Giovedì, 08 Febbraio 2018 13:43

Acqua del Gran Sasso: "Carenze e omissioni gravi sulla sicurezza"

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Ai Laboratori del Gran Sasso, classificati come "Impianto a Rischio di Incidente Rilevante" per la presenza di 2.300 tonnellate di sostanze pericolose, da oltre 10 anni vi è una violazione sistematica della Direttiva Seveso che riguarda i principali documenti sulla prevenzione e gestione dei rischi.

A denunciarlo è la Mobilitazione per l'acqua del Gran Sasso che spiega: "i tre documenti chiave - il Rapporto di Sicurezza, il Piano di Emergenza Interno per i lavoratori e il Piano di Emergenza Esterno per la popolazione - al nostro accesso agli atti del 22 gennaio scorso, sono risultati o scaduti da anni o addirittura mai approvati".

A questo si aggiungono altre non conformità che i Laboratori dovranno risolvere nei prossimi mesi e una ulteriore violazione passibile di sanzione. "È quello che emerge in maniera incontrovertibile dai documenti raccolti in un laborioso accesso agli atti svolto, dopo molte insistenze e note inviate anche alla Procura di Teramo, appunto il 22 gennaio scorso presso il Comando Regionale dei VvF dalla Mobilitazione per l'Acqua del Gran Sasso", sottolineano gli attivisti.

La Direttiva Seveso è la più importante norma sulla gestione della sicurezza nei grandi impianti industriali e similari dove vengono stoccate grandi quantità di sostanze pericolose. Definisce gli impianti a rischio di incidente rilevante. Ebbene, "i Laboratori sotterranei lo sono per la presenza di ben 2.300 tonnellate di sostanze pericolose". Stabilisce, poi, le iniziative da mettere in campo per prevenire i rischi e, in caso di incidente, ridurne le conseguenze su persone, cose e ambiente. La Mobilitazione per l'Acqua del Gran Sasso aveva già denunciato che il Piano di Emergenza Esterno rivolto alla popolazione, adottato nel 2008 dalla Prefettura di L'Aquila come 'provvisorio', fosse scaduto nel 2011 in quanto non più aggiornato secondo i termini previsti dalla legge, tre anni al massimo. "Ci siamo chiesti come mai un documento fondamentale per la sicurezza dei cittadini fosse stato approvato nel 2008 in quel modo e mai più revisionato fino ad oggi. La risposta è molto semplice: il Rapporto di Sicurezza, da cui doveva logicamente derivare, in questi anni non è stato approvato per cui la Prefettura evidentemente si trovò costretta ad adottare un documento parziale senza poterlo neanche aggiornare successivamente".

Il Rapporto di Sicurezza è, infatti, il cuore del sistema di prevenzione e gestione dei rischi di un impianto classificato "a rischio di incidente rilevante" sulla base della Direttiva "Seveso", recepita in Italia con il D.lgs.105/2015 (precedentemente D.lgs.334/99). Sulla base dei contenuti del Rapporto di Sicurezza si elaborano:

  • il Piano di Emergenza Interno (PEI), rivolto ai lavoratori e redatto dai Laboratori stessi assieme con gli operatori;
  • il Piano di Emergenza Esterno (PEE), rivolto alla popolazione e redatto dalla Prefettura, consultando le comunità.

"Il Rapporto di Sicurezza deve approfondire tutte le possibili fonti di rischio e valutare gli effetti in caso di incidente sia sulle persone sia sull'ambiente", aggiungono gli ambientalisti. "Il documento deve essere aggiornato ogni 5 anni attraverso il deposito da parte del gestore dell'impianto, in questo caso l'INFN, e poi validato dal Comitato Tecnico Regionale (il C.T.R.) presso il Comando Regionale dei Vigili del Fuoco. Nell'analisi dei documenti siamo risaliti negli anni fino al 2002, quando ci fu l'incidente che portò nel 2003 al sequestro della sala C anche per l'inadempienza sulll'applicazione della Direttiva Seveso. Dalla documentazione consultata risulta chiaramente che sono stati depositati dall'INFN ben tre rapporti di sicurezza (2006; 2011 e 2016) ma nessuno di questi è stato mai approvato, almeno fino al 22 gennaio 2016, giorno del nostro accesso. Per l'ultimo depositato in ordine di tempo, il C.T.R. del 16/01/2018 ha stabilito praticamente una riscrittura tanti erano i limiti e le carenze del documento".

Dunque, l'affondo: "Quello che abbiamo verificato sulle carte è letteralmente sconvolgente, in diversi passaggi esilarante se non fosse una cosa molto seria. In un certo senso anche mortificante viste le tante chiacchiere e proclami che abbiamo sentito anche recentemente del tutto estranei al Principio di Realtà. Si comprova un continuo rimpallo di responsabilità; di rinvio in rinvio sono passati 12 anni e non sono riusciti neanche ad approvare un Rapporto di Sicurezza! Dopo oltre un anno si scopre che quello del 2016 dovrà essere riscritto daccapo. Ovviamente, terminati gli altri accessi agli atti che stiamo definendo su diverse altre questioni, integreremo gli esposti già presentati alle Procure di L'Aquila e Teramo anche sui fatti attinenti la Direttiva Seveso per le opportune valutazioni".

In realtà, la domanda da porsi è la seguente: è realmente approvabile un qualsiasi Rapporto di Sicurezza in considerazione del fatto che lo stoccaggio delle sostanze pericolose da cui derivano gli obblighi della Direttiva Seveso è esso stesso irregolare per la vicinanza con le captazioni fin dal D.P.R.236 del 1988 come abbiamo ampiamente dimostrato? In un acquifero che disseta 700.000 persone è possibile accettare la possibilità di dover affrontare incidenti rilevanti? La sismicità dell'area e la presenza di una faglia passante nei Laboratori stessi rende gestibili i rischi? "In una condizione del genere di diffuse inadempienze ed omissioni ci viene da sorridere rispetto alla velleità di proporre nuovi esperimenti come Sox. Nel frattempo il cosiddetto tavolo tecnico della regione continua a lavorare nell'opacità e non risponde neanche agli accessi agli atti. Ci viene negata dal VvF la trasparenza sugli atti delle ispezioni e addirittura sullo stesso contenuto del Rapporto di Sicurezza, anche nella forma sintetica. Qui non si vuole affrontare il vero nodo, l'allontanamento delle 2.300 tonnellate di sostanze pericolose usate in LVD (1.000 tonnellate di acqua ragia) e Borexino (1.292 tonnellate di 1,2,4 trimetilbenzene) obbligatorio per legge, ammettendo finalmente che la ricerca scientifica deve avere limiti come tutte le cose umane. Oltre alla gravità delle clamorose omissioni e inadempienze, è questo l'errore strategico su cui si continua ad insistere".

Intanto, domattina a Palazzo Silone si terrà una conferenza stampa per illustrare gli esiti della riunione della Commissione tecnica per la sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso, che si è svolta mercoledì scorso. Erano presenti all'incontro gli enti e le istituzioni interessate, oltre ai rappresentanti del Ministero dell'Ambiente, dell'Ispra e dell'Istituto Superiore di Sanità. 

Ultima modifica il Giovedì, 08 Febbraio 2018 14:00

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