Il mese di dicembre 2019 è stato tra i più caldi degli ultimi anni. E chi ha voglia di inverno e di neve dovrà aspettare ancora un po' perché fino a metà gennaio il quadro che si è venuto a creare in queste settimane sull'Europa e anche in Italia - alta pressione, scarse precipitazioni, temperature al di sopra della media - non muterà in maniera sostanziale.
A dirlo è Gabriele Curci, fisico, ricercatore del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche e del Cetemps, Università dell’Aquila.
Curci, il 25 dicembre, giorno di Natale, all’Aquila c’erano 16 gradi. Finora di inverno se n’è visto poco. Cosa sta accadendo? Siamo di fronte a un’anomalia o è tutto regolare?
Guardando innanzitutto le medie mensili, si può vedere come il dicembre 2019 sia stato tra i più caldi degli ultimi anni, anche se non del tutto eccezionale. La temperatura media del mese di dicembre all'Aquila si aggira intorno ai 3.5°C e nel mese appena passato abbiamo avuto 5.3°C. Medie simili si sono avute anche nel 2011, 2009, 2004, 2002, solo per nominare anni recenti, ma in passato si sono avuti dicembre con medie oltre i 6°C ad esempio negli anni '50. Tuttavia, mentre fino agli anni '90 c'è stato un dicembre oltre i 5°C una volta ogni 10 anni circa, questa frequenza è raddoppiata negli ultimi venti anni.
Andando più nel dettaglio del periodo natalizio oggetto della domanda, temperature massime uguali o superiori a 16°C ci sono state, ma molto raramente. Dagli anni '70 ad oggi, ciò si è verificato nel 2009, 2000, 1983 e 1974. In generale, si può vedere come, nell'ultimo secolo, ci sia una tendenza all'aumento delle temperature sia massime che minime e a una diminuzione delle precipitazioni, sia a livello annuale che nella stagione invernale. La tendenza è particolarmente accentuata nei decenni più recenti, in cui si riscontrano in media la scomparsa di un giorno "freddo" e la comparsa di un giorno "caldo" all'anno.
Che effetti può avere un inverno troppo mite sugli equilibri ambientali?
Domanda molto complessa cui è difficile dare una risposta sintetica e definitiva. Ci sono molti aspetti già evidenziati sull'anticipo delle fioriture e sulla fenologia di piante e animali, sul ritiro dei ghiacciai e l'accumulo di risorse idriche, sul mutamento della popolazione degli insetti vettori di malattie infettive, per fare alcuni esempi. Ma dare un quadro e una visione completa dei variegati impatti delle succitate tendenze di temperatura e precipitazione risulta ancora molto laborioso. Certo è che, chi vive di attività legate ai cicli stagionali, come gli agricoltori, si è già reso conto da molto tempo dei cambiamenti in atto e sta già continuamente adattando le fasi di produzione ai mutamenti.
Il termine adattamento non è utilizzato a caso: quello che si sta cercando di capire è quanto la variabilità del tempo implicita nel clima cui siamo abituati stia variando localmente e quanto ci si aspetta varierà ancora nel prossimo futuro. E quanto la nostra società sarà in grado di reagire ai possibili mutamenti sia per far fronte a fattori potenzialmente negativi, sia per cogliere le nuove opportunità che potrebbero presentarsi (es. tipi di coltivazioni precedentemente non possibili in determinate aree).
Quali sono le previsioni per i prossimi giorni? Cosa dobbiamo aspettarci?
Da qui fino alla metà del mese non sembrano profilarsi grandi cambiamenti: l'alta pressione delle Azzorre in estensione fino all'Europa centrale appare in grado di resistere nella sua attuale configurazione senza ricevere particolare scossoni. Si attende una breve incursione di aria fredda tra domenica e lunedì, che non porterà precipitazioni significative, dopodiché le temperature torneranno su valori superiori alle medie del periodo, con tendenza a rientrare gradualmente nella norma verso la metà del mese.