Lo scorso 7 novembre il Senato, a larga maggioranza, ha dato il via libera al DL 113/2018, meglio noto con il nome di decreto Sicurezza. Il testo, che dopo l'approvazione del maxiemendamento voluto dal governo introduce norme ancora più restrittive in tema di diritto di asilo, accoglienza e diritto di cittadinanza, approderà alla Camera il prossimo 22 novembre.
Contro il provvedimento si moltiplicano le iniziative di mobilitazione della società civile, del terzo settore, enti ed associazioni impegnati da anni nell'accoglienza e nell'integrazione dello straniero e gli appelli all'incostituzionalità. Oltre 400 realtà nazionali e locali si ritroveranno oggi in piazza a Roma sotto lo slogan «Uniti e solidali contro il governo e il razzismo del decreto Salvini».
Alcuni Comuni, inoltre, hanno aderito all'appello lanciato da ActionAid per bloccare in via transitoria gli effetti del Decreto in attesa della sua definitiva conversione in legge. All'Aquila, l'ordine del giorno elaborato dall'Anci - su iniziativa della ong - verrà discusso nella seduta del Consiglio comunale che si terrà il prossimo 12 novembre.
Oltre a peggiorare in modo significativo le condizioni di vita dei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, il decreto produrrà pesanti conseguenze proprio sugli enti locali e sui territori, in termini economici oltre che di impatto sociale. Il dl cambierà infatti in modo sostanziale la normativa che disciplina i centri di accoglienza in Italia, a partire dallo Sprar - il sistema pubblico di accoglienza secondaria controllato dai Comuni - che sarà depotenziato e limitato a chi è già titolare di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati.
In altre parole, i richiedenti asilo in attesa dell'ottenimento dello status di rifugiati (un periodo di tempo che può variare da alcuni mesi ad anni) e attualmente inseriti nei percorsi di inclusione sociale garantiti dalla rete d'accoglienza Sprar, rimarrebbero confinati nei Cas, i centri governativi a gestione privata che rispondono ad una logica emergenziale. Risultati? Verrebbe meno un'accoglienza adeguata e concertata con gli enti locali. Ciò comporterebbe grandi concentrazioni di migranti nei centri governativi che, non garantendo percorsi di integrazione, favoriscono la ghettizzazione e aumentano l'impatto sulle comunità.
Inoltre, l'applicazione nell'ambito degli Sprar del principio della rendicontazione non ammette margini di guadagno per gli enti che gestiscono il servizio. Depotenziare il sistema pubblico di accoglienza a favore di quello a gestione privata comporterebbe quindi un aggravio della spesa pubblica nonché un maggior rischio di infiltrazioni da parte di organizzazioni criminali che già da tempo hanno messo le mani sul business della gestione dei grandi centri governativi.
Non solo. Il nuovo schema di capitolato per la gestione dei centri di accoglienza presentato dal Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, prevede pesanti tagli ai servizi alla persona. Parliamo di tutte le prestazioni a sostegno dell'integrazione e della vulnerabilità, i servizi di assistenza sanitaria e di controllo e presidio della struttura, attualmente garantiti dai privati che gestiscono i Cas attraverso l'impiego di figure professionali specializzate.
Secondo un'analisi condotta da In Migrazione, i tagli su queste voci di spesa produrranno la perdita di 18.000 posti di lavoro. Ancora più pesanti saranno poi le conseguenze sugli enti locali: se finora il ministero ha erogato 35 euro giornalieri per l'accoglienza dei richidenti asilo, con il nuovo capitolato il contributo è previsto per un importo massimo pari a 26 euro pro/die pro/capite. Tutti i costi di gestione, sicurezza e servizi sociali per le persone accolte saranno quindi a carico degli enti locali. Inoltre, non essendo più garantiti i servizi per l'integrazione, i gestori privati che lavorano su piccoli centri e non intendono rinunciare alla qualità dei servizi alla persona erogati, potrebbero decidere di chiudere. Con il rischio, concreto, che in futuro i Cas potranno garantire una disponibilità di posti inferiore rispetto al fabbisogno.
