Sabato, 20 Ottobre 2018 16:11

Bussi, la sentenza della Cassazione. Gerardis: "Si pretenda la bonifica"

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"La lettura delle motivazioni della sentenza della Cassazione sul disastro di Bussi e sull'avvelenamento dell'acqua sono un ulteriore sprone per andare avanti verso la bonifica".

Così il Forum H2O che ha inteso sottolineare come il dispositivo, depositato ieri, "seppur con l'amaro in bocca per l'avvenuta prescrizione e per una legislazione che dovrebbe essere più stringente sulle questioni ambientali, conferma in gran parte l'impianto originale dato agli inquirenti nel 2007".

Una sentenza che, a parte il calcolo dei termini per la prescrizione e alcune assoluzioni con formula piena, ribadisce la ricostruzione della Corte di Appello relativa alla gravissima situazione sul campo per il disastro ambientale e per l'acqua. "Avevamo detto di aspettare le motivazioni della Cassazione ai fini di un eventuale procedimento civile. Ci sono anche passaggi molto interessanti sulle attività di bonifica e sulle azioni di rimedio che dovevano essere implementate da tempo; a nostro avviso, vanno approfonditi e valorizzati nelle diverse sedi". 

In effetti, la sentenza ha dichiarato prescritti gli imputati dal reato di disastro colposo: stando alla Cassazione però, già all'epoca dei fatti - che si dichiarano prescritti nel 1997 e non nel 2002 come da sentenza della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila - c'erano leggi che vietavano le condotte degli imputati. La sentenza riconosce anche l'avvelenamento delle acque di falda, e ribadisce "che la Corte d'Appello aveva correttamente sviluppato uno specifico percorso motivazionale, proprio in riferimento agli altissimi valori che erano stati accertati nella falda acquifera superficiale e profonda, sottostante l'area della Discarica Tremonti". Sul tema del pericolo della pubblica incolumità, la Cassazione aggiunge che i ricorsi degli imputati "non consentono di ravvisare la prova evidente" della innocenza degli imputati.

L'avvocato dello Stato Cristina Gerardis ha parlato di "sentenza storica", e per 4 motivi. "Il primo: ha detto che il reato di avvelenamento protegge dalle aggressioni dell’uomo anche le acque di falda, quelle sotterranee, non visibili agli occhi, ma essenziali per l’approvvigionamento idrico. Il secondo: ha confermato che, in quella zona dell’Abruzzo, società della Montedison, per mezzo secolo, hanno causato un disastro ambientale definito come un 'accadimento macroscopico, dirompente e caratterizzato per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all’incolumità di un numero non individuabile di persone'. Lo hanno fatto esercitando l’industria, con il solito inaccettabile scambio tra lavoro e salute, tra denaro e ambiente. Il terzo: ha definitivamente affermato che il disastro ambientale e l’avvelenamento delle acque possono essere commessi anche 'non facendo', minimizzando la gravità della situazione, falsando i dati per tranquillizzare la gente, dando indicazioni di 'non spaventare chi non sa'. Il quarto: ha accolto nella sede più alta di un processo la mia tesi, che anche negli anni ‘60 e ‘70, in Italia, 'l’ordinamento conteneva norme volte a tutelare le acque dall’inquinamento e le stesse matrici ambientali'".

Gli imputati possono trincerarsi dietro la prescrizione, "ma l’Abruzzo - ha sottolineato Gerardis - ora può contare su uno strumento efficacissimo per pretendere da chi ha inquinato la bonifica di quell’area, con vantaggi che tutti possono immaginare per la salute e il benessere del territorio e di chi lo vive".

Ultima modifica il Domenica, 21 Ottobre 2018 17:56

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