Venerdì, 24 Aprile 2020 12:59

Ospedale Covid di Pescara, l'anestesista: "Rischio di una cattedrale nel deserto"

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A due mesi dallo scoppio dell'emergenza sanitaria legata all'epidemia di Covid-19, la diminuizione della pressione sulle strutture sanitarie è un dato confermato. Anche in Lombardia, dove il numero dei contagi resta alto rispetto ad altre zone del paese, il numero dei ricoverati in terapia intensiva continua a scendere.

Il minor impatto dell'emergenza sul sistema sanitario nazionale, unito all'aumento dei guariti, fa ben sperare in vista della 'Fase due', che segnerà una graduale ripresa delle attività produttive e un allentamento delle misure restrittive. La minaccia di una seconda ondata, però, resta. Decisive saranno le azioni messe in campo per garantire una ritorno alla normalità in piena sicurezza e per meglio reggere l'impatto di un'eventuale recrudescenza del contagio e dei casi più gravi.

A tal rigurado la decisione assunta dalla Giunta Marsilio di realizzare il nuovo ospedale Covid di Pescara è al centro di vibranti polemiche. Alla querelle politica, che ha visto le forze di opposizione sollevare forti perplessità sulla reale necessità della nuova struttura, si affianca quella legale, combattuta a colpi di diffide tra la società che si è aggiudicata l'appalto per la costruzione del nuovo ospedale, la Omnia Servitia, e l'impresa seconda classificata, l'aquilana Edilfrair.

A fronte dei dati riguardanti le terapie intensive, che continuano a svuotarsi anche qui in Abruzzo, e della maggiore comprensione dell'evoluzione della malattia, che va affrontata a livello domiciliare, con cure adeguate al manifestarsi dei primi sintomi, il timore è che la struttura possa rivelarsi una inutile cattedrale nel deserto. L'ospedale Covid in Fiera a Milano, allestito in fretta e furia dalla Giunta Fontana affiancata da Guido Bertolaso, con i 3 pazienti ospitati, ha già rivelato il fallimento di operazioni che tolgono risorse al potenziamento della medicina territoriale e delle strutture già esistenti.  

Ne è convinta Maria Rosaria Autore, anestesista della Rianimazione chirurgica dell'ospedale Mazzini di Teramo.

Qualche giorno fa, in un post pubblicato su facebook, la dottoressa aquilana si è scagliata contro la decisione di realizzare il nuovo ospedale. "Sono terrorizzata nel pensare che 11 milioni di euro verranno buttati per costruire a Pescara un ospedale Covid - si legge sul suo profilo - Qui si ritorna alla sanità infarcita dalla politica. Non ci facciamo confondere dal politicante di turno. Non è possibile che la professionalità di un operatore sanitario che ha studiato per essere tale debba essere condizionata da mere scelte di convenienza politica. Meditate gente meditate".

Contatta da NewsTown, Autore ha spiegato come negli utlimi mesi i medici abbiano capito molto sulle terapie necessarie. "Si è compresa meglio l'eziopatogenesi. All'inizio si è focalizzata l'attenzione sulle polmoniti interstiziali, ma poi, anche tramite le autopsie, si è riscontrato un tratto comune nei pazienti affetti da COVID-19, ovvero la formazione di coaguli nel sangue. Ciò provoca un'embolia polomonare che impedisce gli scambi a livello alveolare con il conseguente manifestarsi di una sorta di polmonite a livello interstiziale bilaterale. Agire prima che questo accada è fondamentale ad evitare il ricovero in ospedale. Nei primi giorni dell'emergenza tutto questo non si sapeva: al nord tutti i pazienti con sintomi si sono riversati negli ospedali e sono stati intubati, anche quelli che potevano essere trattati a casa. Ciò ha provocato il collasso delle strutture ospedaliere. A due mesi dallo scoppio dell'epidemia, le terapie sono state letteralmente stravolte rispetto all’inizio: una diagnosi tempestiva evita a molti pazienti la Terapia Intensiva. Bisogna rafforzare il trattamento domiciliare, ma servono medici di base e tamponi".

Potenziamento della medicina territoriale, diagnosi tempestiva e fornitura di DPI al personale sanitario: sono queste le priorità indicate da Autore. La dottoressa esprime forti dubbi sulla necessità di dotarsi di ulteriori 214 posti letto (40 di terapia intesiva): il sistema sanitario pubblico abruzzese finora ha retto abbastanza bene l'onda d'urto generata dall'esplosione dei contagi; inoltre, in vista di una seconda ondata, è sbagliato limitare le azioni di prevenzione al potenziamento dei posti letto e della terapia intensiva, dove arrivano pazienti dal quadro clinico già gravemente compromesso e la battaglia contro il virus, nella maggior parte dei casi, è già persa.