Per quale motivo il governo ha deciso allora di riformare, oltretutto con una decretazione di urgenza, il sistema secondario di accoglienza degli Sprar (un modello virtuoso, trasparente e sostenibile) a favore dei Cas? Può un Consiglio dei Ministri approvare misure - come il taglio dei "famosi" 35 euro - che espongono gli enti locali a gravi pregiudizi economici e dall'enorme impatto sociale sui territori solo per motivi propagandistici? Evidentemente sì.
A dimostrarlo è il rapporto “Centri d’Italia. Bandi, gestori e costi dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati”, realizzato da Openpolis e ActionAid.
Lo studio muove dall'esigenza di riportare il dibattito pubblico e le politiche di accoglienza e integrazione sul piano di "un’analisi puntuale dell’esistente"; dibattito, oggi, caratterizzato dall'assenza di dati aggregati basati su fonti ufficiali e immediatamente consultabili relativamente al sistema di accoglienza straordinario per richiedenti e rifugiati, alle procedure di assegnazione dei bandi di gestione sul territorio nazionale e ai preventivi di spesa rispetto ai servizi richiesti.
La trasparenza dei dati, sostiene il rapporto, è condizione imprescindibile per distinguere "le buone dalle cattive pratiche dell’accoglienza", e per contrastare gli slogan propagandistici su cui si basa il dibattito sulla materia. "In questi anni - si legge - la mancanza di strumenti di analisi del sistema nel suo complesso ha permesso che temi come quello del “business dell'accoglienza" potessero svilupparsi nella loro ambiguità gettando un'ombra di sospetto sull'intero settore. Grazie a questa ambiguità è il concetto stesso di accoglienza che viene screditato, senza distinzioni".
"In Italia tra il 2012 e il 2017 sono stati oltre 10mila i contratti pubblici attraverso cui è stato finanziato il sistema di accoglienza. I dati su questi contratti contengono informazioni importanti su chi li ha messi a bando, chi se li è aggiudicati, le modalità tramite cui è avvenuta l’aggiudicazione. Sono tutte informazioni formalmente pubbliche, ma non di facile accesso, che fino a questo momento potevano soltanto essere valutate singolarmente, senza un quadro analitico complessivo". Eppure, i Centri di accoglienza straordinaria nel 2017 hanno rappresentato (come negli anni precedenti) il modello prevalente, ospitando l’80,8% delle presenze rispetto al totale dell’accoglienza.
Per ottenere i dati completi, openpolis e ActionAid hanno fatto ricorso a "una procedura di accesso generalizzato agli atti (il cosiddetto Foia), ma il quadro emerso dal punto di vista amministrativo e informativo rimane problematico, a causa della diversa disponibilità delle Prefetture, della disomogeneità e incompletezza dei dati forniti".
La metodologia alla base dello studio, è molto complessa e frutto di un lavoro durato circa due anni. Nel complesso, ad emergere è la "scarsa trasparenza del sistema di accoglienza straordinario per richiedenti asilo e rifugiati, mancata coerenza nelle procedure di assegnazione dei bandi di gestione sul territorio nazionale, disomogeneità delle stime e delle voci di spesa, difficoltà di accesso ai dati".
Il decreto sicurezza, che la Camera si appresta a votare, è stato redatto "senza che si sia proceduto, con una qualche evidenza pubblica, a un’analisi della realtà su cui basare le nuove politiche, senza mettere sul tavolo dati di fatto".
"Abbiamo a che fare - evidenzia infine il rapporto - con un paradosso perfetto. Un mondo così complesso, articolato, differenziato e così rilevante che viene continuamente commentato e dibattuto in una pressoché totale assenza di informazioni verificabili".