Giovedì, 04 Aprile 2019 15:10

Tomaso Montanari all'Aquila: "In centro devono tornare i bambini a giocare"

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"Una città è viva solo se viene vissuta tutti i giorni, se c'è la gente che va a fare la spesa, se ci sono i bambini che giocano a pallone nelle piazze. Se non c'è tutto questo, non è una città".

A parlare è Tomaso Montanari, storico dell'arte e docente universitario, all'Aquila, ieri, per partecipare a una delle iniziative del presidio Fatti di memoria, tenutasi nell'aula magna del GSSI.

"La città delle pietre cambia faccia e migliora, anche se troppo lentamente" ha detto Montanari rispondendo a NewsTown prima di tenere il suo intervento "ma con un incredibile décalage rispetto alla città degli uomini. Credo che sia stato un errore non riportare nel centro storico le funzioni e i servizi e non procedere, nella ricostruzione, per settori, creando luoghi vivibili. E ora tutti questi errori si stanno pagando. C'è ancora tanto da fare per rendere L'Aquila di nuovo una città di persone e credo che valga ancora la pena combattere per questo. Io non mi stanco di venire qui, quella dell'Aquila è una partita che riguarda tutta l'Italia e che non si può perdere".

Lei e il professor Settis, nel 2013, portaste all'Aquila mille storici dell'arte e lanciaste un appello allo Stato affinché non abbandonasse la città. "Se l'Italia rinuncerà a salvare L'Aquila rinuncerà a se stessa" fu il vostro ammonimento. Guardando lo stato di avanzamento della ricostruzione, secondo lei lo Stato è rimasto o no, in questi anni, vicino all'Aquila?

Lo Stato non esiste più in questo Paese, è stato smontato, tutto è legato alle singole persone. Ci sono personalità che hanno fatto delle cose buone, penso per esempio Fabrizio Barca, la cui azione è stata positivia, ma poi per altre decisioni lo Stato si è dimostrato assente. E anche questo si paga. L'Aquila, da questo punto di vista, pur con le sue specificità, ha amplificato quella che è la normalità italiana: lo sfascio del Paese, che è diventato visibile a tutti, perché è chiaro che se una struttura sottoposta allo stress del terremoto cade e si sfarina, non è che stesse bene prima. Studiare L'Aquila e esserle vicini significa capire meglio l'Italia.

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Lei è stato critico nei confronti dell'intervento di recupero di Collemaggio finanziato dall'Eni. Perché?

Il restauro è stato fatto bene. Il problema è un altro. Il problema è l'Eni e il modo in cui in Italia funziona il mecenatismo. L'Eni è un pezzo importante dello Stato al centro di mille questioni complicate. In una democrazia i cittadini avrebbero diritto ad avere idee molto chiare su come l'Eni tenti di influenzare i governi nazionali. Penso, per esempio, alla politica che l'azienda ha attuato nel Delta del Niger, in Africa. Sono azioni che stridono con la retorica dell'Eni buona e benefattrice. L'Eni è una grande risorsa del Paese ma dovrebbe essere allineata al progetto della costituzione italiana, che prevede che l'attività imprenditoriale debba avere una utilità sociale e debba rispettare i diritti umani.

Il centro storico dell'Aquila è a rischio museificazione?

Camminando per il centro ho contato tanti cartelli "Vendesi". La risposta sta lì e anche in tante politiche dissennate, come l'idea di fare un parcheggio sotto la rampa di San Bernardino, buttando giù un meraviglioso pezzo di collina alberata che fa parte di un paesaggio storico. Ricordo ancora, poi, il progetto di fare un parcheggio e un centro commerciale sotto piazza Duomo. E' dura a morire l'idea che le città siano delle quinte, basta guardare a Venezia e Firenze. Il terremoto ha accelerato un processo di spopolamento che era già in atto ma è in quei momenti che si vede se c'è o non c'è un'idea di città. E' questo il problema. Che cos'è una città? I tanti modi diversi a cui si risponde a questa domanda possono guidare la ricostruzione. Io non credo che, da questo punto di vista, ci sia stata un'idea forte di città. Il centro storico dell'Aquila vive solo se è vissuto tutti i giorni, da chi ci fa la spesa, da chi cucina, dai ragazzi che giocano a pallone nelle piazze. Io abito in una piazza del centro di Firenze che è una delle poche a essersi salvata dalla turistificazione, la piazza del Carmine con la chiesa che contiene gli affreschi di Masaccio. Quando vedo i ragazzi giocare a pallone nella piazza, penso che la città abbia ancora una speranza.

Ultima modifica il Giovedì, 04 Aprile 2019 15:36

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