Sono 25 le assoluzioni e cinque le condanne decise del gup di Pescara, Gianluca Sarandrea, sulla tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola, travolto e distrutto, il 18 gennaio del 2017, da una valanga, evento in cui morirono 29 persone.
A processo c'erano 30 imputati tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura, accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.
Fra le assoluzioni, anche quelle dell'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, e dell'ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco. Condannato, invece, a 2 anni e 8 mesi, il sindaco di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta.
Il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio, sono stati condannati dal gup di Pescara Gianluca Sarandrea a tre anni e quattro mesi di reclusione per le accuse di omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose nel processo per il disastro di Rigopiano.
I due sono ritenuti responsabili relativamente al monitoraggio della percorribilità delle strade rientranti nel comparto della Sp 8, e alla pulizia notturna dalla neve ovvero a quella relativa al mancato reperimento di un mezzo sostitutivo della turbina Unimog tg CK 236 NB fuori uso, nonché alla mancata chiusura al traffico veicolare del tratto stradale della provinciale 8 dal bivio Mirri e Rigopiano.
Gli altri due condannati sono Bruno Di Tommaso, gestore dell'albergo e amministratore e legale responsabile della società "Gran Sasso Resort & SPA" e Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell'hotel: entrambi sono stati condannati a sei mesi di reclusione per falso.
Il commento del Procuratore capo di Pescara Giuseppe Bellelli:
"Attenderemo le valutazioni della sentenza per valutare il ricorso all'Appello, Ciò che emerge chiaramente è che è stato cancellato il reato di disastro colposo".
Dal processo escono secondo la sentenza anche completamente le responsabilità della Prefettura e della Regione in capo ai soccorsi e ai presunti depistaggi.
Bagarre in aula al termine della lettura della sentenza, le cui motivazioni saranno rese note entro 90 giorni. Alcuni parenti delle vittime hanno aggredito verbalmente il Gup Sarandrea e non sono mancati mancati momenti di estrema tensione.
"Giudice, non finisce qui". È la minaccia rivolta al giudice Sarandrea da un superstite della tragedia di Rigopiano, Giampaolo Matrone, 39 anni, di Monterotondo - che sotto la valanga perse la moglie Valentina Cicioni, infermiera al Gemelli - subito dopo la lettura della sentenza in cui la maggioranza degli imputati è stata assolta.
Matrone è stato poi allontanato dall'aula dalle forze dell'ordine.
Una sentenza verso la quale, non appena saranno rese note le motivazioni, alcuni legali delle parti civili, si sono dette pronte ad appellare nel secondo grado di giudizio.
Un primo commento dalle istituzioni è arrivato a poche ore dalla sentenza dal presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio che in una nota ha detto:
“La Sentenza provoca dolore e sorpresa, e non possiamo non comprendere i sentimenti dei familiari delle vittime e dei superstiti. Nello stesso tempo, abbiamo il dovere come rappresentanti delle Istituzioni di rispettare la sentenza e di prendere atto della decisione del Giudice. Naturalmente, per esprimere un giudizio più completo e valutare le eventuali ulteriori azioni che la Regione potrà e dovrà intraprendere, dobbiamo attendere la pubblicazione delle motivazioni, che leggeremo e studieremo con la necessaria attenzione”.