Sette quintali di stupefacenti sequestrati (2 di eroina e 5 di marijuana); cento indagati; 71 ordinanze di custodia cautelare (di cui 58 in carcere, 11 ai domiciliari e 2 con obbligo di dimora nel Comune di residenza).
Sono i numeri della maxi operazione antidroga, denominata “Ellenika”, portata a termine dai Ros, il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri. Il blitz, frutto di anni di indagini, ha messo fine a un traffico internazionale di stupefacenti proveniente dai Balcani (Albania, Bosnia e Kosovo) e destinato all'Italia. Un traffico che vedeva l'Abruzzo “principale snodo per lo smercio nazionale”.
Gli arresti sono stati disposti dalla Procura Distrettuale Antimafia dell'Aquila e firmati dal gip Giuseppe Romano Gargarella. Le accuse nei confronti delle 71 persone fermate sono associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di beni e detenzione di arma da fuoco. Gli arresti sono stati eseguiti simultaneamente in Abruzzo, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Puglia, Sicilia nonché in Albania e Kosovo.
I dettagli dell'operazione sono stati illustrati in una conferenza stampa alla quale hanno partecipato il sostituto procuratore nazionale antimafia Diana Di Martino, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, il procuratore distrettuale antimafia dell’Abruzzo, Fausto Cardella, il sostituto procuratore Antonietta Picardi, il comandante nazionale del Ros, il generale Mario Parente, il comandante regionale dei Carabinieri, il generale Claudio Quarta. Proprio Quarta ha specificato che i “due terzi degli arrestati sono abruzzesi” e che “per questo gran parte dell’attività investigativa è stata svolta dai quattro comandi provinciali dell’Arma in Abruzzo”.
Le indagini, avviate nel 2009 in seguito all'arresto di un corriere della droga avvenuto a Udine (l'uomo era stato trovato dai carabinieri in possesso di mezzo chilo di eroina), hanno portato all'individuazione e allo smantellamento di una struttura criminale di matrice bosniaco – kosovara con diverse ramificazioni anche in Italia.
La droga proveniva per lo più dall'Afghanistan; dopo aver attraversato la Turchia, veniva portata in Kosovo e Albania, dove veniva stoccata e indirizzata verso i vari canali di spaccio. La porta di ingresso per l'Italia era l'Abruzzo (definito dagli inquirenti “il nodo per lo smercio nazionale”), in particolare Pescara. Nel capoluogo adriatico era la famiglia dei Gargivolo a controllare il traffico.
Quello dei Gargivolo è solo uno dei tre gruppi criminali disarticolati dall'operazione portata a termine la notte scorsa. Gli altri due sono un'organizzazione criminale dedita all'importazione e alla vendita all'ingrosso composta quasi esclusivamente da soggetti di nazionalità albanese, con base in Albania e Kosovo e referenti e cellule in diverse piazze italiane (il "Gruppo degli albanesi"); un'altra organizzazione dedita invece soprattutto al trasporto, avente base in Bosnia e operante fino in Italia (il "Gruppo dei corrieri").
Durante la conferenza stampa, è stato evidenziato come per il buon esito delle indagini sia stato molto importante l'impiego di agenti infiltrati sotto copertura e il sostegno assicurato da alcuni collaboratori di giustizia. Durante la fase investigativa si è fatto ampio ricorso alle intercettazioni telefoniche e “sono stati fondamentali” hanno detto gli inquirenti “la collaborazione e il supporto dell'Europol e della Dcsa (Direzione Centrale Servizi Antidroga, ndr) nonché la cooperazione con le polizie di Albania, Bosnia, Croazia e Slovenia”.