Ancora ombre sulla realizzazione dei sottoservizi, la più importante opera pubblica del post terremoto; il 22 novembre scorso, infatti, la Guardia di Finanza ha fatto 'visita' agli uffici della Gran Sasso Acqua spa, la stazione appaltante, acquisendo la documentazione sulla discussa transazione con l'ati aggiudicataria del primo stralcio, Asse Centrale scarl, per il riconoscimento di poco meno di 741mila euro di 'riserve' a fronte di una richiesta di oltre 3 milioni.
A far discutere, in particolare, l'evidenza che la procedura transattiva fosse stata chiusa dal dirigente amministrativo Raffaele Giannone che, ha contestato il Collegio sindacale della partecipata, non aveva il potere di procedere senza che l'accordo fosse sottoposto al Consiglio d'amministrazione. Innanzi alla censura del Collegio, l'allora presidente Americo Di Benedetto - candidato sindaco sconfitto alle amministrative - convocò il Cda al 18 di luglio, salvo dimettersi qualche giorno prima: dunque, l'assise è andata deserta con la 'patata bollente' finita sul tavolo del presidente entrante, l'avvocato Fabrizio Ajraldi, fedelissimo di Pierluigi Biondi.
Per ricostruire la vicenda bisogna tornare al 21 febbraio scorso quando Gianni Frattale, proprietario della Edilfrair, scrive alla Gsa a nome dell’intera Ati (nelle vesti di rappresentante delegato) per presentare otto riserve. Nell’ambito degli appalti pubblici, le riserve sono somme aggiuntive che le aziende appaltatrici possono chiedere agli enti appaltanti in caso di maggiori spese - dovute a vari imprevisti - sostenute nel corso dell’esecuzione dell’opera.
Nella lettera che Frattale invia alla Gsa, la richiesta delle riserve viene motivata dai ritardi con cui le ditte “entrano in possesso” delle aree in cui effettuare materialmente i lavori di posa dei sottoservizi. Ritardi dovuti, sostiene Asse centrale, tanto alla “carenza di programmazione, gestione e coordinamento da parte della stazione appaltante”, cioè la Gsa, quanto a una serie di eventi organizzati dal Comune dell’Aquila (Festival della Partecipazione, Jazz festival, Street Food e altri).
L’ammontare delle riserve è calcolato in base alle spese che le aziende, pur stando ferme, devono comunque sostenere per pagare personale, macchinari, attrezzature, ammortamenti e così via.
Delle otto riserve presentate alla Gsa, una, la prima, è da 1,8 milioni; sei - dalla due alla sette – sono pari a zero perché l’azienda vi rinuncia unilateralmente; l’ultima non viene quantificata - perché mancano i dati che consentirebbero di farlo - ma viene ugualmente presentata in base a una stima secondo cui sarebbe superiore al 10% dell’importo contrattuale.
E’ questo un passaggio cruciale perché se le riserve superano il 10% dell’importo contrattuale, la stazione appaltate è tenuta a cercare un accordo bonario e a transare.
Pochi giorni dopo la ricezione della lettera da parte della Gsa - il 2 marzo - il direttore dei lavori, l’ingegnere Alessandra Marono, rigetta tutte le riserve, giudicandole “inammissibili in punta di fatto e di diritto”. Lo stesso giorno, però, il Rup, ossia il direttore tecnico della Gsa, Aurelio Melaragni, ignora il parere del direttore dei lavori e scrive un’altra relazione, nella quale dichiara invece ammissibili le riserve, anche se prende atto che l’ottava non è stata ancora quantificata e che alcune voci inserite nella prima – per esempio la sotto utilizzazione di alcuni macchinari - sono troppo alte e non trovano riscontro nei report sulle giornate di lavoro stilate dalla stessa azienda. In virtù di tali osservazioni, l’ammontare della prima riserva viene ridimensionato da 1,8 milioni a 740 mila euro. In riferimento agli altri importi, invece, viene scritto che, anche se non sono stati quantificati, in linea orientativa supereranno il 10%.
Il 3 marzo il dirigente amministrativo della Gsa, Raffaele Giannone, scrive al presidente dell’azienda e al Rup per far presente che occorre convocare un’audizione con la ditta esecutrice dell’appalto. Cosa che Melaragni fa il giorno stesso, con una lettera che porta il numero di protocollo successivo a quello della lettera di Giannone.
Il 26 aprile la transazione è praticamente fatta: la Gsa propone alla Scarl un accordo di 740 mila euro su tutte le riserve, anche su quelle che non sono ancora state quantificate.
Ora, sarà la magistratura a dover fare chiarezza sulla correttezza del procedimento.