"Nessun motivo di allarmismo perché la qualità dell'acqua che arriva nelle case degli abruzzesi residenti nel bacino Chieti-Pescara è ottima".
A dirlo, il presidente della Regione, Gianni Chiodi, dopo un colloquio con il Commissario straordinario Aterno-Pescara, Adriano Goio. "Il documento dell'Istituto superiore della Sanità - ricostruisce Chiodi - 'fotografa' la situazione al 2007, ma tutti sanno che dopo l'insediamento del 2006 del Commissario straordinario Aterno-Pescara, lo stesso dispose la chiusura dei quattro pozzi di Sant'Angelo, posti a valle della discarica e degli stabilimenti di Bussi, perché le indagini dell'Arta avevano rilevato che quei pozzi erogavano acqua inquinata. Per non ridurre la portata e la pressione dell'acqua - ricorda ancora il presidente uscente - il Commissario ne aprì subito altri quattro in località San Rocco e i valori dell'acqua tornarono nella normalità. Dal 2007, quindi, la popolazione del chietino e pescarese beve acqua purissima, potendo contare anche su una portata consistente che evita crisi idriche durante i periodi estivi. Ora - conclude Chiodi - è in corso un processo in Corte d'Assise a Chieti e l'Istituto superiore della Sanità ha depositato nel processo il documento che, ripeto, fa riferimento alla situazione del 2007, per la richiesta di danno ambientale".
Con queste parole, il presidente della Regione Abruzzo ha tentato di rassicurare i cittadini abruzzesi dopo che la vicenda della discarica di Bussi è tornata - prepotentemente - sulle prime pagine dei quotidiani nazionali. Ha ragione, il governatore uscente. Il documento dell'Istituto superiore della Sanità - nella denuncia di una "massiva contaminazione delle acque, superficiali, sotterranee e destinate al consumo" - fotografa la situazione al 2007. Pone, però, delle domande terribili. Che meriterebbero risposte immediate. Risposte che in pochi hanno cercato, in questi anni.
I cittadini di Pescara, Chieti e di tutta la val Pescara, 700mila persone, per trent'anni hanno bevuto e cucinato con acqua contaminata. L’acqua inquinata dalla discarica di veleni tossici dell’ex polo chimico Montedison di Bussi "è stata indiscutibilmente, significativamente e persistentemente compromessa per effetto dello svolgersi di attività industriali di straordinario impatto ambientale in aree ad alto rischio per la falda acquifera e per le azioni incontrollate di sversamento”, e poi, "distribuita senza controllo, anche per fasce a rischio di popolazione e utenze sensibili come scuole e ospedali".
E gli enti lo sapevano almeno dal 2004. Chi doveva intervenire? E perché non l'ha fatto? Come mai si è rimasti sordi dinanzi alle denunce del Wwf e del Forum Abruzzese dei Movimenti per l'acqua che già nel 2007 avevano denunciato - grazie all'intuizione del professor Fausto Croce - la presenza di numerose sostanze contaminanti, pericolose e tossiche?
Non solo. Nel luglio del 2007, il consigliere regionale di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, allora deputato, aveva presentato un’interrogazione parlamentare indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute e al Ministro dell’Ambiente relativa alla "presenza di sostanze pericolose per la salute umana nell’acqua che normalmente bevono, o comunque utilizzano, i cittadini della val Pescara".
Risposte non arrivarono, se non minacce di denuncia per procurato allarme. Le associazioni, allora, presentarono delle richieste di accesso agli atti scoprendo che gli enti sapevano dell'inquinamento dei pozzi Sant’Angelo almeno dal 2004, e che la Asl, nel settembre dello stesso anno, aveva segnalato alla Procura l’apertura di un fascicolo. In tre anni, c’erano state riunioni ripetute e addirittura un intervento del Ministero dell’Ambiente, a giugno del 2005, in cui si rilevava la pericolosità di sostanze cancerogene nell’acqua distribuita ai cittadini.
