Il Comune dell'Aquila ha un patrimonio immobiliare sterminato - composto da migliaia di unità tra appartamenti, negozi, vani a destinazione direzionali, garages e interi palazzi - concentrato in buona parte in centro storico. Per non parlare delle centinaia di abitazioni cedute dai privati tramite la procedura della sostituzione edilizia di cui è diventato proprietario dopo il terremoto.
Malgrado quest'ampia disponibilità, che consentirebbe di ricollocare facilmente tutti i settori e le funzioni amministrative, la giunta Biondi ha scelto di riportare nella storica sede di palazzo Margherita solo gli uffici di rappresentanza e di dislocare tutte le altre strutture comunali in due edifici di nuova costruzione, che saranno realizzati in zone periferiche o semi periferiche come Collemaggio e Pile (dove oggi sorge l'autoparco).
La denuncia viene da Fausto Corti, Giovanni Cialone, Antonio Porto e Luca D'Innocenzo che lanciano anche un appello affinché sull'argomento nasca a livello cittadino una mobilitazione e un confronto trasparente con l'amministrazione.
Nonostante siano noti per essere membri o aver fatto parte, in passato, di associazioni e gruppi di attivismo civico, i quattro hanno specificato che la loro è una sollecitazione posta nelle vesti di privati cittadini che hanno a cuore i destini del centro storico.
"Il Comune dell'Aquila" spiega l'avvocato Corti "ha in centro enormi proprietà, tra cui interi palazzi che potrebbero ospitare agevolmente tutte le sue strutture e tutti i suoi quasi 600 dipendenti. Penso ad esempio alla ex De Amicis, all'ex convento dei Raccomandati, al palazzo ex Ipab a Piazza Palazzo, all'ex scuola media Patini a piedi Piazza, che prima del terremoto ospitava il settore dei Lavori pubblici, all'ex liceo scientifico di via Maiella e al vicino complesso dell'ex distretto militare. Sono tutti edifici che non sono stati ancora riparati e che giacciono abbandonati a se stessi. Il rischio è che se verrà confermata la scelta di collocare gli uffici comunali fuori dal centro storico, possano rimanere così a tempo indefinito, il che creerebbe un ulteriore problema di mancato riutilizzo di una parte consistente del centro storico, già di per sé deserto, e di potenziale degrado".
Riportare gli uffici comunali in questi palazzi, secondo Corti, è l'unico modo per ridare davvero linfa al centro, dare respiro alle attività commerciali e spingere i residenti a rientrare.
"Le città sono un organismo complesso" osserva Giovanni Cialone, architetto, urbanista ed ex funzionario del Cnr "dove è necessario ricomprendere tutte le funzioni, non ultime quelle terziarie, in particolare gli uffici delle pubbliche amministrazioni, e la residenza nelle sue varie espressioni, non solo quella borghese ma anche quella popolare. Le delocalizzazioni delle funzioni in periferia rischiano di frenare qualsiasi rinascita del centro storico. Il ritorno delle sedi comunali, con le loro centinaia di dipendenti, può costituire un'occasione per rilanciare il centro avviando quel processo virtuoso che potrebbe invertire l'attuale tendenza alla definitiva desertificazione. Nuove costruzioni significherebbero inoltre nuovi costi di manutenzione da sostenere per le casse dell'ente e nuovo consumo di suolo. Siamo una città che, come ha certificato di recente l'Ispra, è in testa in Abruzzo per cementificazione del territorio, con 29 ettari di suolo consumato ogni anno".
"Serve un catasto unificato dei palazzi pubblici" afferma Luca D'Innocenzo "Oltre a quelli di proprietà comunale, ci sono infatti anche quelli che appartengono ad altri enti, sia locali che statali. E' un patrimonio davvero sterminato, va subito avviato un lavoro di riflessione sulla rifunzionalizzazione di tutte queste proprietà, altrimenti rischiamo di avere per anni veri e propri buchi neri in mezzo alle porzioni di ricostruito. Parossalmente, i colpevoli ritardi accumulati fin qui sulla ricostruzione pubblica ci consentono di avere ancora dei margini per decidere. Questa è l'ultima scelta strategica che abbiamo per pianificare il futuro della città. Sarebbe bene che venisse fatta in funzione degli interessi dei cittadini. Non è detto che siccome ci sono dei soldi disponibili si debbano fare per forza degli appalti".