"Alle Istituzioni pubbliche e gli Enti interessati è richiesto un comportamento basato su un assoluto rigore scientifico e uno scrupolo amministrativo estremo per affrontare con trasparenza ogni azione che coinvolge la comunità. Soprattutto in un caso come questo in cui, al centro dell’attenzione, sono due beni di primaria importanza che convivono nel cuore del Gran Sasso in un ambiente di valore nazionale: l’acqua, di cui va garantita la più assoluta integrità nell’interesse della salute dei cittadini e dell’ambiente; il Laboratorio di Fisica Nucleare che rappresenta un patrimonio di ricerca e conoscenza unico in Europa".
Parole del vice presidente della Giunta regionale Giovanni Lolli che è tornato, così, sulla vicenda della contaminazione delle acque del Gran Sasso da solventi provenienti dalle captazioni dei laboratori Infn [Leggi l'approfondimento]; martedì scorso, in Regione, si sono incontrati i rappresentanti dell'Ente, della Provincia e della Asl di Teramo, dell'Ato 5, della Ruzzo Reti, del Comune di Isola del Gran Sasso e dei Laboratori dell’INFN.
"L’episodio avvenuto il 1 settembre – ha sottolineato Lolli – ha paradossalmente rappresentato la capacità del sistema di intercettare anche variazioni impercettibili dei parametri di sicurezza previsti. A seguito dell’evaporazione di una limitatissima quantità di Diclorometano, si è registrata infatti nell’acqua una concentrazione di DCM pari a 0,335 microgrammi/litro, segnalata come una anomalia dalle analisi della ASL di Teramo. Tuttavia questa concentrazione non ha rappresentato assolutamente una criticità", ha tenuto a ribadire il vice presidente della Giunta regionale; infatti, "la Scheda di sicurezza validata dagli organismi certificati e che i Laboratori adottano per il protocollo di utilizzo di tale sostanza, indica un valore della PNEC (concentrazione di probabile effetto nullo) pari a 540 microgrammi/litro in acqua dolce. Quella segnalata come anomalia, è stata dunque una concentrazione 1.500 volte inferiore allo standard".
Per le acque potabili, l’OMS raccomanda un limite di 20 microgrammi/litro: "anche questo raffronto dimostra che ci si è trovati di fronte a valori 60 volte inferiori ai limiti. Per la precisione - ha aggiunto Lolli - la concentrazione registrata (0,335 microgrammi/litro) diluita nel flusso dell’adduzione di 100 litri/secondo corrisponde ad una quantità di 3 grammi/giorno di DCM nelle acque destinate al Ruzzo: cioè 3 grammi su 8.640.000 mc di acqua".
La Ruzzo Reti non ha riscontrato tracce di Diclorometano in un campione prelevato il 29 agosto. La Asl di Teramo, a fronte dei valori di concentrazione rilevati, il 31 agosto ha disposto la sospensione, in via cautelativa, dell’immissione in rete delle acque dal pozzetto di prelievo n. 1917, sospensione prontamente eseguita dalla Ruzzo reti. Il 2 settembre tutta la sorgente di evaporazione di Diclorometano è stata rimossa dai Laboratori. "Dunque, il problema è stato circoscritto all’intervallo tra il 30 agosto e il 2 settembre. Le concentrazioni estremamente basse di DCM non hanno determinato contaminazione e l’acqua potabile immessa in rete in quei giorni non ha mai rappresentato un pericolo per la salute pubblica".
La presenza di composti organici volatili nelle acque non è stata immediatamente rilevata dai LNGS perché lo spettrometro era in calibrazione a seguito di un intervento di manutenzione. E’ stato rimesso in linea il 2 settembre e sono stati analizzati anche campioni prelevati il giorno precedente. "Nella riunione - ha detto Giovanni Lolli - è emerso che la sostanza presente nelle acque, sebbene in concentrazioni notevolmente inferiori ai valori limite, è stata prontamente rilevata dal sistema di monitoraggio delle acque, evidenziando quindi l’efficacia del sistema stesso. Nonostante la dimensione limitata dell’episodio, grazie all’intervento del Sian della Asl si è attivata una corretta e giustissima scelta precauzionale che ha determinato la 'messa a scarico' delle acque, l’utilizzo del potabilizzatore di Montorio al Vomano per assicurare la continuità e la regolarità del servizio idrico e il coinvolgimento dell’Istituto Superiore di Sanità. Si può dire che il Protocollo di sicurezza ha funzionato proprio perché il monitoraggio continuo ha individuato una anomalia impercettibile e molto al di sotto dei limiti di legge che tutelano la qualità delle acque e la salute dei cittadini".
E tuttavia l’episodio dimostra proprio la necessità di intensificare i controlli per l’importanza, la complessità e la fragilità del sistema: "la captazione del Ruzzo avviene con la raccolta di acque di stillicidio e sia l’attività dei Laboratori, che il funzionamento dell’autostrada richiedono un serio supplemento di azioni infrastrutturali e di controllo". Per questo, "l’obiettivo condiviso è quello di costituire una cabina di Regia di cui faranno parte tutti i soggetti interessati: si vuole ripartire dai lavori di adeguamento iniziati nel 2003 quando fu nominato un Commissario di Governo per progettare ed eseguire lavori per la messa in sicurezza del sistema acquifero del Gran Sasso. Si studieranno ulteriori interventi di potenziamento per proteggere la risorsa idropotabile (per i quali verrà interessato il Governo) e si condividerà più dettagliatamente la rete di monitoraggio per il controllo continuo del sistema anche ai fini di una rigorosa e corretta comunicazione istituzionale e pubblica". In questo senso, "i LNGS si sono impegnati ad affiancare l’attuale spettrometro di massa con strumento analogo, per avere sempre in linea almeno uno strumento".