C’è forse ancora una speranza per salvare il Centro sperimentale di cinematografia dell’Aquila, una delle quattro sedi distaccate (le altre si trovano a Milano, Torino e Palermo) della Scuola nazionale di cinema di Roma, la prima, più antica (è nata nel 1935) e più prestigiosa scuola di formazione cinematografica italiana.
Il Csc, pochi giorni fa, aveva annunciato la propria chiusura per il mancato rinnovo della convenzione con cui la Regione Abruzzo si impegnava a trasferire all’ente, ogni anno, circa 300mila euro, ovvero più della metà di un budget composto, per la restante parte, da un contributo erogato dal Comune dell’Aquila (25mila euro) e da fondi propri (200mila). Attivato nel 2011 e scaduto nel 2016, l’accordo non era più stato rinnovato.
La salvezza potrebbe arrivare sempre dalla Regione.
Il presidente vicario Giovanni Lolli si è impegnato con il direttore del Csc Marcello Foti a trovare, nelle more del bilancio di previsione che sarà approvato il 27 dicembre, 250mila euro per garantire al Centro almeno un altro anno di attività e consentirgli di contrattare, con il nuovo governo regionale che si insedierà dopo il 10 febbraio, una nuova convenzione pluriennale.
La copertura dovrebbe arrivare dal plafond di 2 milioni di euro previsto dal bilancio per il rifinanziamento di tutto il comparto regionale della cultura, a cominciare dagli enti assegnatari del Fus (Fondo unico per lo spettacolo), che avranno la precedenza.
Un’operazione non facile, sia per il fattore tempo, sia perché le risorse sono contate e vanno distribuite tra una platea molto ampia di soggetti sia, infine, perché si porrebbe ai limiti delle funzioni e delle competenze che giunta e consiglio possono esercitare in questo momento (in regime di prorogatio si possono approvare, com'è noto, solo atti urgenti e indifferibili).
Inoltre non bisogna sottovalutare le trappole e le imboscate che solitamente si nascondono nel bilancio di previsione, la cui è approvazione è un momento in cui ogni consigliere vuole portare a casa risultati da poter sbandierare poi di fronte al proprio elettorato.
Lolli, comunque, ci ha messo la faccia, e con lui anche il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci, presente alla conferenza stampa con cui Marcello Foti ha voluto spiegare le ragioni che hanno portato il consiglio di amministrazione del Centro sperimentale a decretare, con una delibera che porta la data del 27 novembre, la chiusura della sede aquilana. Oltre a Pietrucci, alla conferenza stampa ha partecipato, senza però prendere la parola, anche l'assessore comunale al Sociale Francesco Bignotti.
“Quella di chiudere è una decisione sofferta ma necessaria, non potevamo fare altrimenti” ha detto Foti “Abbiamo provato in tutti i modi a tenere in piedi il Centro anche dopo la scadenza naturale della convenzione. Lo abbiamo fatto con risorse nostre, sostenuti dal Mibac, dirottando su questa sede soldi da Roma, cosa che, per statuto, non potremmo nemmeno fare. Naturalmente, non lasceremo a piedi nessuno. Gli studenti del secondo e terzo anno potranno completare il loro percorso formativo a Roma o in una delle altre sedi distaccate, a loro scelta, mentre i dipendenti della sede, che in questi anni sono stati veramente straordinari, andranno a lavorare a Roma. Ho incontrato Lolli e Pietrucci, c’è questa piccola luce del 27. Speriamo. Se la cosa non dovesse andare in porto, il 2 gennaio inizieremo il trasloco”.
Durante la conferenza stampa, Foti non ha rinunciato a togliersi, seppur con un certo understatement, qualche sassolino dalle scarpe, uno dei quali ha a che fare con un progetto presentato dal Csc nel 2016 (quando era ormai chiaro che la convenzione non sarebbe stata rinnovata) per avere una quota dei fondi del 4% destinati all’alta formazione.
Progetto che, a quanto pare, si sarebbe perso nei cassetti di qualche ufficio e che non sarebbe mai arrivato sul tavolo di Giampiero Marchesi, l’ex capo della Struttura di missione, l’unità che aveva e ha, tra i propri compiti, anche quello di valutare le domande trasmesse e preventivamente vagliate dalla cabina di regia sull’uso dei fondi Cipe del 4%.
