Uno scarno comunicato della Giunta regionale, datato 2 settembre 2016; poi, ieri, la notizia che l'esecutivo ha dichiarato lo stato d'emergenza idrica nel comprensorio teramano a seguito di disposizione cautelativa emessa della Asl di Teramo per le acque provenienti dai laboratori del Gran Sasso dell’INFN.
E' così che si è potuto apprendere che più di quattro mesi fa, quel 2 settembre appunto, le acque del Gran Sasso captate dal Ruzzo a scopi idropotabili sono risultate contaminate da solventi e, secondo quanto dichiarato dalle autorità solo dopo la deflagazione del caso, sono state immediatamente messe a scarico (cioè lasciate scorrere nell'ambiente e non inviate nei rubinetti). Sul Centro in edicola stamane, il presidente del Ruzzo parla di una richista danni all'Istituto nazionale di Fisica Nucleare; ad oggi, però, non sono stati resi noti reperti ufficiali, analisi, delibere, lettere se non, appunto, il comunicato della Regione. "Un fatto gravissimo", denuncia il forum abruzzese dei movimenti per l'acqua che ha convocato, d'urgenza, una conferenza stampa a Pescara.
"Il primo problema è il ritrovamento stesso di questa sostanza contaminante", hanno sottolineato gli ambientalisti. "Vogliamo ricordare che nel sistema autostrada-laboratori-acquedotto, dopo lo scandalo del 2002, furono spesi oltre 50 milioni di euro proprio per la messa in sicurezza e la separazione dei sistemi idrici di captazione e scarico delle acque. Evidenziamo altresì che il Commissario governativo che gestì i lavori era Balducci". Prima domanda, dunque: i lavori sono stati efficaci o persistono criticità e commistioni tra acque che devono obbligatoriamente avere destinazioni diverse e devono essere separate?
"Il secondo problema è sempre relativo al 2 settembre scorso: come è stato gestito l'evento visto che i Laboratori di Fisica Nucleare sono classificati ufficialmente come Impianto a Rischio di Incidente Rilevante in base alla direttiva comunitaria Seveso?". Il Forum abruzzese ha spiegato che esiste un piano di emergenza con una precisa filiera di responsabilità e azioni da mettere in campo, "compresa la comunicazione alla popolazione che evidentemente non c'è stata".
Secondo gruppo di domande, allora: chi era a conoscenza della vicenda? Al di là delle eventuali responsabilità per l'accaduto e l'esatta provenienza della sostanza, è scattato il Piano di Emergenza anche per verificare l'esatta provenienza della perdita del solvente? Chi è stato avvertito (laboratori; società di gestione autostradale, prefettura, procura) nell'immediatezza? Le analisi di cui si parla sono quelle che avvengono ogni 15 minuti con allarme in automatico, sistema che fu introdotto con i lavori di messa in sicurezza? Perché non è stata avvisata la popolazione, nonostante sia espressamente previsto dal piano di emergenza?
"Il terzo problema è relativo al fatto che ci troviamo in un Parco nazionale e che si parla di contaminazione di acque che sarebbero state messe a scarico. Quell'acqua, se non è andata fortunatamente nella rete idropotabile (sul punto aspettiamo comunque documentazione ufficiale con i vari passaggi dell'evento che sicuramente saranno stati registrati), non è sparita con il suo carico di contaminazione ed è finita nell'ambiente. Una cosa del genere mica può passare in cavalleria!", l'affondo del Foro. "Già questo sarebbe grave ma qui si parla di un territorio che è Parco Nazionale con norme molto stringenti sulla tutela delle acque. Sono stati avvisati l'autorità giudiziaria e le forze dell'ordine? Il Parco è stato avvisato?".
Il quarto problema infine riguarda la trasparenza e l'informazione della popolazione. "Il Decreto 31/2001 sulla potabilità delle acque e la Direttiva Seveso impongono agli enti di assicurare una tempestiva informazione della popolazione - è stato ribadito - anche quando non ci sono pericoli immediati. Una questione di civiltà, ci viene da dire. Perchè non è stata avvisata la popolazione e non sono stati messi a disposizione i documenti come i referti analitici e gli atti attestanti le procedure seguite in quei giorni?".
Domande che dovranno trovare risposta immediata, già nelle prossime ore. "Ci pare di poter dire fin da ora che è letteralmente fantascienza come è stato trattato il caso da parte delle autorità, visto che stiamo parlando di una captazione di 100 litri/secondo che viene a mancare, con la dichiarazione di stato di emergenza, in un sistema che teoricamente dovrebbe essere al massimo grado di sicurezza. Ricordiamo che nei laboratori, all'interno della montagna, in un sistema delicatissimo e vulnerabile come pochi, sono usate negli esperimenti centinaia di tonnellate di sostanze quali nafta pesante e pseudocumene (sinonimo di 1,2,4 trimetilbenzene). Inoltre ci sono di due tunnel autostradali che attraversano una montagna piena d'acqua. Insomma, dopo quanto accaduto nel 2002, certo non si possono ripetere gli errori del passato".
