Giovedì, 07 Marzo 2019 17:53

Otto marzo: anche all'Aquila lo sciopero globale delle donne. Dal Comune arriva il sì alla realizzazione della Casa rifugio in emergenza

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Le donne tornano a mobilitarsi.

A L'Aquila, per il terzo anno consecutivo, la rete Non Una di Meno rilancia lo sciopero globale femminista con iniziative di protesta e sensibilizzazione che, dopo una serie di appuntamenti d'avvicinamento alla data dell'otto marzo che hanno visto il coinvolgimento di scuole, associazioni culturali e Università, culmineranno oggi con il corteo che muoverà i primi passi alle 16.30 dalla Fontana Luminosa in direzione Piazza Palazzo dove, dopo una perfomance teatrale, si terrà un'assemblea pubblica aperta.

"Venerdì otto marzo sciopereremo e scenderemo in strada contro gli attacchi sempre più violenti ai nostri corpi e alle nostre vite", si legge nella nota diffusa dagli organizzatori. Uno sciopero per dire no "al disegno di legge Pillon e allo svuotamento progressivo e velocissimo della legge per il diritto all’aborto. Diremo no allo sfruttamento, alla violenza, alle minacce, ai ricatti e alle discriminazioni che subiamo da sempre nel mondo del lavoro e a chi ci vuole solo madri, rendendo incompatibile la vita professionale con la maternità".  

A promuovere il corteo, che sarà preceduto da un sit in alle 15.30 alla rotatoria dello stadio Fattori, più di quindici associazioni e collettivi: Collettivo Fuori Genere, 3e32/Casematte, Link Studenti Indipendenti L'Aquila, UDS L'Aquila, Rete della conoscenza L'Aquila, UDU L'Aquila, Casa delle donne L'Aquila, Caffè Letterario, GreenPeace gruppo locale L'Aquila, Ass. Arti e spettacolo, Murgasasò Teramo, UDU Teramo, Ass. Presenza Femminista - Avezzano, Centro Antiviolenza e Casa delle Donne Marsica,Collettivo Studentesco Sulmona, AltreMenti Valle Peligna, Associazione Ubuntu Onlus - Sulmona.  

Tutte realtà territoriali che da anni mettono in pratica politiche partecipative autonome e che si impegnano per affermare o sostenere l'autodeterminazione delle donne contro la violenza maschile. Una piazza autoconvocata, senza simboli di partito o sigle sindacali, che quest'anno, per la prima volta, vedrà la partecipazione di realtà non solo aquilane ma anche di Teramo Sulmona e Avezzano. "Nelle aree interne - spiega Silvia Pozone del collettivo Fuori Genere (rete Non Una Di Meno L'Aquila) - le grandi mobilitazioni, non solo femministe, non hanno molto spazio. Ciò non significa che non siano caratterizzate da grande fermento politico. Attraverso percorsi politici indipendenti abbiamo intercettato e coinvolto nel percorso organizzativo della giornata dell'otto marzo, molti collettivi e associazioni attivi ad Avezzano a Sulmona e anche a Teramo, dove alla Casa del Popolo, si è tenuta una delle assemblee in vista dello sciopero e del corteo aquilano".

Oggi il movimento femminista torna in piazza per il diritto al lavoro, per un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale; per rivendicare una corretta applicazione della 194 e per denunciare la discriminazione salariale e la violenza di genere come fenomeno strutturale, che affonda le radici in rapporti di potere squilibrati e in pericolosi modelli di genere polarizzati e stereotipati.

