Lunedì, 21 Maggio 2018 16:26

Scuole abruzzesi, sindacati: in dieci anni persi 7mila studenti e 4mila insegnanti

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L’Abruzzo perde studenti e insegnanti.

In dieci anni, dall’anno scolastico 2008/2009 a quello in corso, la popolazione studentesca della regione è passata da 181mila 713 a 174mila 882 alunni, un calo di 6mila 831 unità. E un ulteriore, pesante diminuzione ci sarà nel 2018/2019, se è vero che sono state stimate già 2mila 117 iscrizioni in meno [qui].

Una vera e propria emorragia - le cui cause sono molteplici - alla quale ha inevitabilmente fatto seguito anche un drastico calo del numero dei docenti: -3mila 802 rispetto a dieci anni fa.

Numeri e cifre sono stati dati in una conferenza stampa tenutasi all'Aquila dai sindacati – Cgil, Cisl, Uil, Snals – che, oltre a lanciare l’allarme, chiedono alla politica e alla Regione di intervenire, istituendo anzittutto un osservatorio sulla scuola al quale chimare a partecipare tutti gli attori coinvolti.

Un calo generalizzato

La diminuzione della popolazione studentesca, hanno spiegato i sindacati, ha riguardato tutte le scuole, di ogni ordine e grado, e tutte le province abruzzesi, anche se ci sono situazioni di criticità maggiori soprattutto nelle aree interne, in particolare in quelle delle province di L’Aquila e Teramo, dovute, non ultimo, ai terremoti, sia quello del 2009 che quelli del 2016/2017.

Le cifre riguardanti il calo degli iscritti nei vari gradi del sistema dicono che, rispetto al dato della perdita di 2mila 117 alunni stimato per il prossimo anno, a pagare il prezzo più alto saranno le scuole dell’infanzia, ossia gli asili, con 824 bambini in meno in tutta la regione. Un calo che, a livello provinciale, sarà così distribuito: -211 a Chieti, -243 all’Aquila, -165 a Pescara e -205 a Teramo.  

Per quanto riguarda gli altri gradi, -577 è la perdita di iscrizioni stimata per le scuole elementari - con 268 iscritti in meno nella provincia di Chieti, 228 in quella di Pescara e 180 in quella di Teramo; fa eccezione la provincia dell’Aquila, per la quale è previsto invece un aumento di 99 unità; -173 per le medie – con 89 iscritti in meno nella provincia dell’Aquila, 126 in quella di Pescara e 143 in quella di Teramo: unica eccezione Chieti, che avrà 185 studenti in più; e -543 per le superiori – con 343 iscritti in meno nella provincia di Chieti, 158 all’Aquila, 235 a Pescara e 193 a Teramo.

Le cause 

Alla base del fenomeno ci sono, come detto, diversi fattori.

In primis, ovviamente, c’è quello demografico, la denatalità, come risalta dal dato riguardante le scuole materne ed elementari.

Poi c’è il fatto che è aumentato, in questi anni, il numero delle famiglie, sia abruzzesi native che straniere residenti, che hanno scelto di emigrare altrove, in cerca di un futuro migliore.

La decisione di andare via – via dall’Abruzzo ma in molti casi via proprio dall’Italia - è motivata soprattutto dalla perdita del posto di lavoro o dal fatto che non si riesce a trovare un’occupazione soddisfacente o corrispondente alle proprie aspettative.

Poi naturalmente ci sono anche altre cause, come l’abbandono scolastico, o, per quanto riguarda le province dell’Aquila e di Teramo, la paura e l’ansia legate ai terremoti che hanno colpito queste zone e che hanno spinto tantissime famiglie ad andarsene.

E’ un quadro ben noto ai sindacati, rispetto al quale, però, mancano analisi serie e approfondite fatte dalla politica e dall’Ufficio scolastico regionale. E se ciò non viene fatto, denunciano i sindacati, è anche perché non ci sono basi dati aggiornate, integrate e confrontabili. Non si sa, per esempio, quanta parte della diminuzione degli iscritti alle scuole superiori sia dovuto all’abbandono scolastico, a studenti che smettono di andare a scuola perché scelgono di andare a lavorare.

La cieca applicazione delle direttive ministeriali

Oltre ai fattori esogeni appena ricordati, all’origine della diminuzione della popolazione studentesca e quindi anche del numero di insegnanti ci sono, molto spesso, anche cause endogene, dovute all'applicazione delle direttive ministeriali, basate, denunciano i sindacati, solo su criteri ragionieristici, matematici, e avulse dalle specificità dei singoli territori sui quali  vengono calate.

Un esempio emblematico, ha ricordato Enio Taglieri della Uil, è rappresentato dall’organico degli insegnanti che il Miur ha garantito per il prossimo anno. Rispetto all’anno scolastico in ancora corso, non ci sarà una diminuzione del numero dei docenti, che rimarrà più o meno invariato. Apparentemente si tratta una buona notizia ma non ci sarà nessun miglioramento concreto nell'offerta didattica perché il mantenimento dell’organico attuale non riuscirà a compensare i tagli che si sono fatti negli ultimi anni (i  quasi 4mila insegnanti in meno di cui sopra). Pertanto l’Ufficio scolastico regionale, chiamato ad applicare le direttive del ministero, per far quadrare i conti, sarà comunque costretto a effettuare degli accorpamenti, soprattutto nelle aree montane, dove ci sono scuole con troppi pochi iscritti; o a forzare al massimo il limite di alunni per classe, con il risultato di dar vita alle cosiddette classi pollaio, con 27, 28 o anche 30 alunni.

Accorpare le classi delle scuole delle aree interne, significa, di fatto, chiudere gli istituti di molti paesi, privandoli di un servizio fondamentale, senza il quale, considerando anche il contestuale taglio di altri servizi pubblici essenziali – dalla sanità ai trasporti – i piccoli centri sono condannati allo spopolamento.

L’edilizia scolastica

I sindacati hanno voluto ricordare anche il pessimo stato in cui versa l’edilizia scolastica abruzzese: il 41,54% delle scuole della regione è privo di certificazione di agibilità statica, il 65% del certificato di prevenzione infortuni, il 43% del certificato igienico-sanitario e il 76% delle scale di sicurezza.

Si stanno costruendo, ha denunciato Carlo Frascali della Snals Abruzzo,nuovi edifici scolastici che probabilmente non saranno mai utilizzati, perché situati in Comuni con pochi abitanti, per i quali l'Ufficio scolastico regionale decreterà, probabilmente, degli accopramenti.

Per non parlare della messa in sicurezza antisismica. Emblematico è il caso dell’Aquila, dove, a nove anni del terremoto, migliaia di studenti sono ancora costretti a frequentare le lezioni nei Musp – i moduli provvisori, che però si vanno sempre più usurando – perché non le varie amministrazioni che si sono succedute non sono riuscirte a ricostruire nemmeno una scuola, malgrado siano disponibili, da tempo, 42 milioni di euro.

Ultima modifica il Martedì, 22 Maggio 2018 08:47

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