Domenica, 14 Maggio 2017 22:05

Apparenza e sostanza con la brezza dell’antipolitica. Il vero confronto elettorale anticipato dalle primarie alla composizione delle liste

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Primarie: politica o antipolitica? Il confronto serrato a cui abbiamo assistito è stato generato, come in nessun’altra città, dalla forza dei due candidati di gran lunga superiore alle indicazioni del partito; il PD non ha scelto ed ha lasciato liberi tutti generando una grande occasione di confronto su ipotesi di governo futuro.

Dalle prime indagini nazionali di orientamento politico, di fine anno scorso, sono emersi dati che davano in vantaggio il Movimento 5 Stelle sul PD, riferiti alla città dell’Aquila; ma, sappiamo, che un dato di orientamento cambia molto a livello locale quando si inseriscono i nomi dei candidati con i quali si attivano rapporti diretti. La partecipazione di oltre 10.000 cittadini (circa il 20% dei votanti) è un dato straordinario, ancor di più se paragonato ai 19 voti che hanno eletto il candidato del Movimento 5 stelle. Quindi partendo da una base di orientamento sostanzialmente paritaria, con il passare del tempo e l’avvicinarsi del voto, ogni evento incide su quel dato; con il solo evento delle primarie la tendenza si è invertita: PD in salita, M5S in discesa.

La differenza tra le elezioni politiche nazionali e le elezioni amministrative locali sta nella differenza del rapporto dell’elettore con il candidato, rapporto che può essere diretto o mediato. Maggiormente diretto nelle piccole comunità, maggiormente mediato nelle grandi città. Il rapporto mediato da terzi (televisioni, manifesti, web e social, telefonate) è un rapporto più labile pur avendo il vantaggio di essere attivabile più velocemente. Il rapporto diretto è quello costruito ogni giorno, fatto da strette di mano e confronti; per questo ci vuole molto tempo, anni, ma il rapporto che ne deriva è più forte e più radicato.

Questo è il motivo per cui politici navigati continano, e continueranno, ad ottenere preferenze con buna pace dei giovani di belle speranza che “surfano” sui social. Oggi è ancora così a livello locale, ma la tendenza nazionale è quella dei surfisti dei social (il surf è quello sport che consiste nel cavalcare l’onda dell’oceano stando in piedi ed in equilibrio precario su una tavola di legno; surfare sui social è una metafora .. ). Ecco perchè le elezioni amministrative in una grande città seguono maggiormente i canoni delle politiche nazionali; così come c’è chi si improvvisa e, all’ultimo momento, riempie la città di santini, i nostri computer di spam e ce lo troviamo su facebook quando non c’è mai stato. Opuure riceviamo telefonate improvvisamente da persone che non sentivamo da anni.

La prima grande distinzione da fare, quindi, per valutare un candidato, è tra apparenza e sostanza. E non intendo questi termini con un’accazione negativa, li intendo come caratteristiche e dobbiamo valutare se la campagna elettorale di ogni candidato è coerente con la sua storia, con il nostro modo di percepirlo. Allo stesso modo è il primo ragionamento che ogni candidato deva fare perchè questa sarà la prima valutazione a cui sarà sottoposto, spesso inconsapevolmente, dagli elettori; da tutti gli elettori, anche da quelli che non lo voteranno ma che parleranno di lui.

Naturalmente ogni candidato ha il suo elettore ideale: ci sono elettori che preferiscono l’apparenza e quelli che preferiscono la sostanza; sarebbe sbagliato presentarsi di persona a chi preferisce guardare gli spot e viceversa. Ogni candidato dovrebbe redigere un’analisi di base in due direzioni: nella direzione della percezione di se stesso (chi si presenta deve favorire la percezione che già esiste, non può modificarla a meno di sforzi immani e costi esorbitanti) e nella direzione della conoscenza degli approcci degli elettori in genere; tra questi capire quali sono i suoi elettori, il suo target.

Ma il vento dell’antipolitica (quello che fa le onde grandi su cui surfare) incide su questo ragionamento: meglio slogan affascinanti e veloci oppure meglio la descrizione delle esperienze fatte? Nel primo caso chiunque può cimentarsi, nel secondo caso la storia personale, la politica ed i risultati ottenuti sono determinanti. Questa è la differenza tra apparenza e sostanza. E’ una differenza profonda, palpabile, misurabile con dati e numeri.

