La Procura della Repubblica di Lecce ha sottoposto a sequestro probatorio il nuovo cantiere del gasdotto Tap, in costruzione nel Salento per il trasporto del gas dell'Azerbaijan in Nord Europa, attraverso le coste pugliesi e la Rete Adriatica Snam, con cui il Tap dovrebbe riallacciarsi proprio in Puglia. Parliamo di un "serpentone di acciaio" lungo circa 700 km che, da progetto, dovrebbe attraversare la dorsale appenninica da Brindisifino a Minerbio, attraversando per 100 km l'Abruzzo, in zona altamente sismica.
Alla base dell'atto di sequestro c'è la violazione delle prescrizioni contenute nella Valutazione di Impatto Ambientale (Via). Nello specifico, nelle autorizzazioni rilasciate dal ministro dello sviluppo economico per l'espianto di ben 448 alberi di ulivo che si trovano sul tracciato del gasdotto, sarebbero scomparsi i vincoli paesaggistici in un'area di "notevole interesse pubblico". Il provvedimento, che porta la firma del Procuratore della Repubblica Leonardo Leone de Castris e della pm Valeria Farina Valaori, è stato eseguito dai carabinieri del Noe e Forestali che hanno svolto accertamenti sulla base di un esposto, deposto in Procura lunedì scorso, dai tre parlamentari pentastellati Diego De Lorenzis, Daniela Donno e Leonardo Donno.
Ma l'assenza di autorizzazione paesaggistica, è solo uno dei motivi alla base del provvedimento che ha portato al sequestro probatorio dei 60 ettari di cantiere in località Paesane, nei pressi di Melendugno (Lecce). A finire nel mirino è anche il periodo di espianto e spostamento degli ulivi, che in base alla prescrizione del decreto di Valutazione di impatto ambientale di natura ministeriale doveva essere compreso tra dicembre e febbraio. Come evidenziato nell’esposto depositato dai parlamentari pentastellati, a consentire lo spostamento in questo periodo di fine aprile sarebbe stato un decreto direttoriale, di natura inferiore, mentre a modificare il vincolo della Via dovrebbe essere, a loro avviso, lo stesso ministro. Sulla base di tali violazioni, Clara Risso, legale rappresentante Tap, risulta ora indagata per i reati di opere eseguite in assenza di autorizzazione, di struzione e depauperamento di bellezze naturali, distruzione o deterioramento di piantate di alberi e abusivismo in aree sottoposte a vincolo.
Il cantiere “cluster 5” finito oggi sotto sequestro, fa parte di un più ampio tracciato (8,2 chilometri di lunghezza con una fascia di circa 30 metri di larghezza a cavallo del futuro tubo) che dal cantiere di San Basilio, dove l'espianto degli ulivi è terminato lo scorso anno e dove sorgerà il microtunnel del gasdotto, porta alla “Masseria del Capitano”, dove sarà costruito il terminale di ricezione dell'impianto. In questa zona, dove è prevista la costruzione della pipeline, dovranno essere successivamente estirpati e messi a dimora (in aree protette ai margini dell'area di lavoro) oltre 1.800 ulivi. Il “cluster” 5 è ad un paio di chilometri dal cantiere del microtunnel di San Basilio e a circa sei chilometri dalla “Masseria del Capitano”.
Sul gasdotto Tap pende anche un'altra inchiesta avviata dalla Procura di Lecce sulla base di un esposto depositato da otto sindaci salentini prima di Natale. Nella denuncia presentata dai primi cittadini, si chiede di valutare se sia stata aggirata o meno la normativa sulla valutazione d'impatto ambientale e sull'applicazione della direttiva Seveso sul rischio di incidenti rilevanti. Il frazionamento dell'opera tra il tratto Tap e quello Snam, che dovrebbe attraversare gran parte della dorsale appenninica, passando in Abruzzo, ha portato a richiedere singole autorizzazioni sui vari lotti del tracciato, escludendo di fatto l'opera dal campo di operatività della normativa Seveso sul rischio di incidenti rilevanti. Stando a quanto sostenuto dai sindaci invece, Tap e il segmento Snam, che per 55 chilometri unisce il primo alla rete nazionale del gas, non sarebbero da considerarsi come due metanodotti distinti, ma come un'unica infrastruttura dalla portata e dagli impatti maggiori. Sarà la superperizia, per la quale sono stati già conferiti gli incarichi, a stabilire, in seno all'incidente probatorio, se sussistano o meno i reati ipotizzati di truffa e falso. Un passaggio che potrebbe rimettere in discussione l'intero progetto.
Riguardo al sequestro effettuato oggi, il comitato No Tap, presente, lo scorso 21 aprile, alla manifestazione di Sulmona, in un post pubblicato su Facebook, ha spiegato che “l’esposto, presentato da tecnici affiancati da un gruppo di parlamentari sensibili alla causa, ha prodotto in breve tempo i suoi effetti. Il cantiere in questione, così come quello di San Basilio, nasce da una ripetuta serie di violazioni che questa volta la magistratura ha deciso di fermare. È da tempo che la popolazione denuncia l’illegalità in cui opera TAP. Forse il signor Prefetto dovrebbe chiedere scusa a tutti i cittadini per averli vessati con le sue misure repressive, magari facendo un passo indietro e lasciando il posto a qualcuno che usa la legge per difendere i beni comuni anziché quelli di una multinazionale privata. Come può ora giustificare una zona rossa arbitraria, istituita in difesa di operazioni che, a quanto pare, non erano legittime? Come può difendersi da una pessima figura nei confronti di tutta la popolazione? Finalmente oggi sembra essersi inceppato un ingranaggio di quella macchina abominevole che è Tap. È solo il primo ingranaggio, ma basta poco affinché l’intero meccanismo salti. Continua la nostra battaglia - conclude il movimento No Tap- sempre più convinti di essere dalla parte del giusto: Non ci fermeremo!”. (ele.fa)