Per risolvere la questione acquifera del Gran Sasso, Strada dei Parchi ha proposto diverse opzioni e, tra le altre, "con la preferenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti", la realizzazione di una nuova galleria "dedicata alle opere acquedottistiche". Insomma, 17 anni dopo si torna a parlare di una "terza canna" avversata da una fortissima mobilitazione che, all'epoca, coinvolse cittadini, associazioni ed istituzioni locali.
La proposta della società concessionaria delle autostrade A24 e A25, già nel'occhio del ciclone per i costi del pedaggio e il rischio di nuovi aumenti che sfiorebbero il 19% non si dovesse addivenire ad un accordo col Piano economico finanziario, oltre che per la delicatissima questione legata alla sicurezza dei viadotti, emerge dal verbale, svelato dall'Ansa, della riunione svoltasi presso Regione Abruzzo il 21 dicembre scorso.
Si è detto contrario, però, il presidente vicario Giovanni Lolli e così il Forum H2O.
Nell'estate del 2016 si è verificata nei laboratori una dispersione di diclorometano, un solvente utilizzato per molti processi chimici, e da questa vicenda è partita l'inchiesta della Procura di Teramo che a settembre scorso, dopo un anno di indagini, ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di 10 persone tra i vertici dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, di Strada dei Parchi e Ruzzo reti.
La riunione era convocata per discutere una bozza di delibera proposta dalla Regione in cui si elencavano dettagliatamente gli interventi necessari per la messa in sicurezza dell'acquifero.
Ebbene, in quella occasione Strada dei Parchi Spa ha presentato diverse opzioni d'intervento sostenendo quella che prevede lo scavo di un terzo traforo; innanzi al diniego di Lolli, l'ingegner Mongiardini ha comunque tenuto a ribadire la posizione della società e del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, chiedendo di evidenziarlo nella Delibera.
L'opzione messa in campo dalla Regione, invece, non prevede ulteriori scavi ma il rifacimento della rete esistente; per la messa in sicurezza dell'acquifero servirebbero un totale di 172 milioni di euro, così suddivisi: 14,6 per lavori nei laboratori di fisica nucleare; 104,3 per gli interventi nelle gallerie autostradali esistenti e 53 per il sistema acquedottistico. Si tratta di interventi di impermeabilizzazione delle pareti e dei pavimenti, ammodernamento dei drenaggi e degli scarichi, nuove condotte e potabilizzatori. Tra l'altro, nella bozza di delibera la Regione Abruzzo assegnerebbe tre mesi all'Infn per presentare un progetto di allontanamento delle 1.292 tonnellate di trimetilbenzene dell'esperimento borexino e delle 1.000 tonnellate di acquaragia dell'esperimento i LVD, operazioni che dovrebbero concludersi entro il 31 dicembre di quest'anno. Il rappresentante dell'INFN ha chiesto di spostare questa scadenza di un anno, al 31 dicembre 2020.
"Siamo letteralmente allibiti per la pervicace volontà di riproporre un progetto errato e dannoso in quello che è uno dei più importanti acquiferi europei, già fortemente impattato dallo scavo dei tunnel autostradali e delle tre sale dei laboratori di fisica 40 anni or sono. E' un bellissimo parco nazionale, basta ferire la montagna che da l'acqua agli abruzzesi", ha commentato Augusto De Sanctis del Forum H2O. "Il Mit deve subito chiarire se la posizione è veramente quella rappresentata al tavolo da Strada dei Parchi e, nel caso, chi sia l'autore di questa improvvida decisione. In tal caso, ci aspettiamo l'immediata sconfessione di queste proposte irricevibili che, tra l'altro, hanno un costo nettamente superiore, ben 203 milioni di euro solo per una nuova galleria di ben 7 km e del diametro di 11 metri contro i 104 milioni degli interventi sui tunnel esistenti; bene ha fatto la Regione a sostenere la tutela del massiccio" ha aggiunto De Sanctis. "Ci metteremo di traverso anche all'ipotesi avanzata dell'INFN di rimandare di ben 2 anni, al 2020, l'allontanamento delle migliaia di tonnellate di sostanze pericolose, stoccate, lo voglio ricordare, in maniera del tutto illegittima ed irregolare rispetto alle norme poste a tutela delle captazioni idro-potabili. A nostro avviso evidenzia per l'ennesima volta la refrattarietà dei vertici dell'INFN di confrontarsi intanto con le leggi dello Stato e poi con i problemi reali dei cittadini nonostante pesanti accuse mosse nuovamente dalla Procura di Teramo, dopo il sequestro dei laboratori avvenuto nel 2003 proprio per Borexino. Due sequestri penali non bastano? La scienza non può essere contro i cittadini del territorio che ospita i ricercatori e che bevono quell'acqua; deve operare a loro favore".