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Proviamo a farci tre domande su un candidato, oppure, anche, a farle ai nostri amici: sai chi è ? lo vedi spesso ? che cosa ha fatto ? Ecco. Se alla terza domanda non c’è risposta vuol dire che il candidato, non avendo risultati spendibili, punta sull’apparenza, sull’immagine. E sarebbe un grande errore di comunicazione se, un candidato con risultati spendibili, puntasse sull’apparenza, perchè perderebbe un grande vantaggio competitivo.

Nelle primarie a L’Aquila abbiamo visto il confronto tra un passo possibile ed un momento giusto, entrambi messaggi molto evocativi e ben gestiti in termini di immagine, ma con la differenza che il primo evoca un’azione concreta (un passo) mentre il secondo evoca (insieme agli spot) una sensazione, un tempo, un ritmo. Il passo è coerente con le caratteristiche del candidato (concretezza) ed il secondo pure (immagine). Anche la struttura organizzativa delle due campagne è stata ben gestita: più concretezza l’una e più web e social l’altra.

Buon lavoro fatto da entrambi ma l’elettore cose vuole? Comunque, trattandosi di primarie locali con una grandissima mobilitazione, entrambi si sono rivolti al loro sistema di relazione diretto e consolidato (alle persone che conoscono) con poca influenza della parte mediatica sul risultato. Ha vinto il primo non solo perchè il contenuto del messaggio è stato coerente con la percezione del candidato ma anche perchè quel messaggio è stato ritenuto più utile al governo della città futura.

Quando si giudica efficace una campagna bisogna sempre specificare nei confronti di chi. E’ evidente che si sono rivolti ad elettori diversi.

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Quindi la questione è: quando un qualsiasi candidato si rivolge al suo sistema di relazioni lo fa ricordando i risultati ottenuti (descrivendo se stesso) oppure descrivendo altro e seguendo la moda? Ed il suo sistema di relazioni è consolidato da molto tempo oppure lo sta costruendo oggi per la prima volta? Da queste risposte può decidere se puntare su sostanza o apparenza.

Le parole sono pietre, più o meno pesanti: i termini più abusati (ne cito solo i due più diffusi: cambiare ed insieme) sono sempre utilizzati in modo indeterminato. Cambiare cosa? Insieme a chi? Il cambiamento fu invocato a gran voce da Berlusconi negli anni '90: ne abbiamo visto gli effetti. Perchè non si usano termini come esperienza, miglioramento o risultato? Perchè sono termini spesso non credibili se riferiti ad alcune persone. Chi non è esperto non può dire di esserlo e chi non ha raggiunto risultati nemmeno. La coerenza diventa determinante anche nel messaggio diretto. A meno che qualcuno sia così convinto dell’inutilità dei messaggi da avere il coraggio di scrivere qualsiasi cosa “tanto non è quello che conta” .... ed allora perchè lo scrive?

Quindi esistono almeno due tipi di campagna, entrambe coerenti ma sostenibili da candidati diversi: quella che descrive il candidato ed i suoi valori positivi da pubblicizzare verso elettori capaci di comprenderlo, e le campagne con messaggi vaghi da veicolare in maniera generalista verso chi non è in grado di affrontare argomenti complessi e preferisce la semplificazione populista, verso chi preferisce la promessa senza riuscire a discernere e capire se, chi promette, è in grado di mantenere. Ma non sempre la campagna viene gestita in maniera coerente coordinando il flusso messaggio-target, cioè indirizza un messaggio coerente con le caratterisitche del candidato, verso quell’ettore potenziale che gradisce quelle stesse caratteristiche. Se si sbaglia questo si perde tempo.

Un altro aspetto per comprendere qual è l’elettore di riferimento, che influisce quindi sulla gestione della campagna perchè aiuta il candidato a capire a chi può realisticamente chiedere il voto, è l’appartenenza. Che sia ideologica, oppure a reti di relazione, influisce in maniera determinante soprattutto nelle comunità locali; quando questo aspetto può essere certificato da fatti concreti (tessera di partito o frequantazione di un club ... ) questo fattore determina la diminuzione dell’influenza della campagna mediatica. Qinndi la campagna mediatica serva per mantenere uniti tutti i potenziali elettori che già si conoscono e per conquistarne nuovi da individuare nelle cosiddette “aree di contiguità”.