I reparti di terapia intensiva hanno bisogno poi di un numero ingente di personale, soprattutto anestesisti e rianimatori, carenti in tutta Italia. "Amesso che la costruzione del nuovo ospedale sia necessaria, anche se al momento non si conoscono i dati e le strategie che motivano tale decisione, come pensano di far fronte alla carenza di personale?" si chiede la dottoressa.

"In Abruzzo siamo stati fortunati - ammette Autore - Qui non abbiamo visto nemmeno una piccola parte di ciò che è successo in Lombardia. Abbiamo avuto il tempo di adeguare l'organizzazione dei reparti all'arrivo di pazienti Covid positivi. All'ospedale di Teramo è stata allestita una rianimazione dedicata, con 18 posti letto e all'interno del reparto di cardiochirurgia - spiega - abbiamo creato altri 3, 5 posti a pressione negativa. Oggi tutti i pazienti che arrivano in reparto sono trattati come sospetti positivi in attesa dei risultati. Ciò ha abbassato anche il rischio di contagi tra il personale sanitario. Inoltre, grazie alle donazioni e a un crowdfounding, promosso insieme a mia sorella Donatella Autore, anche lei medico, abbiamo acquistato ventilatori, oggi superiori al numero di pazienti che ne hanno bisogno, e una macchina ECMO per una circolazione extracorporea cardiopolmonare". Tutte operazioni, evidenzia Autore, "rese possibili grazie all'organizzazione dei medici e all'attivazione di una rete di solidarietà, che è il sentimento più bello venuto fuori in questa emergenza".

Le criticità che richiedono un intervento urgente da parte della Regione riguardano l'inefficienza della medicina territoriale e della capacità di diagnosi e la carenza dei DPI, soprattutto tra i medici di base. "I dispositivi di protezione di cui al momento siamo forniti sono stati tutti acquistati tramite raccolte fondi. Ieri in reparto è arrivata una fornitura dalla Protezione Civile ma si trattava di dispositivi totalmente inadeguati, probabilmente nemmeno omologati. Al momento riusciamo a reperire DPI grazie alla solidarietà dei privati. Ad esempio, con le attività ordinarie sospese, abbiamo organizzato una raccolta fondi con l'associazione Progetto Viva, nata per assistere le pazienti oncologiche. Ma non basta. Bisogna investire sull'acquisto dei DPI soprattutto per i medici di base, i più colpiti da questa emergenza e coloro che, in questa seconda fase, dovranno svolgere un ruolo fondamentale".

Non è una questione legata soltanto all'emergenza Covid, sottolinea Autore. "Potenziare la medicina del territorio permetterebbe anche di evitare l'affollamento dei pronto soccorso che in Abruzzo durante l'emergenza si sono svuotati. Se i medici di base fossero messi nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio lavoro, la gente eviterebbe di riversarsi negli ospedali per patologie lievi, evitando lunghe attese che spesso impediscono un intervento tempestivo nei casi più gravi".

Per l'anestesista il Covid "se preso in tempo può essere curato in casa. Ovviamente ci sono casi più delicati e complicanze, ma pensare che 11 milioni saranno spesi per un nuovo ospedale mi spaventa. La seconda fase sarà delicata, per evitare una nuova impennata, oltre a mantenere comportamenti individuali responsabili, sarà necessario investire sul potenziamento della medicina territoriale, dei presidi che qui in Abruzzo mancano, della strumentazione, sui test sierologici e sui tamponi. La diagnosi tempestiva è fondamentale così come il costante monitoraggio del personale sanitario. A Teramo, dove i primi giorni di emergenza abbiamo avuto casi tra il personale sanitario, tutti medici sono sottoposti a tampone ogni venti giorni. Da quanto ne so a L'Aquila - l'unica Asl provinciale a non essersi ancora dotata di un laboratorio per l'analisi dei test Covid n.d.r. - la situazione è un po' diversa".

"Mi sembra ridicolo - conclude - dirottare risorse così indispensabili a potenziare tutto questo per costruire un ospedale che potrebbe rivelarsi poco utile".

Ultima modifica il Sabato, 25 Aprile 2020 10:28

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