“La vicenda di Pediatria e quella di Cardiologia e Neurologia sono diverse. Metterle sullo stesso piano è poco appropriato”.
All’indomani della notizia sulla presunta “chiusura” di tre scuole di specializzazione di medicina dell’Università dell’Aquila, e alle polemiche, politiche e da social, che ne sono seguite, la rettrice Paola Inverardi prova a mettere le cose in chiaro, invitando chi ora sta ululando alla luna - parlando di un ateneo troppo arrendevole e incapace di difendere le proprie eccellenze e delle solite espropriazioni ordite a tavolino per favorire l’asse Pescara-Chieti a danno dell’Aquila e del resto delle aree interne - a non farsi prendere dal panico.
Riguardo la scuola di specializzazione di Pediatria, quel che è accaduto è che ci sarà un “trasferimento” della sede legale dall’Aquiila a Chieti nell’ambito di un accordo quadro stipulato tra i due atenei per mettere in atto collegamenti funzionali in risposta a un decreto interministeriale che ha riorganizzato, diminuendole, le scuole di specializzazione di tutta Italia.
“Il ministero” spiega la rettrice “ha fissato dei requisiti e degli indirizzi appositamente per razionalizzare il numero delle scuole. C’è stato chiesto di ragionare come sistemi regionali, tant’è che il Miur ha convocato noi rettori regionalmente”.
A spiegarlo ancora meglio è il professor Carlo Masciocchi, prorettore vicario e direttore della scuola di specializzazione in Radiodiagnostica dell’ateneo aquilano: “Il ministero ha stabilito dei parametri entro i quali devono stare le scuole di specializzazione. Perché una scuola possa essere attivata, è necessario che la sede formativa principale abbia determinate caratteristiche: deve essere un’unità operativa in un ospedale a direzione universitaria; deve avere un certo numero di ricoveri, posti letto, interventi chirurgici, prestazioni radiologiche ecc. Questi parametri sono stabiliti a livello nazionale”.
Per quanto riguarda L’Aquila, precisa Masciocchi “lì dove avevamo scuole complete e forti, con tutti i parametri, ci siamo presentati e abbiamo fatto la ichiesta di attivazione. Lì dove non li avevamo, non l'abbiamo fatta. Lì dove li avevamo ma erano incompleti, abbiamo fatto, tra i pochi in Italia, un’operazione virtuosa con l’Università di Chieti: abbiamo firmato un accordo quadro per attivare dei collegamenti funzionali che consentiranno alle due università, condividendo risorse e personale, di mantenere, a livello regionale, tutte le scuole di specializzazione”.
Qualche esempio? “La Radioterapia dell’Aquila, che aveva abbondantemente tutti i requisiti, rimarrà qui e sarà Chieti a fare il collegamento funzionale. La Dermatologia, invece, la terrà Chieti mentre L’Aquila attiverà il collegamento. La stessa cosa accadrà a Pediatria. Poiché quella dell’Aquila non è rientrata, seppur di poco, dentro il parametro del numero dei ricoveri, verrà fatto un collegamento funzionale con Chieti. Non abbiamo perso perciò la scuola ma solo la sua sede legale. Gli specializzandi e i fondi verranno distribuiti comunque tra Chieti e L’Aquila grazie all’accordo quadro”.
Anche secondo Masciocchi il polverone che si è alzato è fuori luogo: “E’ stata una decisione ministeriale, non potevamo fare altrimenti. Sono state chiuse scuole di specializzazione a Bologna, Pavia, Napoli, Bari. Tutte le strumentalizzazioni sono sciocche e non hanno senso. Noi abbiamo fatto un passo importante, un accordo interateneo per condividere le risorse e utilizzare tutta la rete formativa della regione”.
La cosa importante, sottolineano sia Inverardi che Masciocchi, è che non si tratta di scelte irrevocabili e di decisioni irreversibili. Al contrario, spiega Masciocchi, “in futuro potremo sempre proporre l’attivazione di nuove scuole qualora dovessimo raggiungere i parametri che ormai conosciamo. Per Pediatria, ad esempio, se tra due anni avremo un numero di ricoveri adeguato, potremo fare una richiesta per l’attivazione della scuola. Anche se non sarà facile, perché la volontà del ministero è di ridurre il numero delle scuole di specializzazione e quindi anche quello degli specializzandi”. Questa sì una scelta scellerata e controcorrente, visto che gli ospedali, e quello dell’Aquila ne è una dimostrazione, hanno, e continueranno ad avere sempre più, importanti buchi di organico legati ai pensionamenti del personale medico, non compensati a sufficienza dalle nuove assunzioni.
Per quanto riguarda invece Cardiologia e Neurologia, la loro chiusura è un effetto del nuovo sistema di accreditamento delle scuole di specializzazione scaturito dall’esito della valutazione fatta Osservatorio nazionale per la formazione medica specialistica.
Un rapporto, peraltro, molto contestato e impugnato dallo stesso ministero. Una vicenda che NewsTown aveva raccontato già un mese fa, quando c’era stato lo sciopero indetto dalle associazioni dei giovani medici come forma di protesta nei confronti della mancata pubblicazione del bando di concorso per le specializzazioni.
“Il problema di Cardiologia” aveva spiegato in quell’occasione la preside del Dipartimento Mesva Maria Grazia Cifone “è che non è convenzionata con la Asl. La convenzione che abbiamo è stata stipulata con una casa di cura privata che, pur essendo accreditata, non ci consente di garantire i cosiddetti requisiti assistenziali perché ci sono cose che le cliniche private non possono fare”.
Per quanto riguarda Neurologia, invece, l’esclusione, giunta abbastanza inaspettata, è dovuta, spiega Inverardi, a dei problemi inerenti il piano formativo. “Ma visto che gli accreditamenti si fanno anno per anno” precisa la rettrice “per il prossimo anno dovremmo essere rientrati in possesso dei requisiti richiesti”.