Chi si candida con la destra estrema non potrà cercare voti a sinistra, a meno che la sua condidatura non sia così populista da rivolgersi a chi crede che l’ideologia non esista. E non sto dicendo che esiste: dico che sceondo alcuni esiste e secondo altri no. Ogni candidato deve sapere cosa ne pensa il suo “elettore tipo”. Qundi, ogni candidato che è consapevole delle considerazioni precedenti organizza la campagna mediatica per attivare il ricordo con temi sintetici e facili da percepire, delegando la condivisione dei contenuti al rapporto personale o veicoltato in maniera differenziata.

La sintesi serve per attivare il ricordo: il logo. L’argomentazione di approfondimento serve per creare sintonia con l’elettore, serve per attivare la relazione. Basta vedere una stella a tre punte per pensare ad una autovettura comoda veloce e costosa; solo qualcuno ne riceve la newsletter a casa, mica tutti. Però tutti hanno una percezione coerente, anche se non la scelgono o non possono permettersela. In un manifesto da affiggere ai bordi di una strada non si può scrivere un programma elettorale perchè chi passa a 50Km/h non leggerà niente: bisogna mettere solo il logo e, poi, bisogna sapere a chi mandare il programma affinchè lo legga comodamente a casa.

Il senso di appartenenza si condivide attraverso argomentazioni, condivisione di interessi comuni e di visione del futuro Governo, diffusione dei buoni risultati ottenuti. Naturalmente solo per chi può farlo. Per gli altri c’è l’inevitabile sparare ad occhi chiusi su tutti e su tutto invocando un cambiamento di rotta senza sapere in che direzione andare. Ma ci sono elettori che vogliono questo pur di cambiare, ci sono elettori convinti che non possa andare peggio di come va. Quest’ultima considerazione rientra nella capacità di lettura della tendenza sociopolitica: chi sa individuarla per primo acquisisce un grande vantaggio su tutti.

Abbiamo avuto negli anni ’70 una tendenza verso il maggior potere di influenza delle classi operaie (coinciso con i boom economico) negli anni ’90 l’esplosione dell’immagine attraverso la televisione e la creazione di personaggi mediaticamente spendibili (Gardini, Briatore ... nani e ballerine) . Oggi quel è la tendenza? Chi la scopre vince. C’è il vento dell’antipolitica che, in assenza di cultura e di allenamento di democrazia, fa proseliti come un bicchier d’acqua nel deserto ... si, ma in cosa consiste e come si gestisce?

Una cosa è certa: l’Italia cambia ogni 20 anni. Dopo il fascismo, la DC, il PCI ed il consociativismo, la fine dei partiti ideologici a nascita di quelli personali con Berlusconi per primo; in quale ventennio ci troviamo oggi? Sono tutti durati 20 anni. Oggi sono più in voga i partiti personali, i poteri forti diventano persone opache ma influenti, la passione per l’uomo forte che risolve tutto prende gran parte della scena e la politica viene considerata responsabile di tutti i disastri passati. Il passaggio determinante, avvenuto negli anni ’90, è stato dai fatti incomprensibili gestiti nelle segrete stanze all’immagine personale e vincente esplosa attraverso le telvisioni. Messo da parte il comportamento reale dei nostri governanti, la società civile si è illusa di sapere tutto abbagliata dai fasti volutamente enfatizzati. Oggi però la televisione non è più determinante nella creazione delle opinioni politiche ed il web fornisce un supporto autogestito per avere informazioni; ma, ancora una volta, l’autorevolezza della fonte non è verificabile se non si ha la cultura sufficiente per discernere.

Ecco che, a livello locale, torna fortemente in campo la relazione ed il comportamento ... ed il web, forse importante per le politiche nazionali, diventa meno determinante a livello locale. Non inutile ma da usare con cura per non creare cortocircuiti o interferenze; in fondo è sempre e solo un mezzo (un media) che veicola un messaggio. Attenzione sempre alla differenza: il web diventa meno detrminante a livello locale, ma solo per quei candidati che hanno risultati da spendere ed esperienza da vendere; per gli altri, resta l’unica e sola possibilità.

