Giovedì, 14 Marzo 2019 15:46

Femminicidio Sterlecchini: Troilo condannato in Appello a trent'anni

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I giudici della Corte d'Appello dell'Aquila hanno confermato la condanna a trenta anni a carico del 35enne pescarese Davide Troilo, che lo scorso 2 dicembre ha ucciso con 17 coltellate la ex fidanzata, Jennifer Sterlecchini, 26 anni, mentre usciva dall'appartamento che avevano condiviso in via Acquatorbida, a Pescara.

Nel genaio 2018, a Troilo fu inflitta in primo grado la pena massima prevista nei casi di rito abbreviato per l'accusa di omicidio volontario pluriaggravato da futili motivi. La difesa, oggi, puntava al dimezzamento della pena con la caduta dell'aggravante per futili motivi e l'ottenimento delle attenuanti generiche.

All'esterno dell'aula della Corte d'appello dell'Aquila, i familiari di Jennifer insieme a una trentina di amici ed esponenti di associazioni e comitati contro la violenza di genere hanno inscenato un sit-in per chiedere l'eliminazione, nei casi di crimini efferati, della diminuizione di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato. Un escamotage cui frequentemente si ricorre nei casi di femminicidio. "Un anno e mezzo fa abbiamo promosso una raccolta firme a sostegno della modifica del rito abbreviato che, oggi, è ammesso anche nei confronti di chi commette un crimine efferato. La proposta di legge, per la quale sono state raccolte 40.000 firme, è stata già depositata alla Camera e oggi siamo in attesa che venga calendarizzata in Senato per essere trasformata in legge -afferma Angelo Bertoglio, presidente dell'Avri, associazione Vittime riunute d'Italia- Non dobbiamo spegnere i riflettori, perché già nelle scorse due legislature la proposta è rimasta lettera morta".

"Se la modifica al rito abbreviato fosse stata approvata dalla scorsa legislatura -evidenzia Bertoglio- Troilo non sarebbe stato condannato a 30 anni ma all'ergastolo. Quando i giudici e gli avvocati della controparte accettano il giudizio con rito abbreviato per ridurre i tempi processuali, dimenticano che la pena massima prevista nei casi di rito abbreviato, quindi già ridotta di un terzo, viene spesso ulteriormente dimezzata in appello, con l'aggiunta di riduzioni, per esempio, per buona condotta. Gli assassini non scontano più di 4 o 5 anni. Chi uccide non dovrebbe godere di sconti".

Per questo, obiettivo del sit-in è anche quello di sostenere la campagna per la certezza della pena. "La raccolta firme contro il rito abbreviato in giro per l'Italia -precisa Bertoglio- è solo un punto di partenza. Contestualmente all'eliminazione della possibilità di avvalersi del rito abbreviato nei casi di crimini e reati violenti, chiediamo al governo l'azzeramento degli sconti di pena. Riteniamo che per chi ammazza non solo non debba esserci possibilità di accedere al rito abbreviato, ma anche che la pena scontata sia pari agli anni previsti dalla condanna, senza le riduzioni previste dagli sconti di pena o dalla buona condotta. Dalla prossima settimana quindi, noi dell'Avri insieme alla mamma di Jennifer, Fabiola Bacci, e molte altre associazioni inizieremo una seconda raccolta di firme per chiedere la certezza della pena".

"Siamo soddisfatte della sentenza ma la nostra battaglia non si ferma" commentano Elena Pesce e Adele Di Rocco, dell'associazione "Insieme per Jennifer". Anche loro sostengono la raccolta firme contro il rito abbreviato e la campagna per la certezza della pena, insieme a moltissimi movimenti, associazioni e comitati contro la violenza di genere. "Non dobbiamo spegnere i riflettori su questa vicenda -sottolineano le due attiviste- La modifica del rito abreviato è il primo passo per evitare che casi del genere si ripetano". Le due attiviste condannano inoltre l'impostazione della difesa di Troilo. "Per la difesa, evidentemente, è giusto uccidere una donna solo perché ha deciso di porre fine a una relazione -sottolineano- Se i futili motivi non rappresentano un'aggravante questo vuole forse dire che Jennifer meritava di essere uccisa?".

Fuori dall'aula del tribunale, anche le attiviste del collettivo femminista aquilano Fuori Genere. "Siamo soddisfatte per la conferma della condanna di primo grado. Ma dobbiamo tenere alta l'attenzione sui casi di femminicidio. Questo mese ci sono state due sentenze in cui l'aggravante per futili motivi è stata intepretata come 'giustificazione'. Così -evidenziano le attiviste- si torna al delitto d'onore". Il riferimento è alle due sentenze choc emesse dal tribunale di Genova e dalla Corte d'Appello di Bologna in due casi di femminicidio giudicati con rito abbreviato.

A Genova, l'omicida è stato condannato a 16 anni per aver ucciso con diverse coltellate la moglie dopo aver scoperto che non aveva mantenuto la promessa di lasciare l'amante. Nella motivazione della sentenza si legge che l'uomo ha colpito perché mosso "da un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento ha agito sotto la spinta di uno stato d'animo molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile". Le attenuanti, combinate con lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato con cui è stato celebrato il processo, hanno portato alla pena di 16 anni, rispetto ai 30 chiesti dal pubblico ministero.

A questa si aggiunge, come detto, la sentenza della Corte d'Appello di Bologna che ha condannato un uomo a 16 anni con l'attenuante della "tempesta emotiva" per aver strangolato a mani nude Olga Matei, con cui aveva una relazione. Nell'atto si legge che, sebbene la gelosia provata dall'imputato fosse un sentimento "certamente immotivato e inidoneo a inficiare la sua capacità di autodeterminazione", tuttavia essa determinò in lui, "a causa delle sue poco felici esperienze di vita" quella che il perito psichiatrico che lo analizzò definì una "soverchiante tempesta emotiva e passionale", che in effetti, "si manifestò subito dopo anche col teatrale tentativo di suicidio".

Ultima modifica il Giovedì, 14 Marzo 2019 18:30

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