Lunedì, 16 Gennaio 2017 11:49

Watzlawick, Grillo e le campagne elettorali: la comunicazione efficace e la realtà

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Tutto parte da Grillo che, nel discorso di inizio anno, ha citato il libro “La realtà della realtà” di Paul Watzlawick e dalle reazioni di molti che si sono scandalizzati.

La citazione di Watzlawick da parte di Grillo fa diventare l’ex comico un caso da studiare, una fenomenologia da osservare, perché ci permette di approfondire il dibattito proprio su ciò che lui stesso sta facendo. In effetti, leggendo il suo intervento e poi le osservazioni di Massimo Giuliani (che cito in alcuni passaggi), mi chiedo se Grillo, riferendosi alla realtà, stia parlando di se stesso oppure degli altri; credo di entrambi.

In merito al citato Watzalwick, è importante citare i suoi “assiomi della comunicazione” che rappresentano un passaggio fondamentale per tutti quelli che se occupano in maniera professionale; in particolare, il quinto ed ultimo assioma in cui ci dice che tutte le interazioni tra comunicanti possono essere di due tipi: simmetriche o complementari.

Si ha un’interazione simmetrica quando gli interlocutori, tramite le loro comunicazioni, si considerano di pari livello, sullo stesso piano: nessuno dei due sembra voler prevalere o essere subordinato all’altro. L’interazione complementare si ha, invece, quando uno dei due interlocutori non si pone sullo stesso piano dell’altro (degli altri, in questo caso, degli elettori) e si pone in una posizione di superiorità.

E’ questo il caso. La modalità di “comunicazione complementare” adottata da Grillo senza dover far riferimento alla citazione specifica e neppure ad alcun contenuto specifico, viene utilizzata ai fini manipolatori per avvalorare la tesi che la realtà non è quella proposta dai mass media ma la sua. Manipola facendo credere che altri stiano manipolando. Ed usa una tecnica ipnotica (la “tecnica della confusione” che è illustrata proprio nel volume da lui citato “La realtà della realtà”) in un discorso caotico, una selva fitta di non sequitur che non può essere che voluta. E’ una reiterazione ipnotica? Mi fa pensare al film 'Inception' in cui si arriva a descrivere un sogno in cui si sogna di sognare innestando nella mente del sognatore un’idea.

Anche il virologo Roberto Burioni dell’Università Vita-Salute San Raffaele, ad esempio, usa lo stesso schema della comunicazione complemantare scrivendo su Facebook: “Preciso che questa pagina non è un luogo dove della gente che non sa nulla può avere un “civile dibattito” per discutere alla pari con me".

Se è vero che Watzlawick coltivava la convinzione che attraverso la comunicazione si costruiscono visioni del mondo e che ciascuna di esse è incommensurabile rispetto alle altre,  è vero anche che attraverso la comunicazione si possono raggiungere obiettivi preordinati e strategicamente codificati. Per questo, Watzlawick viene utilizzato molto nel marketing, oltre che nella psicoanalisi, perché grazie a lui è stato chiaro che attraverso la comunicazione si raggiungono obiettivi e si modificano i comportamenti: la comunicazione efficace è quella che modifica i comportamenti. Comportamenti di acquisto, di voto, di relazione interpersonale: così per una campagna pubblicitaria come per una terapia di coppia. La terapia è efficace se modifica il comportamento che crea il problema di relazione e la campagna pubblicitaria è efficace se spinge il consumatore ad acquistare un nuovo prodotto, così come spinge l’elettore a votare in maniera diversa dal passato.

Grillo si rivolge al suo elettore medio, quello più facilmente manipolabile: l’elettore che non si trova a suo agio nella complessità, non riesce a farne sintesi ed accetta la semplificazione proposta con cui Grillo gli fa credere che quello che vede (la confusione) non è la realtà ma solo ciò che gli altri (i partiti) vogliono farci vedere. Il suo elettore potenziale ha bisogno di semplificazioni; inoltre, è così autoreferenziale da fidarsi del giudizio preso dai blog e dai post di Facebook senza avere la capacità di approfondire e senza il sano dubbio sull’autorevolezza della fonte. La semplificazione proposta è estrema: se non capisci è colpa loro, loro non ti fanno capire, io invece si (senza dire altro, senza dire cosa fa capire); dunque, puoi votare per me.