La domanda da cui dipende la campagna elettorale è sempre la stessa: quale messaggio rivolto a chi? Sinteticamente sono necessarie:

  • Coerenza tra caratteristiche del candidato e messaggi utilizzati;
  • Coerenza tra messaggi utilizzati ed aspettative degli elettori a cui si rivolge;
  • Apparteneza ideologica;
  • Appartenenza a reti di relazione o Adesione alla tendenza sociopolitica.

Poi vince l’uno o l’altro ... tanto sappiamo che la previsione più difficile è immaginare cosa succederà.

Ora, tornando a L’Aquila, tutti i fattori di coerenza hanno influito anche nella composizione delle liste elettorali: ciascuno si è rivolto al suo bacino di utenza individuando le persone più rappresentative del propio elettorato; ma, rispetto alla situazione delle primarie, aumenta la complessità a causa del maggior numero di partecipanti alla competizione elettorale.

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E’ facile individuare i nomi dei candidati e le aree di influenza specifiche distinte incrociando caratteristiche ideologiche (destra e sinistra) con organizzazione sociale.

Si potrebbero incrociare altri parametri per verificare e confrontare come, ad esempio, cultura ed affari con partiti e società. Sarebbe interessante individuare i vuoti da colmare.

E’ evidente, da questo grafico e da altri, che ogni raggruppamento può erodere consensi ad aree limitrofe. Interessante e ben fatta la campagna di impatto di Pierluigi Biondi il quale, in maniera volutamenta autoironica definendosi un granello, punta sulla rottura: punta quindi sui quegli elettori che non sentono appartenenza di partito e che non gradiscono l’andamento delle cose. Il suo aumento di voti sarà proporzionale alla diminuzione dei voti del M5S. E’ anche evidente il grande vuoto a sinistra del PD nell’area dei partiti che, di fatto, sono confluiti o nelle liste di Carla Cimoroni, oppure nelle liste civiche della coalizione Vivendo L’Aquila; sarà un’area difficile da coinvolgere ma la continuità di tutte le liste civiche fornisce una chiara indicazione del dove bisogna erodere.

Altra competizione per prendere voti sarà tra le civiche interne alla coalizione ed esterne alla coalizione perchè si rivolgono alla stesso tipo di elettore (critico verso il PD locale) ma in modo differente: con un messaggio di Carla Cimoroni (cambia città, resta a L’Aquila) evoca distanza e discontinuità rispetto al PD ... anche qui il cambiamento evoca la rottura e strizza l’cchio al M5S (area appena contigua nella zona superiore del grafico). Le liste civiche in coalizione, invece, puntano sulla critica costruttiva e propongono un cambio di ottica nella continuità del Governo: non con il PD ma neanche contro il PD; possono acquisire consensi sia tra gli elettori storici del PD (ma attenzione a non parlarne troppo male perchè sono in coalizione) ma anche nell’area civica esterna alla coalizione.

In effetti, il grafico che ho proposto deve essere letto in maniera dinamica ed aggiornato spesso. Discorso particolare per il PD e la sua coalizione Vivendo L'Aquila (tre cerchi rossi): resta Pietrucci nella mappa (che attinge ad un’area del partito di sinistra) perchè molti candidati nella lista del PD fanno riferimento a lui mentre Di Benedetto resta autonomo (attinge ad un’area della società civile, anche non vicina politicamente al PD) avendo candidati che si riferiscono a lui sia all’interno delle liste civiche gestite direttamente che per alcuni consiglieri dello stesso PD. Altre liste civiche della coalizine attingono voti tra i critici del PD ed cittadini che non risonoscono un ruolo al partito ma vogliono partecipare.

La prima vera competizione è questa. Quanti consiglieri porterà ogni gruppo della coalizione? Il peso del PD nel futuro Consiglio Comunale sarà maggiore di quello delle liste civiche? E sarà come sarà suddiviso il numero dei consiglieri che si riferiscono a Pietrucci oppure a Di Benedetto oppure alle liste civiche? Da questo dipenderà la gestione del futuro Consiglio Comunale ed anche le prossime candidature, prima di tutte al Consiglio Regionale.

Letto 15971 volte Ultima modifica il Lunedì, 22 Maggio 2017 21:48
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