Al lungo elenco delle ragioni che spingono le donne a incrociare le braccia, si aggiungono le iniziative a favore di modelli culturali regressivi promossi dalla politica e dalla narrazione leghista del ritorno ai valori tradizionali di razza patria e famiglia. Prima fra tutte il ddl Pillon che intende introdurre modifiche in materia diritto di famiglia, e, in particolare, riformare le leggi su separazione, divorzio e affido condiviso dei minori. Organizzazioni femministe, professionisti del diritto e psichiatri hanno ampiamente criticato il disegno di legge proprio in questi giorni all'esame delle Camere. Il testo prevede: la mediazione familiare obbligatoria in tutti i processi di separazione e divorzio di coppie con figli minori (anche le donne vittime di violenza domestica saranno obbligate a seguire un percorso di mediazione familiare prima che il caso arrivi in Tribunale); modifiche in tema di affido condiviso e la previsione del piano genitoriale; l'obbligatorietà al ricorso al concetto di "alienazione parentale" che già trova applicazione nei tribunali italiani. Durante le cause di separazione conflittuale e di affidamento dei figli, questo principio viene preso in considerazione come una vera e propria "sindrome", nonostante la mancanza di prove scientifiche a supporto.

La rete nazionale Non Una di Meno ha evidenziato la convergenza che lega le forme di violenza contro le donne ad altre forme di dominio, come il razzismo, il nazionalismo, lo sfruttamento nel mondo del lavoro. "Scioperiamo in tutto il mondo contro l’ascesa delle destre reazionarie che stringono un patto patriarcale e razzista con il neoliberalismo -si legge sul comunicato di lancio dello sciopero globale femminista- Chiamiamo chiunque rifiuti quest’alleanza a scioperare con noi l’8 marzo. Dal Brasile all’Ungheria, dall’Italia alla Polonia, le politiche contro donne, lesbiche, trans*, la difesa della famiglia e dell’ordine patriarcale, gli attacchi alla libertà di abortire vanno di pari passo con la guerra aperta contro persone migranti e rom. Patriarcato e razzismo sono armi di uno sfruttamento senza precedenti. Padri e padroni, governi e chiese, vogliono tutti «rimetterci a posto». Noi però al “nostro” posto non ci vogliamo stare e per questo l’8 marzo scioperiamo".

La nostra città, purtroppo, non è immune da questa pericolosa regressione culturale. Ieri lo striscione che pubblicizzava il corteo dell'otto marzo a L'Aquila è stato strappato e rimosso. A denunciare l'episodio, il collettivo Fuori Genere. "Lo striscione non c’è più -si legge su un post sulla pagina facebook del collettivo femminista- a qualcuno ha dato così tanto fastidio da scegliere di perdere una serata a strapparlo. Prendiamo atto dell’esistenza di qualcuno a cui facciamo molta paura, come dargli torto? Il nostro movimento cresce anno dopo anno -prosegue il post- Siamo state le prime a riprenderci le strade e le piazze e le abbiamo riempite. Ci siamo dimostrate capaci di dialogare e confrontarci così tanto che la nostra capacità aggregativa è di una potenza incredibile. Abbiamo stretto legami con attiviste di tutto il mondo e la battaglia di ognuna è la battaglia di tutte. Avete ragione ad avere paura, noi non ci fermeremo mai. Ci vediamo alle 15:30 alla rotatoria dello stadio: tante, belle, allegre e senza paura".

La lotta portata avanti dalle associazioni di donne, d'altra parte, ha già prodotto un significativo risultato in città. Si è finalmente sbloccata l'impasse in cui versava il progetto  il progetto di realizzazione di una casa rifugio in emergenza per le donne che subiscono violenza maschile. Ad oggi, la Casa Rifugio più vicina alla città dell'Aquila, è a Sulmona, la Casa delle Donne La Libellula. La struttura, che deve far fronte già all'utenza proveniente dal territorio peligno, spesso non riesce ad ospitare donne delle zone limitrofe. Da tempo l’Associazione Donatella Tellini Onlus-Centro Antiviolenza per le Donne L'Aquila, si batte per la realizzazione, nel capoluogo, di una Casa Rifugio, una struttura dedicata, a indirizzo segreto, che garantisca da un lato ospitalità temporanea alle donne che subiscono violenza e ai loro bambini, e, dall'altro, offra consulenza legale, psicologica e di orientamento al lavoro con l'obiettivo ultimo di ricostruire un percorso stabile e duraturo di uscita dal contesto di violenza.

