Aumenta la presenza delle donne nelle istituzioni e in alcuni settori strategici come l’economia ma sono ancora poche quelle che occupano poltrone davvero importanti.
E’ questa la fotografia scattata dal dossier Openpolis “Trova l’intrusa”, dedicato alle donne al potere (clicca qui per scaricarlo).
“Le donne nei luoghi decisionali” si legge del rapporto “aumentano e spesso raggiungono la soglia del 30% di presenze. Ma se dal dato quantitativo si passa all’aspetto qualitativo si notano molte differenze: più si sale ai vertici e più la presenza femminile diminuisce. Il soffitto di cristallo è ancora da scalfire”.
“Non si tratta solo di un problema della politica” scrive Openpolis, Guardando al numero di amministratrici delle società quotate in borsa, si osserva che “le donne sono entrate in quantità degna di nota nei consigli di amministrazione. Ma sono giusto una manciata le amministratrici delegate: 17 in tutto, appena il 2,5% delle figure femminili”.
Sicuramente, rispetto al quadro avvilente di qualche anno fa, sono stati fatti dei passi avanti. “Ma per il miglioramento” si legge nel dossier “va ringraziato l’obbligo introdotto dalla legge 120/2011 di aumentare progressivamente le nomine femminili negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate. Tuttavia val la pena sottolineare che si tratta di conquiste incomplete se appena si guarda con un minimo di attenzione si vede che la maggior parte degli ingressi femminili è composto da incarichi non esecutivi. Una presenza dunque che è comunque una buona notizia, ma che non ha ancora in mano gli strumenti e le leve concrete del potere”.
Il dossier
Le donne al potere. Il 30% è la quota di donne in alcuni dei luoghi che contano della politica e dell’economia. Nel parlamento italiano e in quello europeo si aggira attorno a questa percentuale la quantità di donne titolari di un seggio. Presenza che sale anche di più negli organi di governo delle amministrazioni locali. E per la prima volta nel 2016 le donne hanno conquistato il 30% di incarichi nei consigli di amministrazione delle aziende quotate nella borsa italiana. Ma a ben guardare si viaggia su un doppio binario: da un lato le donne aumentano, dall’altro più si guarda in alto e più gli incarichi conferiti alle donne tendono alla rarefazione.
Il governo. Tre anni fa, alla data di insediamento del governo Renzi, si pubblicizzò molto la parità di genere negli incarichi di governo, con 8 ministre su 16. In poco tempo le ministre scesero a 5 (31,25%), poiché le dimissionarie Maria Carmela Lanzetta, Federica Mogherini e Federica Guidi furono sostituite da uomini. Gentiloni ha confermato lo stesso numero di donne ma ha aumentato il totale dei ministri, dunque le titolari di dicasteri sono 5 su 18 (27,78%), di cui 2 senza portafoglio.
Giunte e consigli regionali. Solo in 8 regioni si arriva almeno a un 40% di donne sul totale dei componenti e per lo più solo grazie al fatto di escludere il presidente dal totale dei componenti. Solo in Campania l’equilibrio di genere è sbilanciato a sfavore degli uomini: in giunta le donne sono il 66,67%. Nessuna regione italiana arriva al 40% di donne nei consigli regionali e il risultato migliore spetta all’Emilia-Romagna, che arriva a un 32% di consigliere. Risultati non brillanti, per di più spesso ottenuti anche grazie alle leggi elettorali regionali, che in molti casi prevedono specifici meccanismi per incentivare l’equilibrio di genere. Male l’Abruzzo, quart’ultima regione italiana per presenze di donne in giunta e penultima per la presenza di donne in consiglio regionale.
Legge Delrio. Per i comuni con una popolazione superiore ai 3mila abitanti la legge 56 del 2014 prescrive che «nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico». Nei 67 capoluoghi di provincia andati al voto dopo l’introduzione della norma, solo in 41 casi si può dire che il principio è stato rispettato. In 15 città questo equilibrio può essere considerato rispettato solo “alla larga”, cioè interpretando in maniera “estensiva” l’espressione “arrotondamento aritmetico”. In 11 città la presenza di uomini e donne in giunta risulta squilibrata.
Europa. Le europarlamentari sono il 37% dell’assemblea, ma se si guardano le istituzioni più importanti per l’adozione delle linee politico-economiche dell’unione le presenze femminili crollano. Nel consiglio europeo le donne sono solo 4 su 28: il 14,29%. Numeri ancora più bassi per l’istituzione finanziaria più importante, l’Ecofin, dove le donne sono 3 su 28 (10,71%). Mentre al consiglio degli affari esteri si scende addirittura a 1 donna su 28 componenti: il 3,57%.
Le donne nei consigli di amministrazione. Gli incarichi di amministratore ricoperti da donne nel 2016 hanno raggiunto per la prima volta la soglia del 30% nelle aziende italiane quotate in borsa. Solo nel 2008 le poltrone occupate da donne negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate erano 170, il 5,9% del totale. Dovuto però agli effetti della legge 120/2011, che per intervenire su una situazione da sempre fortemente sbilanciata a sfavore delle donne ha introdotto obblighi precisi per le società quotate.
I ruoli esecutivi. Ma anche nelle aziende si nota la stessa tendenza emersa nella politica. A crescere sono infatti i ruoli non esecutivi, cioè di controllo sul management. Nel 68,56% dei casi si tratta di amministratrici indipendenti: figure non legate ai dirigenti esecutivi o agli azionisti, chiamate a vigilare nel solo interesse della società. Man mano che si sale al vertice le donne diminuiscono: solo il 3% è presidente o presidente onorario. Le amministratrici delegate sono ancora solo 17 in tutto – il 2,5 degli incarichi femminili
Più ruoli femminili ma non più nomi. Nel complesso le figure che detengono incarichi in più società sono in lieve calo negli ultimi anni. Tecnicamente si chiamano “interlockers” e mentre tra gli uomini diminuiscono, il fenomeno è in forte aumento tra le donne. Le amministratrici titolari di poltrone in diverse aziende erano 76 nel 2013, il 13,72% degli interlockers totali, mentre nel se ne contano già 206 e arrivano al 41,68% del totale.