Assolti dal Tribunale di Roma, "perché il fatto non sussiste", l'ex presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi, l'ex vicepresidente della Giunta Alfredo Castiglione e l'ex assessore Paolo Gatti, nell'ambito del processo sulla cosiddetta 'Rimborsopoli' abruzzese. I tre ex esponenti della giunta regionale abruzzese, giudicati con rito abbreviato, erano accusati, a vario titolo, di peculato e truffa aggravata, per fatti risalenti ad un periodo compreso tra il 2009 e il 2012, riguardanti l'utilizzo improprio delle carte di credito regionali.
"Si chiude un'esperienza devastante, soprattutto a livello umano, per me e per chi mi è stato vicino", ha affermato a caldo l'ex governatore. Una vicenda, dice, "che fin dall'inizio ho ritenuto infondata. Mi piacerebbe che fosse dato almeno un decimo del risalto che è stato dato ad avvisi di garanzia 'farlocchi' e che chi mi ha condannato sulla base di quegli avvisi di garanzia oggi mi chiedesse scusa, ma so bene difficilmente questo avverrà".
Nell'inchiesta - aperta per truffa aggravata, peculato e falso ideologico in riferimento ai rimborsi per una serie di missioni istituzionali - oltre a Chiodi finirono una ventina tra consiglieri e assessori regionali delle diverse parti politiche. La vicenda è andata poi lentamente sgonfiandosi dopo i pronunciamenti diei diversi tribunali italiani dove si sono celebrati i processi agli amministratori abruzzesi.
Nel gennaio del 2015, la Procura aveva chiesto 15 archiviazioni. Nell’ottobre dello stesso anno il gup Gianluca Sarandrea, su richiesta del pm Gennaro Varone, aveva dichiarato l’incompetenza territoriale del tribunale di Pescara a carico di altri imputati e trasmesso la competenza al tribunale di Roma. Dunque, nel febbraio 2016 era stato assolto con formula piena dal Tribunale di Livorno l’ex assessore regionale Gianfranco Giuliante; anche in questo caso il fascicolo era stato trasferito per incompetenza territoriale.
Oggi, la fine dell'incubo anche per Chiodi, Gatti e Castiglione: a loro carico, l'accusa era di aver utilizzato le carte di credito della Regione per spese indebite di vitto e alloggio in occasione di missioni e trasferte nella Capitale. Il peculato era stato ipotizzato nei casi di utilizzo della carta di credito riguardanti fini non istituzionali, mentre la truffa aggravata era stata contestata in relazione al periodo iniziale della consiliatura, quando Giunta e assessori anticipavano le spese e i rimborsi erano a debito. La sentenza di assoluzione riguarda tutte le contestazioni che erano state mosse nei confronti dei tre imputati.