Per chiarire l'accaduto, il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Riccardo Mercante, ha già depositato una interrogazione alla Giunta regionale. "E' davvero sconcertante il silenzio della Regione e della Asl sullo sversamento di sostanze inquinanti dai laboratori dell’INFN nella condotta del Gran Sasso ed altrettanto sconcertante che la Ruzzo reti minimizzi l’accaduto con la scusa che si tratti di un episodio accaduto la scorsa estate", la denuncia del consigliere pentastellato. "L’inquinamento comunque c’è stato ed è necessario spiegarne le conseguenze e gli effetti".
"Ci sono voluti più di tre mesi – ha aggiunto – per essere informati dello sversamento di sostanze tossiche, che sembrerebbero le stesse che, nel lontano 2003, determinarono lo stato di emergenza ambientale. Nessuno, Asl e Regione in primis, si è degnato di far sapere ai cittadini cosa stava accadendo e tantomeno che le acque destinate all’uso quotidiano fossero inquinate. Una omissione gravissima visto che, in questo caso sono in gioco la salute e l’incolumità pubblica ed era, quindi, un preciso dovere, da parte delle Autorità, informare tutti sin dalla scorsa estate, da quando, cioè, la Asl ha constatato l’inutilizzabilità delle acque. Per anni – ha continuato Mercante – ci hanno decantato i pregi e le qualità delle acque della sorgente del Gran Sasso. Adesso, invece, si scopre, e solo perché hanno dovuto dichiarare lo stato di emergenza idrica, che le acque sono inquinate, che non sono sufficienti a coprire l’intero fabbisogno e che bisogna ricorrere ad altri bacini previo trattamento nel potabilizzatore di Montorio al Vomano. Ci obbligano, in sintesi, a pagare di più per avere in cambio un’acqua di minore qualità".
Anche il WWF chiede si faccia presto chiarezza. "A leggere le notizie riportate dalla stampa locale, sembra che si sia tornati indietro di oltre un decennio quando si visse la fase più preoccupante della gestione dei Laboratori di Fisica Nucleare sotto il Gran Sasso. Erano gli anni in cui il Governo nazionale, contro la volontà di tutti gli enti locali e della popolazione, voleva realizzare un'inutile e dannosa terza galleria a servizio dei Laboratori, le cui attività erano avvolte nel mistero". Fu proprio il WWF - ricorda oggi il vicepresidente Dante Caserta - a rendere noto l'elenco delle sostanze presenti nei Laboratori, poste quindi vicinissime alla falda acquifera che rifornisce tre province abruzzesi. E fu sempre il WWF a evidenziare le carenze nella gestione degli esperimenti condotti nei Laboratori attraverso la pubblicazione di documenti e di scambi interni tra i ricercatori. "Dapprima fummo accusati di allarmismo, ma poi arrivò l'incidente con il trimetilbenzene (nell'ambito dell'esperimento diventato famoso come Borexino) del 16 agosto 2002 che evidenziò tutta la fragilità del sistema di gallerie, laboratori e punti di approvvigionamento di acqua presenti nel Gran Sasso".
Come è noto vi furono denunce, sequestri e procedimenti penali e si avviarono interventi per la messa in sicurezza del sistema. "Per anni il WWF ha continuato a chiedere che vi fosse una informazione puntuale di quanto accadeva sotto la montagna, soprattutto in merito alla presenza di determinate sostanze necessarie per gli esperimenti condotti nei Laboratori e l'inquinamento dovuto al transito degli autoveicoli nelle gallerie autostradali. È stato sempre ripetuto che ormai tutto era sotto controllo e che non vi erano più pericoli". Fino alle notizie di ieri.
"Ovviamente attendiamo che si facciano i dovuti approfondimenti, ma intanto non possiamo tacere sulla gestione delle informazioni", ha quindi aggiunto Luciano Di Tizio, delegato WWF per l'Abruzzo. "Possibile che solo a dicembre si venga a sapere di qualcosa che sarebbe successo a settembre? È questa la trasparenza che si vuole dare ai cittadini su un bene prezioso come l'acqua? In questo caso non ci sarebbe stata la somministrazione di liquido contaminato, come invece avvenne per alcuni anni in val Pescara a causa dei veleni della discarica di Bussi officine. Stando alle dichiarazioni dei responsabili del Ruzzo, l'acqua fornita ai cittadini è stata sempre potabile. Resta tuttavia la pessima abitudine di non informare tempestivamente i cittadini, che non possono essere trattati come bambini da tenere all'oscuro dei problemi per non preoccuparli. Chiediamo alla Regione di adoperarsi perché si accerti con puntualità che cosa è accaduto a settembre e quali sono i reali livelli di sicurezza dei Laboratori. Ma chiediamo pure che, alla luce della tanto decantata politica della trasparenza, ci si impegni da oggi in avanti a informare sempre i cittadini e a farlo subito, non con un inaccettabile ritardo di oltre tre mesi".