Giovedì, 05 Luglio 2018 03:18

Pulizia scuole, le dipendenti della Coopservice denunciano: "Sfruttamento ai limiti del caporalato". E la Cgil annuncia esposto in procura

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Orari e condizioni di lavoro ai limiti dello sfruttamento; stipendi da fame; ordini di servizio comunicati con un preavviso di poche ore; lavoratrici (le dipendenti sono soprattutto donne) sballottati in giro come pacchi, costretti a prendere ferie forzate o a coprire più turni contemporaneamente e in luoghi diversi, per essere pagati di meno o non essere pagati affatto.

L’ennesima storia di violazione dei contratti nazionali e delle leggi sul lavoro non riguarda, però, un’azienda che opera nel mercato privato ma una cooperativa, la Coopservice di Reggio Emilia, consorziata con il colosso Cns, vincitrice di un appalto pubblico. E che appalto: quello Consip per la pulizia delle scuole, risalente al 2014, finito anche nel mirino della magistratura.

Una gara fatta con ribassi talmente alti che il governo di allora, guidato da Renzi, si inventò, per integrare il reddito dei lavoratori - quasi tutti ex Lsu (lavoratori socialmente utili) e Appalti storici – il progetto Scuole Belle.

In pratica, il ministero stanziò dei  fondi aggiuntivi per far svolgere a queste persone, che avrebbero dovuto occuparsi solo di pulizia delle strutture scolastiche, anche opere di manutenzione, tra cui: verniciatura delle pareti e cancellazioni di scritte; riparazioni degli infissi; rimozione e riallocazione delle strutture didattiche (praticamente montare o spostare mensole, armadi, lavagne); piccoli interventi all’impianto idrico-sanitario (caldaie escluse, però); rifacimento e manutenzione del giardino.

Parliamo di stanziameti di centinaia di milioni di euro, ripartiti su base regionale e provinciale. Alla provincia dell’Aquila sono toccati poco meno di due milioni di euro.

Il progetto, però, è stato applicato male e ha creato, come denunciano le 150 dipendenti della Coopservice dell’Aquila - addette alla pulizia delle scuole di tutta la provincia - situazioni di sfruttamento “ai limiti del caporalato”.

Gran parte del personale racconta di essersi visto ridurre il monte ore settimanale a fronte di una quantità di lavoro da svolgere rimasta invariata. Altre dipendenti riferiscono di doversi recare in più in sedi di lavoro distanti tra loro, senza rimborsi per le spese sostenute per il viaggio.

Accade anche che le lavoratrici vengano spedite, con un preavviso di poche ore, a prestare servizio in istituti all’insaputa dei dirigenti scolastici, con il risultato che, dopo aver affrontato lunghi spostamenti, arrivano sul luogo di lavoro ma sono costrette a rimanere con le braccia conserte perché, semplicemente, non hanno nulla da fare. E senza lavoro addio anche allo stipendio. 

“Una volta” raccontano alcune lavoratrici “siamo arrivate al terminal di Collemaggio e lì alcuni referenti della ditta ci sono venuti a caricare con un furgone. Quando ci hanno portato sul posto in cui avremmo dovuto lavorare, una scuola dell’Aquila, abbiamo scoperto che in realtà il dirigente non sapeva nulla e che non c’erano mansioni da svolgere. A quel punto i rappresentanti della ditta, per farci fare una cosa qualsiasi, ci hanno detto di metterci a sradicare l’erba a mani nude”.

Addirittura, c’è anche chi viene mandato a lavorare in scuole inagibili. E’ successo a delle dipendenti che hanno ricevuto l’ordine di servizio di comparire alla scuola elementare di Cansatessa, salvo scoprire, solo dopo essere arrivate sul posto, che l’istituto era chiuso dall’anno del terremoto.

E oltre alle umiliazioni inferte, c’è anche la sistematica violazione delle più elementari condizioni di sicurezza: mancata dotazione degli abiti da lavoro o delle scarpe anti infortunistica, zero corsi di formazione, visite mediche mai effettuate.

Un quadro che si stenta a credere vero, che dura ormai da anni e che il sindacato ora vuole portare alla luce del sole.

La Filcams Cgil, sia quella regionale che quella provinciale, dopo aver inoltrato, invano, segnalazioni al ministero e all’ispettorato del lavoro, ha annunciato che farà partire le denunce in procura, “perché non è possibile che con i soldi pubblici sia stato messo su in sistema tanto diabolico”.

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