"Ci sono due turbine disponibili a Penne": è il testo di un sms che un operaio dell’Anas avrebbe inviato alla Provincia di Pescara due ore e mezza prima della valanga che - il 18 gennaio scorso - ha travolto l’Hotel Rigopiano; poco prima, la reception del resort aveva inoltrato una richiesta d'aiuto all'Ente, e così alla Prefettura e alla Regione Abruzzo.
Il messaggio, di cui ha dato notizia Giuseppe Caporale su Tiscali News e che trova conferma in ambienti giudiziari, è stato acquisito agli atti dalla Procura di Pescara, titolare dell’inchiesta per disastro e omicidio colposo plurimo.
L’operaio è stato sentito dai carabinieri forestali che indagano sulla tragedia.
Fosse appurata la veridicità dell'accadimento, scenderebbe un'ombra ancor più scura sulla gestione dei mezzi a disposizione degli Enti preposti e sulle scelte assunte dalla catena di comando che non avrebbe considerato prioritaria la richiesta d'aiuto arrivata da Rigopiano, seppure ci fosse un'allerta valaghe del servizio Meteomont per quel versante del Gran Sasso.
Su procedure e responsabilità, il sottosegretario regionale con delega alla Protezione civile Mario Mazzocca ha tenuto a chiarire che esiste una delibera di giunta del 2013, la numero 793, "che disciplima con puntualità le attività in capo ai diversi soggetti istituzionali coinvolti in ipotesi di eventi valanghivi". Ebbene, in occasione delle allerte di rischio da valanga immediatamente precedenti alla terribile tragedia di Rigopiano, "così come avviene sempre, esistendo una routine di pubblicazioni automatizzate - ha ribadito Mazzocca - i bollettini Meteomont sono stati pubblicati sul sito regionale della Protezione civile. Erano, pertanto, pienamente e tempestivamente visibili da parte di chiunque e segnatamente da parte di chi, in quel contesto, aveva precisi compiti in materia. Auspichiamo che venga fatta chiarezza sugli eventi, confidando appieno nel lavoro che la magistratura pescarese sta svolgendo", le parole del sottosegretario.
I dubbi sulla gestione dell'emergenza si mescolano, tra l'altro, con le indagini relative a circostanze e decisioni sulla costruzione e lo stato d'esercizio dell'hotel. In mattinata, il Forum Abruzzese dei Movimenti per l'acqua terrà una conferenza stampa a Pescara per puntualizzare diversi aspetti della vicenda; è stato il Foro a svelare come una mappa elaborata da Regione Abruzzo, già nel periodo 1989-1991, segnalasse criticità importanti per l'area dell'Hotel Rigopiano. Tra l'altro, la mappa è stata poi ripresa tal quale e, dunque, confermata dalla Giunta regionale nel 2007, con delibera d'adozione del Piano di Assetto Idrogeologico. "Le due carte ufficiali mostrano inequivocabilmente che l'Hotel Rigopiano è stato costruito al centro di un'area con colate detritiche, dette conoidi. Sorge, cioè, su un'area rialzata formata proprio dai detriti arrivati giù dal canalone a monte dell'albergo", il senso della denuncia che è, poi, il cuore dell'esposto inviato in Procura dal Forum abruzzese.
Il fatto che ci fosse una struttura preesistente non vuol dire granchè, "perché i tempi di ritorno di questi fenomeni estremi possono essere più lunghi di qualche decina di anni. Un po' come avviene per le piene dei fiumi, ci sono gli eventi che mediamente avvengono ogni 50 anni, quelli più importanti che avvengono ogni 100 anni e poi quelli estremi che possono avvenire ogni 500 anni e che raggiungono aree che sembravano ai non addetti ai lavori tranquille". Le carte del rischio tengono appunto conto di questa periodicità, perimetrando aree sempre più vaste al crescere del tempo di ritorno. "I geologi identificano le aree di rischio non solo attraverso gli eventi già noti, riportati nel catasto di frane e valanghe, ma anche e soprattutto basandosi su alcune caratteristiche specifiche del terreno cui ricollegano il tipo di eventi che può verificarsi", sottolinea il foro H20. "E lì, questi segnali dovevano essere evidentissimi, tanto che da decenni sono evidenziati sulle mappe ufficiali. D'altro lato, senza conoscere queste carte che oggi divulghiamo, solo interpretando le foto aeree, questo processo lo hanno spiegato benissimo diversi geologi".
Insomma, al momento della ristrutturazione principale avvenuta circa dieci anni fa, che ha ampliato le capacità ricettive della struttura e quindi il rischio intrinseco, c'erano tutti gli elementi, sia sul terreno che nelle carte, per accorgersi dei problemi.
Ed in effetti, i geologi dell'Università di Camerino - nei giorni scorsi - hanno evidenziato come l'area di Rigopiano fosse soggetta a simili fenomeni.
"Il percorso valanghivo alla base del quale giaceva l'hotel, posto poco oltre i 1100 metri di quota - leggiamo dallo studio - è un classico esempio di percorso abituale; costituito da un'ampia morfologia glaciale relitta (un circo glaciale), posta tra i 1800 e i 1950 metri circa (e non a quote prossime ai 2500 metri, come più volte erroneamente evidenziato), caratterizzato da un fondo per lo più erboso o a tratti roccioso ma con rugosità molto limitata e dunque favorevole al distacco di grandi masse nevose qualora si oltrepassi un'altezza caratteristica che viene calcolata mediante semplici modelli sulla base delle serie storiche nivometriche disponibili. A valle, è evidente un percorso incanalato che con acclività via via decrescente di organizza poi in un cono di deiezione laddove l'acclività scende sotto i 16-18 gradi. Ebbene, la collina sulla quale poggia è proprio legata all'accumulo da parte di dinamiche simili che hanno interessato in passato l'area", sottolineano gli studiosi di Camerino, confermando la tesi del Forum H20.
"Ciò che colpisce alla prima evidenza - aggiungono - dall'analisi aerofotogrammetrica recente è la 'giovinezza' della vegetazione presente che contrasta fortemente, in termini di densità e altezza media dei fusti, con quella presente sui bordi del canale valanghivo, segno evidente di una attività reiterata in loco".
E la carta geomorfologica a correndo del 'Pai' di Regione Abruzzo, redatto con l'intento di mappare le situazioni di pericolosità e rischio idrogeologico, evidenzia proprio come in quell'area sia presente un conoide alluvionale attiva che, quindi, avrebbe necessitato di particolare attenzione "anche in funzione del canalone immediatamente a monte, caratterizzato da pendenze elevate e da morfologia stretta e allungata".