Perché quel progetto, che avrebbe dato al Centro un po’ di ossigeno, non è mai stato valutato? Si è trattato di un semplice errore nell’invio di documenti da un ufficio all’altro o qualche manina lo ha fatto sparire?
“Avevamo tutti i requisiti per accedere a quel finanziamento eppure la nostra domanda non è stata nemmeno esaminata” ha detto Foti “Non crediamo ci sia stato dolo. Certo è che qualcuno potrebbe aver fatto ostruzionismo, affinché la fetta di quella torta destinata al Centro andasse a qualcun altro”.
Interpellato da NewsTown, Lolli ha affermato che verificherà, con gli uffici della Regione (che tra l'altro deve ancora versare al Csc 300mila euro della convenzione scaduta), che fine abbia fatto il progetto: “Le domande per accedere ai fondi del 4% devono seguire un iter specifico e passare per una filiera molto rigida. Proveremo a far luce su quello che può essere successo. Vorrei precisare, tuttavia, che quei soldi non avrebbero potuto essere utilizzati per pagare le spese correnti ma sarebbero stati vincolati a finanziare il progetto presentato. Detto questo, farò quanto in mio potere, nei limiti che in questo momento la legge mi impone, per salvare il Centro”.
Al di là del giallo dei fondi Cipe, Foti ha parlato di un disinteresse ostentato dalla Regione nei confronti del Csc ancora prima che la convenzione finisse: “Crediamo di aver dimostrato di essere una realtà culturale e didattica di eccellenza, che ha rappresentato anche un punto di ripartenza per una città che voleva ricominciare dopo il terremoto. Invece siamo stati trattati come degli usurpatori, dei colonizzatori. Abbiamo assistito a uno scontro politico che si è consumato a nostro danno, messo su da chi non ci ha voluto sostenere solo perché il Centro è nato quando al governo c’era un esponente di un’altra coalizione. Anche nelle altre regioni in cui abbiamo una sede distaccata abbiamo avuto riduzioni di budget ma la nostra presenza non è mai stata messa in discussione”.
Foti non ha fatto nomi ma non è difficile leggere tra le righe delle sue affermazioni i nomi dell’ex presidente Luciano D’Alfonso e del dirigente del dipartimento Cultura della Regione Abruzzo Giancarlo Zappacosta.
Foti - che invece ha ringraziato il Comune per aver confermato, anche per quest’anno, il contributo di 25mila euro, e Pietrucci per "essere stato l'unico che che ci ha ascoltato in questi due mesi" - ha respinto anche l’accusa che in questi anni si è sentita muovere spesso nei confronti del Csc, quella, cioè, di essere una realtà elitaria, staccata, isolata dal resto della città, e ha ricordato tutti i lavori prodotti dagli studenti (il Centro è specializzato nel reportage audiovisivo) che hanno riguardato L’Aquila e il suo territorio. Uno di loro, Paolo Santamaria, è stato chiamato, di recente, dal Mibac a dirigere alcuni spot televisivi per la promozione della campagna “L’arte ti somiglia”.
“Chiedo scusa per quanto successo, sebbene non abbia responsabilità dirette e personali” ha affermato Pietrucci “Probabilmente all’interno della Regione ha prevalso qualche idiosincrasia personale, a livello sia di struttura amministrativa che della giunta. La chiusura del Centro sperimentale, che è un tesoro per questa città, sarebbe una follia, specie dopo le tante battaglie fatte per avere la legge sull’Abruzzo Film Commission”.
Non resta, a questo punto, che aspettare la fine dell’anno per vedere se alle dichiarazioni pubbliche seguiranno i fatti.
Nel mentre, non possiamo non osservare l’assordante silenzio delle altre istituzioni culturali aquilane e di quasi tutto il mondo politico - sia dei rappresentanti locali che di quelli che siedono in parlamento - su questa vicenda. Nessuno di loro ha speso una parola per dimostrare solidarietà e vicinanza a un'eccellenza che rischia di scomparire.