Grillo si rivolge ai “webbeti”, a quei tanti che credono a qualsiasi cosa perché lo hanno “letto su internet” illudendosi di essere liberi ed autonomi. Ed infatti cita Watzlawich dicendo che “la realtà non è quello che pensiamo di vedere”: nel libro “La realtà della realtà” si dice, però, che attraverso la comunicazione si costruiscono visioni del mondo e che ciascuna di esse è incommensurabile rispetto alle altre; quindi la realtà è, per ciascuno di noi, un piccolo universo autoreferenziale: esistono tante realtà soggettive. Quando guardiamo il mondo, in altre parole, lo vediamo attraverso il filtro della nostra storia, della nostra esperienza e di come siamo fatti, dando importanza prevalente ad alcuni aspetti che toccano direttamente il nostro vissuto interiore.

Ogni descrizione del mondo è dunque, per ciascuno di noi, una più o meno utile approssimazione alla realtà, inevitabilmente soggettiva e non obbiettivamente reale. La nostra realtà non coincide con la storia; così, ciascuno di noi viene visto in tanti modi diversi da chi ci conosce. Siamo uno nessuno e centomila, come centomila sono le realtà individuali percepite da ciascuno di noi in relazione al medesimo evento. Pensiamo, ad esempio, alla storia del nostro terremoto raccontata da ciascuno di noi e confrontata con i racconti di ogni altro. In questo senso, è molto interessante il libro “Il primo terremoto di internet”, a cura di Massimo Giuliani, in cui non troviamo “la realtà” ma tante realtà individuali (il racconto dei racconti) presi dai blog e da Facebook prima, durante e dopo il 6 aprile 2009.

Tornando a Grillo: dicendo che “la realtà non è quella che ci fanno vedere” offre una versione antisistema, coerente con la sua strategia e tanto vera da essere gestita esclusivamente da lui. Credo che la sua citazione sia una confessione.

Il fatto determinante che ci riguarda è la consapevolezza, è la nostra capacità di individuare e giudicare l’autorevolezza della fonte. I webbeti non sono consapevoli, come non sono consapevoli gli elettori a cui si rivolge Grillo; ma forse neppure gli altri elettori. Il tema fu affrontato da Umberto Eco quando, finalmente, ebbe l’ardire di confermare ciò che pensavamo in molti: attraverso Facebook si può dare spazio a molti imbecilli. L’autorevolezza della fonte diventa il nodo centrale dei social networks e la dimostrazione sta in tutte le bufale in rete che si prendono gioco di chi non ha la capacità di discernere. Sappiamo che i gestori di Facebook stanno modificando le politiche di privacy per effetto del suo utilizzo poco etico nella campagna elettorale di Trump.

Si tratta quindi, da parte di Grillo, di una lucida strategia di comunicazione con l’obiettivo di acquisire consensi da parte di chi non ha capacità di analisi e non ha alcuna forma di cultura che gli permetta di analizzare il contenuto di ciò che gli viene proposto, o propinato.

Ma non credo che sia solo Grillo a fare ciò: lo fanno tutti.

Lo ha fatto Renzi con l’illusione della rottamazione, prima Berlusconi con l’illusione delle libertà, e prima ancora l’ha fatto Craxi con l’illusione dello sviluppo economico, ed ancora prima Berlinguer con l’illusione della partecipazione esterna al Governo in rappresentanza delle istanze popolari (origine del consociativismo); lo hanno fatto con mezzi diversi (media) in periodi storici diversi e con modalità diverse. Ma tutti con lo stesso obiettivo: acquisire consensi orientando messaggi specifici con un mezzo specifico verso un target specifico e, soprattutto, nascondendo la realtà obiettiva ed offrendo solo parte di essa, quella più coerente col proprio elettorato.

Pensiamo a cosa possa significare essere cattocomunisti: l'illusione necessaria a conquistare il voto dei cattolici mantenendo il “ma anche” di veltroniana memoria, quello dei comunisti. Errore che si riverbera oggi nella crisi del PD, perché non si può stare tutti insieme mischiando le ideologie: piuttosto, è necessario votare tutti lo stesso partito o movimento senza mai confrontarsi perché emergerebbero troppe differenze. Più si entra nello specifico e maggiori sono le differenze, più si è generalisti e maggiore può essere l'adesione. Concetti semplici per una realtà parziale, o superficiale.

