Giovedì, 20 Febbraio 2014 12:19

Processo "Grandi Rischi bis", la procura generale riapre l'inchiesta. Tra gli indagati Guido Bertolaso

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L'inchiesta sulla Commissione Grandi Rischi bis, che vede indagato per omicidio colposo plurimo l'ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso (nella foto), si arricchisce di un nuovo e inatteso capitolo. A seguito delle istanze avanzate dalle parti civili, la Procura Generale dell'Aquila ha avocato a sè l'inchiesta, dopo la doppia richiesta di archiviazione da parte dei pm Fabio Picuti e Roberta D'Avolio, e la conseguente presa di posizione motivata delle parti civili dalla constatazione che finora le argomentazioni delle parti lese non hanno trovato ascolto da parte della Procura.

Per cui, avvalendosi di un potere gerarchico, il procuratore generale Giuseppe Falcone, esaminata la voluminosa documentazione portata alla sua attenzione, ha deciso oggi di avocare a sè l'indagine che verrà affidata a un magistrato del suo ufficio. Le richieste di avocazione sono due. Una firmata dagli avvocati Angelo Colagrande e Stefano Parretta per conto delle parti lese Vincenzo Vittorini, Pierpaolo Visione, Massimo Cinque, mentre l'altra è firmata dall'avvocato Gianfranco Iadecola, un ex magistrato, per conto della parte offesa Maurizio Cora.

Secondo la Procura della repubblica, la posizione va archiviata, in quanto Bertolaso non era presente alla riunione del 31 marzo 2009 nella quale la Commissione Grandi Rischi rassicurò la popolazione sull'ipotesi di un forte sisma; e inoltre, la telefonata "incriminata" con l'ex assessore regionale Daniela Stati non sarebbe utilizzabile in quanto facente parte di altro procedimento. "Bertolaso - si legge in uno dei ricorsi - è il dominus della riunione, non serve che sia presente, egli ha deciso e ordinato in anticipo tutto, sia l'esito che la comunicazione dei risultati. Quello che promana dalla riunione è un messaggio formato a tavolino e non il precipitato accademico dei massimi esperti in geologia, vulcanologia e terremoti".

"Allora è evidente - è scritto nel ricorso - che anche la motivazione secondo cui nel nostro ordinamento non esisterebbe la figura del mandante colposo si dimostra maliziosa in quanto volutamente ignora l'istituto della responsabilità del dolo eventuale e quella della cooperazione colposa del delitto previsto all'articolo 113 del codice penale". "La necessità di avocazione - dicono ancora le parti lese - è ancora più evidente laddove si pensi alle indagini volte a dimostrare come vi sia stata un'alterazione delle funzioni della ex Commissione Grandi Rischi, mediante un'imposizione dell'indagato di un risultato predeterminato teso unicamente a zittire le voci allarmistiche e a rassicurare la popolazione e ad accreditare che la Protezione civile avesse tutto sotto controllo".

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