C'è chi arriva con valigie, sdraio e bustoni carichi di coperte e chi tenendo sottobraccio giusto un paio di cuscini; chi ha deciso di impacchettare solo pochi effetti personali e chi si è portato dietro persino il cane.
Sono migliaia gli aquilani che, dopo una giornata da incubo, scandita dallo stillicidio delle scosse e dalla neve, hanno deciso di passare la notte in una delle strutture pubbliche messe a disposizione dal Comune.
Alle 20 gli oltre 1500 posti garantiti dai musp e dagli altri centri di accoglienza "requisiti" sono in gran parte esauriti.
Alla scuola media Mazzini, dove troviamo la Croce Rossa e l'esercito, le persone ospitate sono 210, alla De Amicis (Torretta) 220. Nel musp della scuola elementare Mariele Ventre, a via Ficara, divenuto, in poche ore, un rifugio per oltre 450 persone, i volontari, a malincuore, sono costretti a dire di no a quelli che continuano ad arrivare : "Tutto pieno, provate in qualche altra struttura". Qui e lì ci sono ancora posti disponibili - 10 a via Aldo Moro, 15 a Coppito, altri 10 allo stadio Acquasanta - le famiglie prendono nota e ripartono. Nessuno fa storie o protesta. Ci sono giorni in cui pensare agli affari propri non ha senso.
Nei musp si sta al caldo, anche se non ci sono abbastanza brandine (le poche che il Comune è riuscito a reperire vengono destinate ad anziani, malati e disabili), non vengono serviti pasti caldi e, per dormire, ci si arrangia alla buona: su sedie, materassini gonfiabili buttati per terra o sacchi a pelo stesi sui banchi, come si faceva a scuola durante le occupazioni. Sempre meglio questo, comunque, che restare in casa con le scosse che non danno tregua.
Da Preturo a Paganica, sono una ventina gli edifici comunali aperti. Il sindaco Cialente raccomanda, a chi vuole usufruire di queste strutture, di munirsi autonomamente di coperte e brande.
Chi arriva ha sguardi persi, occhi spauriti. Non c'è una categoria più rappresentata di un'altra: incontriamo giovani e anziani, coppie con figli piccoli e studenti universitari. A via Ficara c'è uno stidente Erasmus originario di Latakia, in Siria: "Vivo in una casa a due piani ma non mi sentivo al sicuro. Per questo sono venuto qui. Sono insieme ad alcuni amici". Ci sono molti anziani e molti bambini. Questi ultimi riescono anche a divertirsi e trovare un po' di svago correndo e giocando per i corridoi o in palestra. Del resto, questi sono ambienti a loro familiari, è qui che vengono a scuola tutti i giorni.
I volontari di Protezione civile, Croce Rossa e Alpini fanno quello che possono ma sono pochi e non è facile gestire centinaia di persone quando si è in quattro o cinque. Così in alcuni musp a dare manforte arrivano anche i membri del personale scolastico.
Sceglie di dormire in questi ricoveri improvvisati ma tutto sommato confortevoli anche chi abita in condomini abbattuti e ricostruiti, quelli che, teoricamente, dovrebbero essere i più sicuri di tutti, avendo avuto un adeguamento sismico del 100%. Quattro scosse sopra i 5 gradi Richter in poche ore sono in grado di far vacillare anche i più coraggiosi. Oltre alla paura e al desiderio di sicurezza c'è anche qualcos'altro. Si potrebbe quasi chiamare condivisione ma forse è una parola troppo impegnativa. E' un qualcosa che a che fare, comunque, con la volontà di non rimanere soli: "Il nostro palazzo, anche se non ha avuto problemi, si è svuotato, sono andati via tutti. Non ci andava di rimanere" ci dice una coppia di fidanzati che vive, da pochi mesi, in un appartamento al secondo piano di un palazzo a Valle Pretara demolito e poi riedificato. "Noi viviamo in centro" racconta un altro ragazzo "la nostra casa non ha avuto problemi ma con i figli piccoli non ce la siamo sentita di dormire dentro. E poi qui si sta in compagnia, ci sono tutti, è come passeggiare sotto i portici".