Era il 9 febbraio 2018, poco più di due anni fa, e l'allora vicepresidente della Giunta regionale, Giovanni Lolli, riconosceva come il sistema di captazione dell’acqua del Gran Sasso fosse "assolutamente inadeguato", sottolineando l'urgenza della messa in sicurezza. "La questione è molto complessa" aggiunse Lolli; "qui si tratta di garantire la purezza della nostra acqua e, contemporaneamente, di difendere i Laboratori del Gran Sasso e di continuare ad assicurare il funzionamento dell’autostrada e della galleria".
Ci erano voluti quasi vent'anni per arrivare ad una piena presa di coscienza del problema, diversi incidenti e sversamenti di sostanze, il sequestro dei Laboratori, un processo con patteggiamento, un'altra inchiesta - l'ultima - che ha portato a dieci indagati coinvolgendo la Ruzzo Reti SpA, l'INFN e la Strada dei Parchi SpA, decine di manifestazioni e iniziative pubbliche, oltre ad un commissariamento che aveva già portato alla definizione di opere per 82 milioni di euro, evidentemente insufficienti.
Ricorderete che la questione, per settimane, tenne banco in Abruzzo a seguito di un incidente che, pur non avendo messo a repentaglio la salubrità dell'acqua bevuta da 700mila abruzzesi, aveva chiarito come il sistema di convinvenza tra acquifero, Laboratori e autostrada fosse a rischio, tant'è vero che si è arrivati alla minaccia di Strada dei Parchi di chiudere il traforo del Gran Sasso che, oggi, si percorre in entrambi i sensi di marcia ad una velocità massima di 60 km/h.
Sta di fatto che un anno dopo, alla fine di gennaio del 2019, tra gli ultimi atti della Giunta regionale uscente, guidata da Giovanni Lolli a seguito dell'elezione in Senato di Luciano D'Alfonso, si arrivò alla definizione di un piano d'interventi da 160 milioni di euro circa, condensati nella delibera di Giunta 33 datata 25 gennaio che prevedeva, tra le altre cose, la completa impermeabilizzazione della pavimentazione delle due canne del traforo, con la sostituzione del sistema di convogliamento dell’acqua drenata dietro le gallerie, ora in cemento armato, con una condotta di acciaio inox, e delle condotte trasversali, quelle che portano l’acqua al canale in cemento per intenderci, ora in Pvc, con tubazioni di acciaio inox. Si prevedeva venissero sostituite anche le condotte di plastica o cemento della rete di scolo delle acque di piattaforma con condotte di ghisa sferoidale. I lavori che avrebbero dovuto riguardare i laboratori, invece, imponevano l’impermeabilizzazione dei pavimenti nei cunicoli perimetrali e l’ultimazione di quella già avviata. Inoltre, si prevedeva di realizzare ex novo le condotte di scarico in ghisa sferoidale, con idoneo sistema di depurazione delle acque scaricate nel torrente Gravone. Entro tre mesi dall’approvazione della delibera, l’Infn avrebbe dovuto presentare un piano di dismissione degli esperimenti che comportano l’utilizzo di sostanze pericolose oltre le soglie del decreto legislativo 105/2015. Non solo. Qualsiasi attività sarebbe dovuta essere sottoposta a Vinca.
Da allora è passato un altro anno.
Nel frattempo, in Regione si è insediata la Giunta di centrodestra guidata da Marco Marsilio che ha insistito affinché l'allora governo gialloverde, nel così detto Sbloccacantieri, prevedesse un nuovo commissariamento; così è andata: è stata stanziata, inoltre, la somma di 120 milioni di euro per l'avvio delle opere (risorse insufficienti, rispetto alle previsioni) pur non essendo stato chiarito, tuttavia, il cronoprogramma degli interventi da mettere in campo.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro Infrastrutture e Trasporti e sentito il Presidente della Regione Abruzzo, avrebbe dovuto nominare il Commissario entro il 3 luglio scorso; in realtà, la nomina è arrivata il 1° agosto, annunciata dall'allora ministro Danilo Toninelli che svelò la decisione di affidare l'incarico all'ingegner Corrado Gisonni.
Da allora, sono passati altri sei mesi e mezzo ma non si è mosso ancora nulla.
Anzi, Gisonni ha preso carta e penna per informare i parlamentari abruzzesi che, di fatto, è impossibilitato ad agire per due motivi: il primo, non è stata ancora formalizzata con Decreto della Presidenza del Consiglio la Struttura commissariale, che dovrebbe essere composta da 11 persone; il secondo, non è stata individuata una sede operativa a Roma per il funzionamento della stessa.
"Ho immediatamente attivato contatti con i Ministeri competenti per accelerare ogni procedura necessaria a rendere operativo il Commissario Gisonni", il commento della deputata del Pd Stefania Pezzopane. "Esprimo grande preoccupazione per la situazione legata al risanamento del sistema idrico e di tutta la zona del Gran Sasso: dobbiamo dare immediata risposta alle questioni poste dal Commissario Gisonni nella lettera che ha inviato ai parlamentari abruzzesi". Pezzopane ha chiesto "un immediato intervento del presidente del Consiglio e dei ministeri competenti, perché non possiamo tralasciare o dimenticare una situazione così grave. Sono certa che il governo attiverà subito ogni struttura ed ogni ufficio perché si possa risolvere al piu presto questa situazione di stallo dando cosi piena possibilità al commissario straordinario di portare a termine le attività nel rispetto dei tempi assegnati dalla legge, ossia entro dicembre 2021".