Anni di consapevole silenzio, in cui alla gente nessuno ha detto niente. Si intervenì soltanto nel 2007 quando Massimo Ottaviani, direttore del reparto igiene delle acque, venne ascoltato dal corpo della Guardia forestale, guidato dal comandante Guido Conti, che avviò l’attività d’indagine: "Sono stato informato che i pozzi insistono a valle di un sito fortemente inquinato, al fine di prevenire un potenziale pericolo per la salute umana, vista la possibilità di fonti idriche alternative, l’utilizzo dei pozzi presenti andrebbe evitato". Invece, almeno in un primo momento, si optò per una decisione diversa: l’apposizione di filtri ai pozzi inquinanti. Soluzione di fatto voluta dall’allora presidente dell’Ato (l’autorità di bacino) Giorgio D’Ambrosio – oggi candidato per il Pd alle regionali –, costata 1.3 milioni di euro, che produsse un risultato: l’acqua dei pozzi "collegati ai filtri 1 e 2 non veniva efficacemente filtrata, ma bensì si otteneva l’effetto opposto: la cessione dell’inquinante, piuttosto che la sua rimozione".
I pozzi inquinati vennero chiusi solo nel novembre del 2007. "Il Forum Abruzzese dei Movimenti per l'Acqua in questi anni è stato in prima fila nel denunciare quanto avveniva a Bussi e l'impatto che aveva a valle, ottenendo la chiusura dei pozzi S. Angelo che rifornivano i rubinetti di oltre mezzo milione di persone, compresi due capoluoghi come Pescara e Chieti", si legge in una nota degli attivisti.
"Il caso di Bussi, con l'inquinamento dell'acquedotto, è unico a livello europeo per tipo di sostanze pericolose, anni di esposizione e numero di persone coinvolte", ha sottolineato Augusto De Sanctis. "Nel 2007 furono i volontari di associazioni a denunciare l'inquinamento dei Pozzi S. Angelo – io allora ero referente acque del WWF Abruzzo nonché già attivista del Forum Acqua – sfidando le querele da parte dei responsabili dell'acquedotto. Con noi il deputato Acerbo. Vorrei ricordare le lettere, le decine di comunicati, gli accessi agli atti a tappeto, le migliaia di volantini che abbiamo distribuito quando i pozzi S. Angelo erano ancora aperti. Sono stati chiusi solo dopo quella mobilitazione e siamo quasi increduli che solo ora vi sia la consapevolezza diffusa di un dramma che a noi era chiaro fin da allora e che in questi anni con dossier e altre denunce abbiamo cercato di far comprendere, anche grazie ad inchieste di testate regionali e nazionali. Nel 2007 divulgammo e addirittura volantinammo le lettere risalenti agli anni precedenti del Ministero dell'Ambiente e, soprattutto, quelle del 2005 dell'allora APAT – ora ISPRA – in cui si metteva nero su bianco che nei pozzi S. Angelo vi erano cancerogeni oltre i limiti di legge. Per l'indagine epidemiologica, a pozzi ormai chiusi e dopo l'arrivo della lettera dell'Istituto Superiore di Sanità che dichiarava inidonea al consumo umano l'acqua, inventammo nel 2008 anche un sit-in di 24 ore davanti all'Assessorato alla Sanità, ottenendo l'avvio dell'indagine. Questa però abortì poco dopo, con la ASL che inviò quale proprio rappresentante proprio il Dr. Rongione, colui che aveva per anni dato la potabilità! Io ero nel tavolo di lavoro, unico rappresentante dei cittadini invitato in mezzo agli enti, e capii subito che non si poteva andare da nessuna parte, tra l'indifferenza delle Istituzioni. Solo la Magistratura ci ha ascoltato mentre addirittura il Direttore dell'ARTA Amicone è arrivato a sostenere che tanto il Mercurio vi è da 100 anni e che la chiusura dell'azienda non comporta più nuove immissioni nell'ambiente".
De Sanctis si dice sconfortato "per il fatto che abbiamo dovuto divulgare noi il primo rapporto epidemiologico dell'Agenzia Sanitaria Regionale sui tumori nella regione, redatto nel 2012 e tenuto nel cassetto. Un documento che, seppur preliminare, fotografa una realtà preoccupante, con frequenze di tumori elevatissime in alcune aree come Bussi (+70% rispetto alla media regionale) - Popoli (+29%) e area metropolitana di Pescara (+18%). In attesa dei necessari approfondimenti, non si poteva avviare uno screening per le diagnosi precoci?".
