Alfredo Paolucci (25 anni); Antonio Evangelista (18 anni); Ermenegildo Di Vincenzo (38 anni); Domenico Paolucci (31 anni); Giuseppe Marzolo (29 anni); Mario Marzolo (24 anni); Osvaldo Paolucci (21 anni); Zaccaria Colaianni (38 anni); Gaudenzio Tarquini (19 anni); Renato De Felice (44 anni); Pio Pezzopane (17 anni); Igino Pezzopane (16 anni); Cristina Papola (17 anni); Bartolina De Paulis (53 anni); Rosmunda Ludovici (25 anni), Luigino Ciocca (15 anni), Pasquale Pezzopane (18 anni).
Sono i nomi dei 17 Martiri di Onna, vittime della furia omicida dei nazisti in ritirata che, l'11 giugno 1944, distrussero il borgo alle porte dell'Aquila.
Sono passati 75 anni.
Oggi pomeriggio, la comunità aquilana ricorderà le vittime della furia omicida nazifascista: alle 16 verrà deposta una corona al sacrario dei Martiri di Onna, nel cimitero di Paganica; a seguire, alle 17:30 nella chiesa parrocchiale di San Pietro, Santa Messa deposizione di corone e, alle 19, concerto di musica sacra con gli studenti del conservatorio di musica dell'Aquila "Alfredo Casella". Alle commemorazioni parteciperà anche l'ambasciatore della Germania in Italia, Viktor Elbling.
I fatti di Onna
Ad Onna, dopo l’8 settembre, si era insediato un reparto di sussistenza tedesco; i militari avevano occupato una villa rurale di proprietà della famiglia aquilana Pica Alfieri, dove veniva cotto il pane da inviare al fronte, ed altri edifici per i servizi logistici. I nazisti abbandonarono il paese il 25 aprile del 1944 ma Onna, per la sua particolare posizione geografica, divenne un luogo di sosta per i soldati in ritirata verso il nord, a seguito della battaglia di Cassino e dello sfondamento della linea Gustav da parte delle truppe alleate. Si racconta che ogni giorno si fermavano in paese decine di soldati della Wermacht per rifocillarsi e riprendere la marcia di notte. Nel corso della ritirata, venivano requisiti degli animali: accadde anche il 2 giugno 1944, allorquando due cavalli - uno di proprietà di Silvio Papola, che era insieme ai figli Mario e Cristina e ad Amerigo Colaianni, e un altro della famiglia Ludovici - vennero razziati in località Masergi da un maresciallo ed un sottufficiale tedeschi che condussero gli animali nel palazzo Pica Alfieri.
Cristina Papola con i suoi familiari raggiuse il palazzo per reclamare la restituzione del cavallo; fece lo stesso Nino Ludovici che, a quanto è dato conoscere, venne coinvolto in una colluttazione col sottufficiale tedesco cui riuscì a sottrarre la pistola; partirono tre colpi, Ludovici fuggì - è probabile che il soldato venne ferito - sciogliendo le briglie dei cavalli.
A quel punto, il maresciallo tedesco prese con sé Cristina Papola: avrebbe dovuto indicargli dove fosse scappato il ragazzo; stante il silenzio della giovane onnese, l'ufficiale la trascinò per le vie del paese uccidendola con tre colpi di pistola in fondo a via del Fiume.
Nino Ludovici si fece medicare a Monticchio e, il giorno successivo, raggiunse i partigiani sul Monte Archetto dove erano rifocillati dagli aiuti che partivano da Onna regolarmente. In quelle zone, il 7 giugno si consumerà l'eccidio dei Martiri di Filetto. Ad Onna, invece, niente lasciava presagire la tragedia che, ad una settimana dall'assassinio di Cristina Papola, stava per consumarsi.
Gli alleati erano vicinissimi a L’Aquila: la città verrà liberata due giorni dopo, il 13 giugno.
Il generale Boelsen, dunque, trovò la scusa dei fatti di Onna per infliggere una punizione esemplare a coloro che si erano mostati ostili al regime fascista. Tre camionette giunsero ad Onna nel tardo pomeriggio di domenica 11 giugno, sorprendendo gli abitanti del paese. Con i mitra spianati operarono un rastrellamento della popolazione: vennero radunati circa 30 onnesi, condotti verso l’ingresso del paese - nel rione Parisse - ed inquadrati a ridosso di un muro. I soldati chiesero la consegna di Nino Ludovici, a loro dire responsabile della morte di un soldato tedesco, in cambio della liberazione degli ostaggi. Le donne del paese videro Bartolina De Paulis e Rosmunda Ludovici - madre e sorella di Nino - e le consegnarono ai soldati nel vano tentativo di far avere loro informazioni. Non vi fu alcuna possibilità di risposta però, anche perché, con gli alleati vicini, i tedeschi avevano concesso soltanto dieci minuti prima dello scadere dell’ultimatum.
Nel frattempo qualcuno dei prigionieri era riuscito a sottrarsi al controllo.
Dunque, le due donne e quindici degli uomini catturati furono condotti al primo piano della casa dei Ludovici in via del Fiume - oggi via dei Martiri - e qui ammazzati con le mitragliette: la casa fu fatta saltare in aria. Non contenti, i tedeschi fecero esplodere in serata altre dodici case, i cui proprietari erano stati additati come ostili al regime.
Due giorni dopo si celebrarono i funerali dei Martiri: quel giorno, arrivò ad Onna una pattuglia italiana della compagnia motociclisti Nembo, avanguardia delle truppe alleate dell’VIII Armata. Come per altri eccidi commessi dalla 114a Divisione Cacciatori in ritirata, i fatti di Onna finirono nel cosiddetto armadio della vergogna. Impuniti i colpevoli.