Venerdì, 06 Dicembre 2013 11:59

Tuccia: confermati otto anni, riconosciute le aggravanti di sevizia e violenza

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La Corte d'Appello dell'Aquila ha confermato la condanna a 8 anni di reclusione inflitta in primo grado a Francesco Tuccia, il giovane campano, ex militare all'epoca dei fatti di stanza a L'Aquila, accusato dello stupro ai danni di una studentessa universitaria laziale.
Il giudice relatore Aldo Manfredi non ha accolto la tesi del rapporto consensuale avanzata dalla difesa riconoscendo anzi l'aggravante della sevizia e della violenza secondo l'articolo 61 numero 4 del codice penale.

L'Avvocato della ragazza, Enrico Gallinaro, spiega così la sentenza:  "Il collegio ha ritenuto che sussiste l'aggravante delle sevizie e della crudelta', ha rimodulato la pena mantenendo pero' alla fine la stessa condanna, cioe' riformulando un nuovo capo. Per noi e' importante perche' era questo comunque quello che noi volevamo, che venisse riconosciuta la gravita' del fatto e questa decisione riconosce sicuramente quanto il fatto e' stato grave". 

Tuccia è stato anche condannato alla pena accessaria di interdizione perpetua da tutti i tipi di incarichi di tutela e curatela.

Nei confronti dell'imputato, che era stato condannato il 31 gennaio scorso dal Tribunale dell'Aquila, il Procuratore generale Ettore Picardi aveva chiesto la pena a 11 anni di reclusione, di cui 7 per violenza sessuale e 4 per le lesioni personali.

"È stata riconosciuta l'aggravante della crudeltà e sevizie ma la Corte ha derubricato le lesioni da dolose a colpose, insomma da volute a non volute. Con questi due fattori si è arrivati alla conferma della pena attraverso un riequilibrio", ha detto il giudice relatore Manfredi.

I legali di Tuccia avevano chiesto l'assoluzione o, in subordine una ulteriorte perizia sulla vittima, presente stamani in aula dove c'era anche l'ex militare che è andato via prima della sentenza.

Il pm David Mancini nel processo di primo grado chiese la condanna a 14 anni di reclusione contestando al giovane anche il reato di tentato omicidio ma il Tribunale non fu di questa opinione. All'ex militare fu applicata anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'interdizione legale per la durata della pena. La ragazza fu stuprata "con inaudita violenza" - come ricostruito in aula dall'accusa - e abbandonata dietro a un cumulo di neve fuori la discoteca. In quel momento la temperatura era di diversi gradi sotto lo zero. A salvarla - la studentessa sarebbe potuta morire dissanguata e per il freddo - furono gli addetti alla sicurezza del locale che avvertirono il personale del 118 e bloccarono il giovane che, precedentemente, si era intrattenuto con la giovane nella discoteca dove avevano avuto un primo approccio. Tuccia fu arrestato dai carabinieri una decina di giorni dopo il fatto. Tre mesi e mezzo dopo ottenne i domiciliari, poi la concessione del permesso di lavoro con la possibilita' di uscire dalla cella dalle 9 alle 13. Il processo di primo grado si svolse a porte chiuse, a differenza di quello odierno, su decisione del collegio per via dei temi scabrosi oggetto del procedimento penale.

Presenti fuori e dentro l'aula varie associazioni di donne: "Non e' mai stata una questione di anni di carcere, e' una questione di rendere giustizia ad una vicenda gravissima che una giovane donna e' stata costretta a vivere" ha detto l'avvocato Simona Giannangeli, in rappresentanza del Centro antiviolenza delle donne dell'Aquila, parte civile al processo.

NELL'ATTESA DELLA SENTENZA

Anche oggi fuori dall’aula si è svolto un presidio composto soprattutto da donne, per dire no alla violenza e certezza della pena per gli stupratori. Tra queste, in una soleggiata quanto gelida mattinata aquilana di dicembre, incontriamo la mamma della ragazza stuprata ribattezzata da molti col nome di fantasia Rosa. 

Cosa si aspetta da questo secondo grado?

Deciderà il giudice. Non ho in testa se ci sarà conferma, diminuzione o aumento della pena. Mi auguro che si giudichino i fatti. Un atto di violenza che comunque ha denotato una crudeltà estrema. Mi aspetto che la sentenza risponda a questo. Anche perché, il pronunciamento di oggi sarà importante per tutte le altre, anche per l’applicazione della convenzione di Istanbul. La comunità europea ha tenuto recentemente un seminario dove considerava il processo dell’Aquila un banco di prova per la convenzione a cui hanno aderito - per ora - cinque Stati, tra cui l’Italia.

Come sta sua figlia?

Insomma, vive una sorta di esilio.

Come avete preso l’assurda voce che si era diffusa su una richiesta di partecipazione alla trasmissione del Grande Fratello?          

Incredibile! In generale ci aspettiamo che l’attenzione sia concentrata meno sulla vittima e che non sia rivolta neanche all’aggressore, quanto al fatto in sè. Invece, tutte le attenzioni sono concentrate su mia figlia.

Le fa piacere l’attenzione e la solidarietà delle donne, in primis, per questo processo?

C’è attenzione perché questo è stato uno dei fatti più efferati degli ultimi dieci anni in cui la vittima è rimasta viva, e quindi è una grande cosa per noi perché lei c’è. Ma è anche vero che per noi questo diventa un impegno a sostenere la battaglia contro la violenza sulle donne e vederne anche il risvolto sociale.

Che peso aggiunge per lei il fatto che a commettere la violenza sia stato un uomo dello stato, un militare?

Non mi esprimo su questo, ma ripeto quanto scritto nella sentenza e cioè che dai militari ci si aspetta il senso dell’onore e della disciplina.

E' arrivata una comunicazione di solidarietà da quel mondo?

Assolutamente no!

 

Ultima modifica il Domenica, 08 Dicembre 2013 23:05

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