Nove anni e mezzo dopo il terremoto la ricostruzione delle case Ater classificate E è ferma al palo.
L'impegno assunto dal governo nel 2016 riguardante il trasferimento di 80 milioni nel triennio 2017-2020, subordinato al perfezionamento di cronoprogrammi annuali da parte delle due stazioni appaltanti, Ater e Provveditorato, è caduto nel vuoto. E così dei primi 35 milioni stanziati con delibera Cipe 2017 non si ha notizia nonostante un cronoprogramma già perfezionato per 4 edifici pubblici residenziali e in via di definizione entro l'anno per le case del Provveditorato. Progetti appaltabili, fondi già stanziati ma niente cassa.
A denunciarlo è il 'Coordinamento Erp' che ora promette battaglia. "L'Ater, di concerto con la Regione e con il Provveditorato, sta mettendo a punto una serie di richieste da sottoporre all'attenzione del ministro Danilo Toninelli - ha spiegato oggi in conferenza stampa l'architetto ed ex dirigente regionale Antonio Perrotti - riguardanti l'immediata messa a disposizione dei 35 milioni per concretizzare, entro l'anno, tutti gli appalti e lo stanziamento degli ulteriori 45 milioni di euro necessari per il completamento del programma da mettere in cantiere entro il 2019. Attendiamo, inoltre, ancora 5 milioni relativi al 2016, di cui non ha notizia".
Non è tutto.
Resta da sciogliere il nodo dei canoni di locazione degli alloggi del Progetto Case e Map attualmente occupati dagli inquilini Ater che attendono la ricostruzione dell'alloggio loro assegnato. A tal riguardo, il coordinamento Erp chiede di estendere ai nuclei familiari provenienti dagli alloggi Ater l'attuazione della Legge regionale 96 che regola, appunto, i canoni di locazione dell'edilizia residenziale pubblica sulla base del reddito imponibile e che, invece, è resa inapplicabile nei progetti Case e Map dalla delibera di Consiglio comunale numero 29 del 2015. Quest'ultima stabilisce il pagamento di un canone di compartecipazione - da individuare sulla base della superficie dell’alloggio (0,60 euro al metro quadro) - e di un canone di locazione da stabilire su base reddituale, esclusivamente a carico di quanti, alla data del sisma, occupavano l’abitazione Ater a titolo di godimento, escludendo i proprietari.
Tradotto: chi ha un reddito ISEE superiore a 12.000 paga il canone in base agli accordi territoriali senza possibilità di avvalersi delle agevolazioni, calcolate sulla base del reddito imponibile, previste dal dettato della legge regionale.
Attualmente sono 108 i nuclei familiari con reddito ISEE superiore a 12.000. In attesa di essere reintegrati negli alloggi Ater, corrispondono al Comune un canone di circa 210 euro mensili per la soluzione abitativa provvisoria del progetto Case calcolato sulla base delle disposizioni della delibera comunale 29 del 2015. 114 nuclei con un reddito ISEE inferiore pagano invece un canone medio mensile di circa 50 euro. "Oltre al danno anche la beffa -l'affondo di Perrotti - non solo non si hanno certezze sulla disponibilità dei fondi destinati alla ricostruzione delle case, ma oggi chi si trova a vivere in un alloggio del progetto Case paga un affitto più alto di quello che dovrebbe corrispondere se fosse ancora residente nell'alloggio di edilizia popolare. Pretendiamo quindi la rideterminazione dell'equo canone Ater. Per quale motivo i terremotati dovrebbero versare un canone più alto di quello corrisposto dagli inquilini delle altre Ater abruzzesi?".
In sostanza ciò che chiedeva il capogruppo del Passo Possibile in Consiglio comunale, Paolo Romano, che circa un mese fa depositò un ordine del giorno riguardante una più equa rideterminazione dei canoni di locazione per gli inquilini di case Ater e Erp comunali che, a causa del sisma, dimorano temporaneamente nei Progetti Case e Map. Per Romano, il diritto di questi cittadini a pagare quanto gli altri assegnatari d'alloggio popolare risiede nel fatto che tali famiglie, avendo rispsoto ad un bando pubblico, sono inserite in una graduatoria dedicata. La proposta è stata bocciata dalla maggioranza di centrodestra per non creare sperequazioni tra gli attuali affittuari del Piano Case.
"Nessuna delle due ammministrazioni che hanno guidato la città dopo il sisma 2009 ha mostrato attenzione a tali problematiche - ha ribadito Perrotti - Anche la Regione è colpevole. La legge regionale 30/2018 ha introdotto modifiche alla legge regionale 96, che dovrebbe garantire al cratere aquilano l'applicazione dei canoni sociali fino alla fine del cronoprogramma di ricostruzione". Il riferimento è all'articolo 9 della legge che stabilisce come il canone di locazione debba essere calcolato avendo a riferimento "il valore dell'immobile, che tiene conto del costo di costruzione dell'edilizia pubblica, della dimensione e delle caratteristiche dell'alloggio, quali la classe demografica del Comune, l'ubicazione, l'anno di costruzione o ristrutturazione, il livello di piano, lo stato di conservazione e manutenzione nonché la condizione economica del nucleo familiare assegnatario misurata in base all'indicatore di situazione equivalente ISEE".
Tuttavia, la modifica non è ancora effettiva, non essendo ancora stato adottato il regolamento regionale che dovrebbe disciplinare le modalità di calcolo, i requisiti per la determinazione del canone, la progressività del canone di locazione al variare della condizione economica del nucleo familiare assegnatario, nonché il canone minimo di riferimento da applicarsi per i nuclei familiari in condizioni di indigenza.
Case di San Gregorio, al via gli sgomberi
Per quanti poi sono allocati negli alloggi d'edilizia popolare la situazione non è migliore.
E' il caso degli inquilini del complesso di edilizia pubblica residenziale di San Gregorio, avvisati con una mail dell'avvio degli sgomberi il prossimo 9 ottobre.
La questione non è nuova.
Circa due anni fa, una ventina di famiglie avevano presentato ricorso avverso l'ordinanza di sgombero firmata dal Comune dell'Aquila che aveva riscontrato criticità a seguito dei controlli d'agibilità eseguiti su alcune palazzine del quartiere dopo il terremoto del 30 ottobre 2016. L'amministrazione aveva disposto l'evacuazione di alcuni edifici in attesa dell'attuazione del masterplan di riqualificazione del comparto immmobiliare approvato in Giunta. Lo sgombero fu tuttavia sospeso in seguito all'impugnazione dell'ordinanza da parte dei residenti. Tuttavia, il Tar non ha concesso la sospensiva del provvedimento assunto dall'Ente, decisione ribadita dal Consiglio di Stato.
L'amministrazione Biondi dunque, sulla base di una ulteriore valutazione d'inagibilità degli alloggi, ha confermato la proposta di trasferimento delle famiglie in un alloggio del progetto Case, scontrandosi con i residenti che contestano la perizia. I danni emersi, sostengono, non sono riconducibili alle ultime scosse bensì al sisma del 2009. Inoltre, il rischio di caduta delle pannellature sulle vie interne, emerso dalle verifiche condotte dall'ente, è venuto meno. I residenti hanno infatti eseguito i lavori di recupero statico facendosi carico delle spese.
L'indirizzo politico, tuttavia, è di realizzare gli interventi previsti dal masterplan da 16 milioni approvato per la riqualificazione dell'area, e dunque sono state avviate le procedure di sgombero. "Stiamo organizzando forme di protesta legale e fisica - ha anticipato Perrotti - vogliamo evitare ulteriori disagi e stress psicologici agli affittuari".