Negli anni ’90, ad esempio, è stata evidente la conferma dell’idea visionaria di Guy Debord (filosofo e scrittore, tra i fondatori dell’internazionale situazionista) che col suo libro del 1873, "La società dello spettacolo", ha anticipato in maniera lucida e visionaria ciò che sarebbe successo: "Tutta la vita delle società in cui regnano le moderne condizioni di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione. [...] Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra le persone, mediato dalle immagini ... e senza dubbio il nostro tempo preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere".

E’ fin troppo evidente che negli anni ’90 la rappresentazione attraverso i mass media abbia raggiunto il suo apice. Abbiamo vissuto l'apologia dell'apparenza sull'essere: ricordate, ad esempio, Gardini? Mentre aumentava a dismisura l’abitudine a guardare la televisione (e cresceva Forza Italia, rappresentazione delle rappresentazioni) diminuiva drasticamente il consumo di teatro, di libri, di cinema, di quotidiani su carta, di comizi elettorali in piazza e di aggregazioni di ogni tipo. La centralizzazione dell’immagine di un partito veniva legata indissolubilmente ad una persona (Berlusconi diffondeva videocassette con i suoi messaggi elettorali istruendo i suoi affinche li proiettassero in piazza). Apparenza, immagine, spettacolarizzazione della ricchezza e del benessere.

Oggi siamo passati dai mass media (mezzi di comunicazione di massa con cui un solo comunicante si rivolgeva in maniera autorevole ed omogenea a più riceventi; inoltre la fruzione era collettiva, in famiglia) al personal media (mezzo con cui ciascuno può personalmente cercare ciò che vuole in base ai propri convincimenti; la fruizione diventa individuale: ciascuno il suo palinsesto personalizzato. Ben conosciamo quel particolare fastidio provato guardando una navigazione web col mouse in mano ad altri).

Per questo condivido Scalfari quando dice che i giornalisti hanno perso il loro loro di mediatori culturali: non sono più “opinion maker” e dovranno presto riconsiderare il loro mestiere perché sono a rischio di estinzione. Non orientano più, non sono determinanti nella costruzione delle opinioni, né loro e neppure gli editori delle testate su cui scrivono.

Ma, oggi, solo apparentemente abbiamo maggiore autonomia di ricerca (la verità è altra, e di questo stiamo parlando); le modalità di profilazione danno agli utenti l’illusione di essere autonomi nella ricerca mentre vengono perfetamente individuati e monitorati, gli vengono suggeriti i link e gli si dice ciò che vogliono sentirsi dire. A ciascuno di noi viene rappresentata una realtà coerente con il nostro vissuto, una realtà parziale e su misura, capace di insinuarsi nel nostro vissuto “innestando” un seme di empatia per aprire la porta della fiducia e, poi, suggerire una scelta di voto.

A questo serve la Casaleggio Associati; nelle pagine web di presentazione possiamo leggere “CONVERSION RATE OPTIMIZATION” – strategia per ottimizzare il tasso di conversione. Nelle campagne di comunicazione politica significa togliere voti agli altri.

L’idea del “villaggio globale” di Marshall McLuhan, con la sua visione di democrazia diretta, viene così ribaltata e, mentre negi anni ’90 la televisione e prima ancora la carta stampata erano i mezzi usati per la manipolazione di massa, oggi il web diventa luogo della manipolazione personalizzata, su misura per ciascuno di noi. Quindi è vero che la realtà che vogliono farci vedere è diversa da quella che noi possiamo percepire, ed è altrettanto evidente che Grillo utilizza lo stesso schema manipolatorio di tutti i suoi competitori, denigrandolo per far percepire una sua differenza che, paradossalmente, anch’essa non è reale.

La realtà non esiste, e non è mai esistita.

Ed ora, in chiusura, credo che dovremmo occuparci del futuro, dovremmo capire in quale direzione si orientano le dinamiche e cosa sarà utile tenere in considerazione per interpretarle al meglio; i visionari di ieri, spesso denigrati, ci hanno dato una chiave di lettura per comprendere le dinamiche di oggi. Quali sono oggi i teorici dell’evoluzione sociale da tenere presenti per immaginare il futuro? Senz’altro Zygmunt Bauman, noto per la sua definizione popolare della società liquida ma ancora non considerato sufficientemente; senz'altro Umberto Eco, a partire dalla fenomenologia meravigliosamente descritta osservando Mike Bongiorno; e poi? Io direi Gianroberto Casaleggio.

Letto 16820 volte Ultima modifica il Martedì, 17 Gennaio 2017 14:31
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