Chiusura immediata e smantellamento del poligono militare di Monte Stabiata, l'area di 22 ettari all'interno del Parco del Gran Sasso Monti della Laga che, in seguito alla chiusura di altri poligoni, rappresenta l'ultimo residuo di utilizzo militare in tutto il Centro Italia per i reggimenti di Roma, Caserta, del Centro Reclute di Ascoli Piceno, oltre al Nono Alpini dell'Aquila.
A chiederlo è il comitato cittadino di Collebrincioni, frazione a ridosso dell'area su cui insiste il poligono ritenuto non compatibile con la destinazione di parco del territorio per il rischio di danni alle persone e alle specie animali e vegetali. I presunti effetti dell'inquinamento da polveri sottili delle esercitazioni militari, hanno convinto l'Ente Parco, che qualche giorno fa ha incontrato i cittadini, ad effettuare, il prossimo settembre, una seconda verifica sui terreni su cui il poligono insiste, estendendo l'area soggetta ai controlli a 22 ettari, a fronte dei 6 su cui venne effettuata la prima analisi. Aree in cui è puntualmente vietato il passaggio, con pesanti ricadute per le aziende agricole che, a causa dei continui divieti imposti, faticano a sopravvivere.
Questa mattina il comitato cittadino che si oppone al poligono ha tenuto a Villa Gioia una conferenza stampa a cui ha preso parte anche il consigliere comunale di Benvenuto Presente Daniele D'Angelo, annunciando azioni forti qualora le loro richieste dovessero cadere nel vuoto.
"Sono 60 anni che il poligono deturpa una delle zone naturali più belle del Parco del Gran Sasso, un anfiteatro naturale a due passi dalla località Vasto, dal Santuario di San Pietro della Jenca e dalle sorgenti di acqua di San Franco -ha spiegato la portavoce Domenica D'Angelo- Viviamo in un paese militarizzato, attraversato giorno e notte dai cingolati dell'Esercito che fa addestramento anche nelle vie citadine, a partire dalle 6.30 del mattino. Una situazione che da circa cinque anni è diventata insostenibile -ha aggiunto- In seguito alla chiusura di altri poligoni militari quello di Monte Stabiata è rimasto l'unico del Centro Italia ad essere utilizzato dai militari dell'Aquila e delle altre regioni vicine, con il calendario delle esercitazioni che è passato da 10 giornate l'anno alle attuali 120".
Durante le esercitazioni, inoltre, ad essere interdetta non è soltanto l'area coperta dal poligono, ma una zona molto più vasta che interessa anche la Madonna Fore in direzione Collebrincioni dove, sempre più spesso, "le sentinelle bloccano chi fa trekking sul sentiero" ha aggiunto Domenica D'Angelo.
Ai danni arrecati all'ambiente e subìti dalla popolazione, si aggiungono quelli economici. Il passaggio continuo di mezzi pesanti su aree di grande valore naturalistico e paesaggistico, insieme all'interdizione sempre più frequente di vaste aree di Parco, impediscono lo sviluppo di una zona a forte vocazione turistica, oggetto anche di recenti studi effettuati dalla Facoltà di Scienze ambientali dell'Università dell'Aquila per la straordinaria biodiversità riscontrata e la presenza nella zona di numerose specie protette.
Per alcuni, inoltre, quel territorio costituisce l'unica fonte di reddito. E' il caso dell'azienda agricola De Simone per cui, le cui difficoltà legate al pascolo di mucche e pecore in zone spesso interdette, sono diventate ormai insostenibili. "Per noi è sempre più difficile lavorare con i militari che ci impediscono di portare il bestiame al pascolo -ha spiegato- temo inoltre anche per la nostra salute per via delle polveri sottili. Questa situazione deve finire immediatamente".
Non solo. A rimetterci sono anche gli enti locali, in particolare gli usi civici. "L'Asbuc di Collebrincioni riceve dall'Esercito 50.000 euro l'anno - ha spiegato il consigliere comunale Daniele D'Angelo- ma si tratta di risorse destinate alla bonifica, per il ripristino cioè dell'area in cui vengono registrati ingenti danni ambientali". Anche D'Angelo sottolinea come il problema vero sono le polveri che penetrano nel terreno. "I bossoli vengono raccolti, ma lì si utlizzano armi come bombe a mano. Vedremo quali saranno i risultati della verifica che verrà effettuata a settembre".
Se i citadini chiedono, come detto, la chiusura e lo smantellamento immediato del poligono annunciando "azioni forti" dopo la petizione che ha raccolto 128 firme e che è stata presentata lo scorso 22 gennaio al Comune dell'Aquila e, per conoscenza, al Nono Reggimento Alpini che, a loro avviso, potrebbero utilizzare il poligono interno alla Caserma Pasquali, il consigliere D'Angelo appare più cauto a riguardo.
"Sosterrò il comitato di Collebrincioni in questa battaglia ma -ha precisato- ritengo che il poligono debba essere chiuso esclusivamente ai militari provenienti dalle caserme di altre regione che non creano alcun indotto, non a quelli dell'Aquila che rappresentano una risorsa per la città". D'Angelo ha riferito di un incontro avuto con il nono Reggimento che ha garantito di limitare il passaggio di mezzi pesanti all'interno del Paese. "I militari della caserma aquilana sono impegnati nelle esercitazioni solo 60 giorni l'anno, che arrivano a 120 con i militari provenienti da Roma, Caserta, e Ascoli Piceno. Loro non creano alcun indotto - ha concluso- non si fermano all'Aquila nemmeno per mettere la benzina. La situazione va regolamentata al più presto".