"Purtroppo - continua - gli ultimi dati dell'ARTA ci dicono che sostanze estremamente pericolose, come l'esacloroetano, da Bussi continuano ad arrivare a tonnellate alla foce del Pescara, come è accaduto nell'ultima alluvione del fiume di dicembre 2013 quando 1,45 tonnellate sono confluite nel Mare Adriatico in soli 6 giorni. Oggi, terminata nel 2007 l'esposizione ai contaminanti attraverso l'acqua dei rubinetti, siamo molto preoccupati perchè questi contaminanti ancora presenti nell'ambiente possono entrare nella catena alimentare. Il vero obiettivo deve essere il completamento della caratterizzazione e la bonifica delle aree inquinate del Sito di Interesse Nazionale perimetrato nel 2008, che contiene zone “dimenticate” ma altrettanto importanti come Piano d'Orta – dove le scorie sono ancora oggi alla luce del sole a pochi metri dalle case! In tutto sono almeno 2 milioni di tonnellate di materiali contaminati, a cui se ne potrebbero aggiungere altri. Il vero cantiere, anche per l'occupazione, è proprio la bonifica, che costerebbe a chi ha inquinato circa 500 milioni di euro, con centinaia se non migliaia di posti di lavoro creati per risanare un territorio martoriato".
Intanto - conclude - "è urgente avviare le procedure e colmare i clamorosi ritardi accumulati, usando i 50 milioni di euro pubblici già disponibili per intervenire in primis sulla discarica Tremonti. Infatti in quell'area il denaro pubblico speso “in danno” potrà essere più facilmente recuperato dai privati proprietari, avviando un circolo virtuoso moltiplicando le risorse disponibili, visto che 50 milioni sarebbero utili solo per un primo lotto di lavori. Nessun favore deve essere fatto con denaro pubblico a privati perché comunque deve valere il principio che gli inquinatori devono pagare”.
Uno scandalo senza fine. Che NewsTown aveva approfondito qualche settimana fa. Nei giorni del processo in Corte di Assise per gli ex amministratori Montedison, e a qualche giorno dal nuovo sequestro delle discariche a nord del sito industriale di Bussi perché - ad oggi - permane il pericolo per l'ambiente e la salute pubblica.
"Lo scandalo continua perchè persiste una quasi totale assenza di trasparenza e partecipazione", ha sottolineato Renato Di Nicola. "Sfido chiunque a visitare i siti di ASL, ARTA, Regione Abruzzo e Ministero del'Ambiente per capire cosa sta avvenendo ora a Bussi. Sappiamo che ci sono verbali, lettere e montagne di documenti sui monitoraggi ambientali, una parte dei quali, quella sullo stato delle falde che ha portato all'ultima inchiesta su Solvay - è venuta a galla solo grazie all'accesso agli atti svolto all'ARTA da Augusto De Sanctis che li ha poi riassunti, divulgati e usati per la denuncia. E' incredibile che vi sia un Commissario Governativo, Goio, che continua a fare lavori fortemente contestati dalla stessa regione senza che i documenti progettuali e i dati dei monitoraggi siano disponibili sul sito WEB ufficiale del Commissariato governativo, che, per pochissimi documenti, peraltro, è aggiornato al 2010. Si pensano “soluzioni” per il sito industriale senza alcuna trasparenza e senza coinvolgere minimamente i cittadini della Val Pescara, con il rischio che la discarica più pericolosa, la Tremonti, posta direttamente sul fiume Pescara, venga abbandonata a se stessa dopo i piccoli lavori in corso, tombata, una vera e propria spada di Damocle sulla testa di 500.000 cittadini per centinaia di anni. Facciamo notare che la proposta di mettere una nuova industria chimica e una farmaceutica in un'area in cui passa metà dell'acqua della regione e a 600 metri in linea d'area dai nuovi pozzi dell'acqua potabile S. Rocco scavati a monte non è così sostenibile. Basti pensare ai rischi di incidente. Intanto il prossimo 15 aprile 2015 scatterà di nuovo l'udienza preliminare presso il Tribunale di Pescara del filone “Bussi-bis” contro Giorgio D’Ambrosio, in qualità di ex presidente Ato, Bruno Catena, in qualità di ex presidente dell’Aca Spa, Bartolomeo Di Giovanni, come direttore generale dell’Aca, Lorenzo Livello, in qualità di direttore tecnico dell’Aca Spa, e Roberto Rongione, responsabile del Servizio Sian della Asl di Pescara, per aver immesso nella rete acqua contaminata. Auspichiamo che tutti i comuni della val Pescara – sull'esempio del Comune di Pescara che lo ha già annunciato – e tutti gli altri enti coinvolti si costituiscano parte civile. Ricordo infine, ai cittadini di firmare e di aiutarci nella raccolta di firme per la petizione che abbiamo lanciato alcune settimane fa su avaaz.org e in forma cartacea per le bonifiche e l'indagine epidemiologica in valpescara, che per ora ha raggiunto le 3000 firme online”.