Lunedì, 02 Dicembre 2019 14:27

Riciclaggio e tratta di esseri umani, sgominata banda nigeriana

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Riciclavano denaro proveniente dallo sfruttamento della prostituzione e da altre attività illecite. Milioni di euro che dall’Abruzzo e dalle Marche prendevano il volo, trasportati da corrieri e spalloni, verso la Nigeria, dove venivano reimmessi nei circuiti bancari e finanziari del Paese o “reinvestiti” in altre attività criminali.

Per questo nove persone di nazionalità nigeriana (5 uomini e 4 donne) sono state arrestate dagli agenti delle Squadre Mobili di Teramo, Pescara, Ascoli Piceno, Fermo e Macerata su ordinanza del gip del tribunale dell’Aquila al termine di una lunga indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo abruzzese.

A illustrare i dettagli dell’operazione, ribattezzata “The travelers”, sono stati il procuratore capo della procura dell’Aquila Michele Renzo, il sostituto David Mancini e il capo della Squadra Mobile di Teramo Roberta Cicchetti.

I nove fermati sono accusati di associazione a delinquere finalizzata all’illecita intermediazione finanziaria, autoriciclaggio e riciclaggio transzionale, nonché di tratta di esseri umani.

L’indagine è una naturale prosecuzione di un’altra operazione investigativa che, nel luglio scorso, aveva portato all’arresto di altre 6 persone (5 nigeriane e 1 italiana) dimoranti in Abruzzo e nelle Marche con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della prostituzione. A finire sotto il giogo dello sfruttamento erano state 12 ragazze nigeriane. Fatte arrivare clandestinamente in Italia dopo essere state persuase con promesse di lavoro e riti voodoo, le giovani erano poi finite prigioniere di magnaccia e maitresse e costrette a prostituirsi nell’area della Bonifica del Tronto, nel Teramano.

Proseguendo su quella stessa pista investigativa, gli inquirenti sono riusciti a portare alla luce l’imponente flusso di denaro frutto di quelle e di altre attività criminali o illegali, e a ricostruire la rete di passaggi e intermediazioni attraverso cui i soldi venivano poi fatti arrivare in Nigeria.

Una rete che poggiava su un sistema di trasferimento del denaro noto come hawala, in voga soprattutto nel mondo arabo. E’ un sistema che si basa sulla parola e reca con sé il vantaggio di non lasciare alcuna traccia.

L'hawala prevede la partecipazione di quattro attori: il richiedente, due hawaladar e un beneficiario. Il richiedente è colui che vuole trasferire denaro in un’altra città, l’hawaladar è invece l’intermediario. Ne esistono per l’appunto due durante la fase di passaggio delle somme: uno sta nella città del richiedente, l’altro invece in quella del beneficiario. Il primo raccoglie il denaro del richiedente e contatta il secondo, spesso un suo socio, al quale comunica la cifra della somma richiesta dal beneficiario. Quest’ultimo poi non deve fare altro che andare dal secondo hawaladar e ritirare la somma. Non c’è trasferimento fisico di denaro, non ci sono spostamenti di soldi, tutto inizia e tutto finisce senza lasciare traccia perché l’operazione si svolge sulla semplice parola data tra i protagonisti, che anticipano il denaro per poi rientrarne in possesso in un secondo momento.

A raccogliere materialmente i soldi erano dei collettori mentre a portarli in Nigeria, occultandoli nei bagagli da stiva, erano dei corrieri, che intascavano una percentuale a seconda della cifra trasportata.

In meno di un anno di indagine, gli inquirenti hanno tenuto traccia di almeno 100 di questi viaggi. I corrieri potevano arrivare a portare, in un solo viaggio, diverse centinaia di migliaia di euro (uno degli arrestati, fermato all’Ufficio dogane di Fiumicino, è stato trovato in possesso di 400mila euro).

La procura e la polizia stimano che nel periodo in cui si è svolta l’inchiesta, gli indagati abbiano portato in Nigeria 7,5 milioni di euro. E parliamo di un’attività illegale messa su da una decina di persone dimoranti in due regioni. Se rapportiamo tutto su scala nazionale, è possibile rendersi conto dell’astronomico giro d’affari collegato alla presenza in Italia di organizzazioni criminali straniere come quella nigeriana (una delle più potenti tra quelle presenti nel nostro Paese).

Il procuratore capo Renzo ha tenuto tuttavia a precisare come agli arrestati non sia contestata né l’aggravante né l’associazione mafiosa.

Di seguito, i nomi degli arrestati:
- Bright Omosogho, nato in Nigeria nel 1989 e residente a Fermo;
- Osaro Godwin Uwaila, nato in Nigeria nel 1977 e residente a Civitanova Marche (Macerata);
- Rosemary Ogei, nata in Nigeria nel 1994 e residente a S. Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno);
- Sharon Oneybuchi Aromire, nata in Nigeria nel 1990 e residente a Martinsicuro (Teramo);
- Ebade Veronica Osadiaye, nata in Nigeria nel 1991 e residente a Porto S. Elpidio (Fermo)
- Emmanuel Ojiemuda, nato in Nigeria nel 1995 e residente a Corropoli (Teramo);
- Florence Ehigiamusoe Mark, nata in Nigeria nel 1978 e residente a Nereto (Teramo);
- Charles Onoh, nato in Nigeria nel 1983 e residente a Castiglione dei Pepoli (Bologna).

Due dei nove fermati, Charles Onoh e Osaro Uwaila, sono stati arrestati a Fiumicino mentre stavano per imbarcarsi su un volo diretto in Nigeria. Bright Omosigho è stato invece catturato al casello di Teramo, sull’autostrada A24.

Uno dei membri della banda è ancora latitante.

Ultima modifica il Lunedì, 02 Dicembre 2019 16:29

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