e Giuseppe Bellelli che, appresa la circostanza, convocarono D'Alfonso in Procura. Stando al quotidiano diretto da Primo Di Nicola, Romandini avrebbe espresso giudizi anche su pm e avvocati e, dunque, Mantini e Bellelli avrebbero persino valutato la possibilità di ricusarlo. Ipotesi poi abbandonata.
Il Centro ha svelato anche altro, e di ben più inquietante. Se si è sempre parlato di sentenza anticipata, mai era stata ventilata la possibilità che il verdetto fosse stato 'comprato'; invece, la circostanza verrebbe fuori dall’audizione dell'allora commissario straordinario Adriano Goio, deceduto da alcuni mesi, che, ascoltato a Campobasso, avrebbe riferito di aver "sentito voci che parlavano del fatto che il presidente della Corte d’Assise avesse ricevuto del denaro", voci però di cui ammise di non aver parlato mai con i pubblici ministeri ma solo con "l’avvocata Cristina Gerardis" che nel processo di Bussi rappresentava lo Stato e, dunque, anche il commissario.
Goio avrebbe incontrato, "in modo fortuito", due personaggi noti negli ambienti della politica e della pubblica amministrazione che gli avrebbero raccontato "circostanze e particolari circa una grossa somma di denaro versata in qualche modo ad un ente giuridico". Su queste voci, la procura di Campobasso non ha rinvenuto alcun riscontro.
Sta di fatto che Cristina Gerardis avrebbe dunque sentito parlare di una possibile corruzione giudiziaria anche da Goio. E d'altra parte, aveva scritto al vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, spiegando di aver "constatato gravi anomalie nel processo sul disastro ambientale a Bussi" e di averle segnalate, circa un mese prima, ad un altro importante organo dello Stato: la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
Ma torniamo alla 'discussa' cena all'Hotel De Russie, alle parole di Gerardis che sostenne - stando ai testimoni intervistati dal Fatto Quotidiano - ci fossero 3 milioni di euro pronti per 'comprare' la sentenza di Bussi, notizia che gli sarebbe stato rilevata dal Presidente della Giunta regionale. Sentito dai pm molisani, il governatore non ha mai accennato alla circostanza né risulta che ne abbia mai parlato con i pm che rappresentavano l’accusa nel processo di Chieti e con i quali, prima della sentenza, ebbe un colloquio. Dinanzi ai pm Bellelli e Mantini, presente anche il togato Giuseppe Di Florio, D’Alfonso – che in qualità di governatore era parte civile nel processo per il disastro ambientale – avrebbe spiegato soltanto di aver saputo da Romandini, durante una cena consumata con il giudice, che quest’ultimo aveva particolarmente apprezzato la difesa della Montedison. Nulla di più. Neanche la Gerardis, sentita a Campobasso, ha mai parlato della cena e dei 3 milioni di euro.
Di soldi legati in qualche modo alla sentenza sul disastro di Bussi, però, si sarebbe vociferato anche prima della cena romana: sei giorni prima, ad essere precisi, il 28 novembre 2014. In un pausa del processo, l'avvocata Patrizia di Fulvio avrebbe scritto un sms molto preoccupato al collega Luca Santa Maria – che assisteva la Solvay, parte civile nel processo – accennando a tangenti e possibili tentativi di corruzione.
Non solo. Svela ancora 'Il Fatto Quotidiano' che ci sarebbe una mail datata 8 dicembre 2014 e inviata da Gerardis ad un avvocato: dal documento - in possesso del giornalista - si evincerebbe che persino il Ministero della Giustizia fosse al corrente che intorno al processo c'erano diversi aspetti da chiarire, ancor prima che venisse pronunciata la sentenza. Gerardis avrebbe scritto di un presunto "difetto di equidistanza del presidente della Corte d'Assise" e sostenuto di aver maturato quella convinzione "confortata dai pm". Che oggi smentiscono.
Come detto, quattro giorni prima l'avvocata avrebbe confermato la circostanza a cena.
Ora tutti smentiscono ma i testimoni del 'Fatto' sarebbero pronti a confermare gli accadimenti denunciati in ogni sede. E intanto, il Ministero della Giustizia ha avviato nuovi accertamenti su presunti episodi di corruzione collegati alla sentenza del processo; informazioni utili a ricostruire la vicenda potrebbero arrivare proprio dai pm Anna Rita Mantini e Giuseppe Bellelli. Lo ha confermato lo stesso ministero. E Camillo Romandini, presidente del collegio della Corte d'Assise di Chieti, è invece sotto azione disciplinare per presunto condizionamento della giuria popolare: l'azione segue un'istruttoria aperta 5-6 mesi fa dal ministero della Giustizia e condivisa con una parallela azione del Pg della Cassazione. Per il sospetto di pressioni sulla giuria popolare, come detto, il giudice Romandini è stato anche al centro di un'inchiesta da parte della Procura di Campobasso che si è chiusa con un'archiviazione; il Ministero ha chiesto però di acquisire gli atti del procedimento nell'ambito delle nuove verifiche avviate.
Forum Abruzzese dei Movimenti per l'acqua: "Profonda indignazione"
In merito alle notizie sul caso del processo di Bussi, pubblicate da vari organi di stampa nei giorni scorsi ed in queste ore, che si aggiungono alle informazioni sullo stato comatoso delle bonifiche, interviene il Forum dell'Acqua con una breve dichiarazione, rimandando altri approfondimenti ad una conferenza stampa che si terrà nei prossimi giorni.
"Siamo letteralmente allibiti", ha dichiarato Augusto De Sanctis. "Da subito avevamo commentato con estrema durezza la sentenza di primo grado non appena letta nella sua interezza. Ora si supera ogni immaginazione e siamo indignati per il desolante quadro che sta emergendo in questi giorni, un vero e prioprio scempio delle istituzioni a cui sarà sempre più difficile porre rimedio. A nostro avviso un risultato si sta già ottenendo: la perdita della fiducia nelle istituzioni da parte di quelle 700.000 persone, neonati e malati compresi, che secondo l'Istituto Superiore di Sanità per decenni hanno bevuto acqua contaminata con cancerogeni. Sembra che tutto ciò sia quasi scomparso e faccia solo da sfondo di una vicenda che sta assumendo sempre più i caratteri dello scempio. In realtà è il cuore dello scandalo. Restano ormai poche occasioni alle istituzioni per dimostrare di poter dare una risposta alla nostra comunità che vuole giustizia".