Con l'ordinanza numero 184 del 28 luglio scorso il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi ha disposto l'aggiornamento della delimitazione della cosiddetta "zona rossa" all'interno del centro storico dell'Aquila.
Il dispositivo del sindaco del capoluogo si è reso necessario anche considerando la Perdonanza, al via a fine mese. Domani, infatti, Biondi presenterà in Comune l'accessibilità in centro in vista degli "gli eventi estivi". La zona rossa è nata, come noto, dopo il terremoto del 6 aprile 2009.
Dapprima, nel periodo di emergenza, le zone interdette a residenti non autorizzati, pedoni e ovviamente veicoli erano pattugliati da militari giorno e notte attraverso check point. Poi, dopo lo sciame sismico del 2012, l'allora sindaco Massimo Cialente provvide a ridelineare la già confusionaria zona rossa. Dopo il terremoto che devastò l'Appennino piceno-laziale l'anno scorso, lo stesso Cialente, non senza polemiche, emise un'altra ordinanza, del tutto simile a quella formulata dall'amministrazione Biondi.
Come è evidente dalla mappa che vi proponiamo in copertina e in basso, le zone interdette abbracciano - a otto anni dal terremoto - quasi la metà dell'intero centro storico, ricompreso tra le mura urbiche del capoluogo. Se poi prendiamo quello che invece generalmente viene considerato "centro" della città - ossia la porzione di territorio ricompresa tra gli assi viari di via Strinella, via XX Settembre, viale Duca degli Abruzzi e viale della Croce Rossa - allora la percentuale di vie nelle quali l'accesso è vietato sale vertiginosamente.
L'ordinanza di Biondi mantiene inoltre qualche vizio di quella del suo predecessore. In essa infatti si legge che "ai residenti ed ai professionisti con alloggio o studio professionale ubicati nella zona rossa del centro storico cittadino è consentito l'accesso e transito solo previa debita autorizzazione rilasciata dal competente ufficio situato in Piazza S.Bernardino – L'Aquila, attraverso i percorsi indicati sulla planimetria allegata alla presente".
I residenti che vogliono farsi autorizzare ad entrare nelle vie dove abitano, alcune delle quali incredibilmente in zona rossa, devono però firmare un'autodichiarazione dove si sollevano "il sindaco" e i dipendenti dell'amministrazione "da qualsiasi responsabilità civile e penale derivante da danni a persone o cose occorsi durante la permanenza nelle suddette aree". Il cittadino insomma deve dichiarare di "assumersi integralmente ogni responsabilità in ordine a danni che egli o le persone o i mezzi con cui entra nell'area interdetta dovessero causare, rinunciando al contempo a ogni forma di rivalsa".
Insomma, al di là della retorica basata sul concetto di rinascita messa in campo in questi otto anni, i residenti, professionisti e commercianti che vogliono andare in centro storico vengono abbandonati a loro stessi da tutti i punti di vista. Forse per questo che, a prescindere da iniziative più o meno ammirevoli come il bando Fare Centro, la zona centrale della città fatica a rinascere davvero, per usare un eufemismo.
Chi infatti vive quotidianamente il centro storico dell'Aquila, è costretto a confrontarsi e scontrarsi con un luogo surreale e tutt'altro che accogliente, dove convivono la paura delle scosse, la voglia di vivere, le manifestazioni di piazza, gli edifici abbandonati, i pub e i mezzi di cantiere, ma anche i sensi delle strade contradditori tra loro, le zone rosse abitate e le zone non rosse transennate.
Un quadro picassiano cambiato poco negli anni, di cui questo giornale parlava già nel 2014, anche allora d'agosto, e all'interno del quale si innesta una ricostruzione tutt'altro che completata, a macchia di leopardo, in un'area - a otto anni dal terremoto - per metà ancora del tutto interdetta ai suoi abitanti.
La mappa aggiornata