"Sono stata contattata dal Comune dell'Aquila, in particolare dall'assessorato alle politiche sociali competente in materia, e nel corso di un incontro che si è svolto lo scorso 20 febbraio a cui ha preso parte le donne dell'Associazione Donatella Tellini e l'assessore Bignotti, ci è stato comunicato che L'Aquila, finalmente, avrà la Casa Rifugio in emergenza" ha dichiarato la presidente del Centro Antiviolenza Donatella Tellini Simona Giannageli che all'inizio di febbraio, con una lettera aperta indirizzata all'assessore Bignotti, all'assessora Petrella e al sindaco Biondi, aveva sollecitato un incontro "per discutere concretamente del progetto di realizzazione di una casa rifugio in emergenza per le donne che subiscono violenza maschile".  

"Il Comune -ha spiegato Giannageli- non solo ha dato ampia disponibilità ma ha anche individuato l'immobile dove sarà realizzata la Casa Rifugio in emergenza. Sono inoltre stati portati a termine i primi adempimenti burocratici necessari perchè la cosa diventi concreta. I dettagli, come ad esempio le modalità di assegnazione dell'immobile individuato, sono in via di definizione ma le cose, finalmente, si sono mosse".

 

La nota completa degli organizzatori del corteo a L'Aquila

Venerdì otto marzo sciopereremo e scenderemo in strada contro gli attacchi sempre più violenti ai nostri corpi e alle nostre vite.

Diremo un no forte e chiaro a Pillon e a tutta la lobby cattolica e misogina di cui sono espressione lui e il suo disegno di legge. Non accetteremo una legge che ostacola il divorzio, che sottovaluta, quasi fino a negarla, l’esistenza di un fenomeno che è, ormai, quasi una piaga: la violenza domestica. Non accetteremo che possa essere istituzionalizzata una fantomatica sindrome, la PAS (sindrome di alienazione parentale), non riconosciuta a livello scientifico e che mira a dipingere le donne come streghe manipolatrici. Non accetteremo mai che questa guerra contro noi faccia come prime vittime le bambine e i bambini, che con questo disegno di legge passerebbero ad essere da soggetti di diritto ad oggetti. Non accetteremo mai un disegno di legge che mistifica la realtà sociale ed economica in cui viviamo.

Diremo un no forte e chiaro allo svuotamento progressivo e velocissimo della legge per il diritto all’aborto, la 194, inapplicata sulla maggior parte del territorio nazionale a causa del ricorso massiccio all’obiezione di coscienza e alla complicità dei governi che da anni, nelle relazioni annuali, contro ogni evidenza, continuano ad affermare che il diritto è garantito.
 
Diremo un no forte e chiaro a chi ci vuole solo madri, rendendo incompatibile la vita professionale con la maternità: la legge che “permette” alle donne incinte di restare al lavoro fino al nono mese di gravidanza si muove esattamente in questo senso. Non cadremo nella trappola di chi ci vuole madri ma ci ostacola in tutti i modi privandoci dei servizi essenziali come i consultori e i punti nascita.
 
Diremo no allo sfruttamento, alla violenza, alle minacce, ai ricatti e alle discriminazioni che subiamo da sempre nel mondo del lavoro.

Diremo no a chi ci usa per giustificare misure razziste e securitarie e poi lavora per toglierci l’autonomia, nega la violenza, agisce per realizzare il disegno di una società basata sul nucleo fondamentale e indissolubile della famiglia tradizionale, riportandoci ad un mondo fatto solo di due sessi, ordinati in maniera gerarchica, negando e criminalizzando tutte differenze di cui, invece e per fortuna, il mondo è stracolmo. Non accetteremo più che i luoghi della formazione diventino veicolo di stereotipi  e discriminazioni di genere, proponendo didattiche machiste e sessiste.
 
Diremo quello che invece vogliamo: consapevolezza, diritti, servizi, autonomia, lotta alla violenza, libertà per gli spazi sociali, cultura, educazione alle differenze, educazione sessuale e all’affettività all’interno delle scuole, fondi e mezzi per i centri antiviolenza, una politica per l’accoglienza contro lo sfruttamento dei più deboli, dei poveri e della terra.

Vogliamo un mondo diverso e più giusto.

Ultima modifica il Venerdì, 08 Marzo 2019 15:16

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