Sul punto è intervenuto anche il parlamentare 5 Stelle, Fabio Berardini: "Sono decisamente preoccupato per la lettera ricevuta da parte del Commissario del Gran Sasso Corrado Gisonni circa le tempistiche per il concreto avvio della struttura commissariale per la messa in sicurezza del bacino idrico; condivido pienamente la necessità di trovare il prima possibile una sede operativa a Roma (oltre a quella prevista a L'Aquila) visto e considerato che la questione coinvolge le competenze di ben quattro ministeri. A tal proposito faccio un appello al ministro Paola De Micheli affinché, assieme al Presidente Giuseppe Conte, possa velocizzare l'individuazione di una sede operativa per il Commissario auspicabilmente presso i locali del Ministero delle infrastrutture".
L'avvio concreto della progettazione e dei lavori di messa in sicurezza "assumono un'importanza fondamentale alla luce dell'indagine avviata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Teramo", ha concluso il deputato pentastellato; "per tale motivazione è necessario che il Governo dia una celere risposta".
"Il grido d'allarme di Corrado Gisonni è di una gravità inaudita e testimonia lo scarsissimo interesse di questo governo nel tentare di risolvere un problema nodale come quello del Gran Sasso", l'affondo del deputato Luigi D'Eramo, coordinatore regionale della Lega Abruzzo. "Il commissariamento nasce malissimo: ci sono stati enormi ritardi nella nomina che hanno fatto slittare l'inizio dell'incarico, di fatto, da metà 2019 a inizio 2020. Ora si è in attesa, da mesi, della formazione della struttura commissariale, così come previsto dalla legge, e dell'individuazione di una sede operativa. Se si pensa che la fine del mandato è fissata al 2021, non si capisce come si possa pensare anche solo lontanamente di poter avviare la messa in sicurezza. Una situazione - conclude D'Eramo - che stride terribilmente con quanto fatto dalla Lega quando era al governo nazionale e dalla Regione Abruzzo. Grazie alla Lega, infatti, e in particolare all'interessamento del vice presidente della giunta regionale, Emanuele Imprudente, si è arrivati a ottenere un piano specifico per il Gran Sasso, con lo stanziamento di 120 milioni e con la nomina di un commissario. Piano varato quando al governo nazionale c'era la Lega. Da quel momento in poi tutto si è bloccato, con ritardi enormi e inaccettabili. Ora si recuperi il tempo perso, imprimendo una decisa accelerazione alle procedure".
Mobilitazione per l'acqua del Gran Sasso: "Struttura commissariale resti in Abruzzo"
"Pur comprendendo lo sconforto del neo nominato Commissario Gisonni sui consueti ritardi per l'avvio della sua macchina riteniamo del tutto inaccettabile il suo appello per ottenere che la sede operativa della struttura commissariale sia fissata a Roma. Effettivamente la sua attività sarebbe sulla carta "emergenziale" mentre nella realtà passano mesi e mesi solo per trovare una scrivania e vergare un pezzo di carta quasi che la soluzione commissariale, vista anche la sua genesi, fosse stata concepita più per condurre il famoso "facite ammuina" per fermare o allontanare iniziative che altrimenti sarebbero state obbligatorie piuttosto che risolvere problemi, di cui alcuni per certi versi irrisolvibili".
Così, in una nota, la Mobilitazione per l'acqua del Gran Sasso.
"In ogni caso - proseguono gli ambientalisti - la sede dove operano quotidianamente i tecnici della struttura commissariale deve essere assolutamente in Abruzzo. Dopo quanto subito in questi decenni, la "soluzione romana" sarebbe uno schiaffo ai cittadini. Giusto per dirne una, per fare un accesso agli atti - unica procedura che in questi anni ha assicurato la trasparenza in questa triste vicenda - bisognerebbe andare a Roma. Idem per poter parlare assiduamente con i tecnici in quel confronto che troppo spesso rimane solo un mero slogan di propaganda come è finora avvenuto con gli organi romani che al massimo fanno una gita ai Laboratori per declamarne l'eccellenza senza approfondire le problematiche della stessa struttura di ricerca, come se la sicurezza non fosse un elemento basilare per definire la qualità di un'organizzazione o di una struttura".
"Il Commissario deve parlare quotidianamente con Arta, Ruzzo, Gran Sasso Acque, Infn, Asl, sindaci, presidenti di provincia, tecnici della regione e cittadini che in questi anni hanno spiegato la pervasività dei problemi avendoli anche vissuti sulla propria pelle".
"Abbiamo ascoltato il Commissario a Teramo. Gli amministratori presenti hanno ribadito la centralità dei cittadini attivi in una vicenda che altrimenti non avrebbe neanche visto la luce tra opacità incredibili proprio a livello ministeriale, dal MIT al MISE passando per il Ministero dell'Ambiente. Una scelta "romana" non farebbe altro che perpetuare i problemi che abbiamo già visto in questi anni, con le passerelle che ignorano i problemi concreti di sicurezza sia sismici che collegati all'acqua (parola che, guarda caso, non viene mai nominata in quelle occasioni)".
"In questi anni il problema si è ingigantito solo perché da lontano si parla spesso a sproposito o per slogan e non si ha il polso della situazione. Dai primi colloqui che abbiamo avuto con il Commissario ci sembra di percepire una non piena consapevolezza della profondità dei problemi e dell'affidabilità di alcune strutture o di alcuni settori di enti coinvolti che invece devono essere marcati stretti dalla struttura commissariale se si vogliono ottenere risultati concreti. Solo stando qui il Commissario avrebbe realmente contezza della situazione e della sua evoluzione, traendo forza dal territorio".
"Il Commissario - concludono - lavori quindi in Abruzzo. L'attività principale deve essere qui".