Lunedì, 24 Marzo 2014 10:52

'Do ut des', parte seconda. Chiusa l'indagine, Squadra Mobile ancora al lavoro

di 

'Do ut des', parte seconda. A quarantotto ore dal provvedimento di conclusione delle indagini che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio per gli otto indagati - Pierluigi Tancredi, Vladimiro Placidi, Roberto Riga, Daniele Lago, Pasqualino Macera, Mario Di Gregorio, Daniela Sibilla, Fabrizio Menestò - si apprende infatti che la Squadra mobile diretta da Maurilio Grasso sta conducendo ulteriori indagini e non si può dunque escludere che altre persone possano essere iscritte nel registro degli indagati.

Gli investigatori starebbero passando al setaccio informazioni estrapolate dai computer sequestrati ad alcuni degli indagati. Non solo. Sarebbero in corso dei rilievi di natura contabile e bancaria per capire come sia stato possibile che la somma di 1milione e 268mila euro, relativa al terzo Sal per i lavori di puntellamento di Palazzo Carli, sia finita sul conto corrente dell'imprenditore Daniele Lago, titolare della Steda spa, nonostante i lavori siano stati eseguiti dall'aquilana Silva costruzioni, che si era costituita in associazione temporanea di imprese proprio con la società veneta.

Evidentemente, gli inquirenti presumono che ci siano state delle omissioni nei controlli se non delle vere e proprie connivenze. Si dovrebbe arrivare alla nomina di consulenti esperti nel ramo economico-finanziario.

La destinazione illecita della somma - ricorderete - fu segnalata dall'imprenditore Cesare Silva che aveva denunciato come le lavorazioni inerenti al terzo Sal dovevano essere appannaggio della sua ditta perché facevano riferimento a lavori eseguiti precedentemente la costituzione dell'Ati con la Steda. I soldi - al contrario - sono finiti alla società veneta: l'ipotesi degli inquirenti è che siano stati utilizzati come mazzetta da Daniele Lago per ottenere appalti nell'ambito della ricostruzione.

La pesante appropriazione indebita è attribuita al solo Lago. In seguito all'avviso di conclusione delle indagini, infatti, sono stati scagionati da questa accusa il funzionario del Comune dell'Aquila, Mario Di Gregorio, e l'ingegnere Fabrizio Menestò che non escono dall'inchiesta anche se la loro posizione si è assai alleggerita. "L’ingegnere Fabrizio Menestò - si legge in una nota diffusa dall'avvocato Roberto Testa - è stato scagionato dall’accusa di appropriazione indebita, nell’ambito della complessa indagine denominata “Do ut des”, con particolare riferimento ai lavori per la messa in sicurezza di palazzo Carli, sede del Rettorato dell’Università dell’Aquila. La procura della Repubblica dell’Aquila, mentre ha chiuso le indagini sugli altri fronti, ha infatti escluso la pesante accusa, per la quale il noto professionista folignate si sarebbe appropriato di 1 milione 268 mila euro".

"L’accertata infondatezza di tale accusa - ha sottolineato l'avvocato - restituisce piena dignità umana e professionale a Fabrizio Menestò, stimato ingegnere nella cantieristica privata e pubblica dell’intera regione umbra. Il coinvolgimento nell’inchiesta aquilana dell’ingegnere Menestò, infatti, aveva gettato pesanti ombre sulla personalità e la professionalità del noto tecnico folignate, ombre che la notizia odierna spazza via in maniera definitiva".

Menestò - assistito dagli avvocati Davide Zaganelli e Gian Luca Totani - ha presentato una memoria in cui chiarisce l’ultimo aspetto che lo vede coinvolto, quello del falso, e ha chiesto all’autorità giudiziaria di procedere per calunnia contro chi lo ha ingiustamente tirato in ballo. "Apprezzo il lavoro dei procuratori inquirenti che hanno avuto il coraggio e l’onestà di rivalutare le proprie iniziali convinzioni alla luce degli elementi acquisiti dopo gli arresti - ha detto Mario Di Gregorio, in una intervista a 'Il Messaggero' -, tuttavia non ritengo concepibile che l’autorità inquirente possa addirittura convocare conferenze stampa per valorizzare i temi e i risultati di un’indagine, ma nulla faccia quando si avveda di aver criminalizzato una intera amministrazione senza che ne sussistessero i presupposti".

"Pretenderei magari - ha aggiunto - che i processi si facciano nelle aule di giustizia e non sui giornali, che la divulgazione di notizie di indagini non costituisse la vera pena da infliggersi al cittadino che va invece oggi a sostituire anche quella mai comminata da un giudice in un regolare processo. Sono un illuso, illuso come quando lo sono stato ad assumermi compiti come quelli gravosissimi attribuitimi dal sindaco subito dopo il sisma del 6 aprile. Rifarei tutto, eccome".

Staremo a vedere. Gli avvocati degli indagati hanno venti giorni di tempo per presentare delle controdeduzioni al provvedimento di conclusione delle indagini che - come detto - prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. In attesa di conoscere i risultati delle indagini che la Squadra Mobile sta ancora portando avanti.

Ultima modifica il Lunedì, 24 Marzo 2014 12:09

Articoli correlati (da tag)

Chiudi