Riceviamo e volentieri pubblichiamo la riflessione della presidente del Centro Antiviolenza dell’Aquila Simona Giannangeli sulla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne.
Nell’articolo sono riportati gli interventi delle operatrici di accoglienza e della Sostituta Procuratrice della Repubblica, Dr.ssa Roberta D'Avolio, a testimoniare l'azione congiunta della Procura e del Centro Antiviolenza.
Il 25 novembre è appena passato.
Cala il sipario sulla violenza degli uomini, si rimettono nelle scatole le scarpe rosse, giornali, radio e riviste l’hanno già accantonata e da oggi torniamo ad essere un numero nell’elenco asettico delle donne maltrattate, stuprate, uccise. Per amore. Per eccesso di amore. Per raptus di gelosia. Motivazioni vergognose e indegne.
Il Centro Antiviolenza dell’Aquila ha accolto, da gennaio ad ora, cinquantadue donne, delle quali nove migranti.
Il Covid-19 è piombato sulla vita delle donne che subivano violenza maschile rendendola, se possibile, ancora più drammatica.
Il telefono ha taciuto, soprattutto nel mese di marzo e quel silenzio era per noi agghiacciante. Testimoniava l’impossibilità per le donne di poter chiamare il Centro, di poterci raggiungere.
Ma il Centro non ha mai smesso di operare e continua a garantire l’accoglienza e le consulenze psicologiche e legali tramite telefonate e collegamenti da remoto. Ma quest’anno è accaduto pure che alcune giovani donne abbiano concluso il tirocinio, diventando operatrici di accoglienza e questo ha innestato energie nuove e vitali, moltiplicando gli orizzonti del luogo politico che il Centro rappresenta.
Il 25 novembre per noi è ogni giorno, per questo lo raccontiamo il 26, con le nostre voci, quelle delle operatrici di accoglienza e quelle di una Pubblica Ministera.
Anna: il confinamento ha moltiplicato la violenza sulle donne, pandemia cui infine dovrà pur trovarsi un vaccino. Nell'attesa vengono da noi donne che avevano nascosto la loro anima e che poi decidono di “ricercare la risonanza di sé nell'autenticità di un'altra donna, capendo che l'unico modo di ritrovare se stesse è nella propria specie”. Il Centro Antiviolenza, dunque, non è un cronicario di vite di scarto, ma la scena di un mondo in cammino. Noi operatrici raccogliamo questi filamenti delicati e assumiamo le loro storie, diventando osservatorio per produrre cambiamento grazie al lavoro con le donne in difficoltà procedendo, se serve, in direzioni ostinate e contrarie.
Marta: il Covid mette in crisi le città e il pensiero va alle donne che subiscono abusi dal convivente, nelle case che dovrebbero proteggerle. Si suggeriscono alle donne modalità occulte per chiedere aiuto e, come sempre, il messaggio è rivolto a loro, mentre il convitato di pietra non viene mai nominato. Voglio fantasticare: una pubblicità in Tv con un giovane uomo, con indosso dei pantaloni blu e una camicia bianca, con uno sguardo furente, iroso, alza minacciosamente un pugno verso una figura femminile, sfocata. Fuori campo una voce maschile dice: Non frequento uomini violenti, fatelo anche voi. Finalmente, penso, il mondo maschile si fa carico del suo problema. Quando avverrà?
Maria Pia: fare l’operatrice per me significa l’incontro paritario con la donna che varca la soglia del nostro Centro. Non è detto che, a questo primo passo, ne seguano altri automaticamente. Direi che il cammino che facciamo insieme alle donne sottoposte a violenza, torna buono anche a noi operatrici, ci arricchisce e rafforza, perché neanche noi abbiamo finito di combattere per vivere la nostra libertà di scegliere e decidere quello che vogliamo e desideriamo e questo 25 novembre sta ancora a ricordarci quanto la cultura maschilista e patriarcale sia ancora oppressiva e violenta nei confronti delle donne.
Rosita: la risposta delle istituzioni alla violenza sulle donne, durante l’emergenza Covid19, mostra ancora una volta la strutturale inadeguatezza con cui si affrontano che le questioni di genere in Italia. Le politiche di genere saranno sempre carenti e irrilevanti, finché i diritti delle donne saranno questione relegata a puri fini propagandistici. La scarsa rappresentanza politica femminile ai tavoli decisionali, la mancanza di fondi strutturati ai Centri Antiviolenza, confermano una disattenzione pericolosa che va ben oltre il momento attuale. Nell’emergenza come nella normalità, è rimessa alla volontà politica di gruppi di donne, come il nostro all’Aquila, che decidono ogni giorno di continuare ad impegnarsi ed a sopperire alle profonde lacune che la politica lascia.
Mariafranca: le stanze del Centro Antiviolenza si fanno vuote dei corpi che le abitano e tutto si sposta in luoghi virtuali, perché la necessità di incontrarsi non si sospende. Nonostante tutto, continuiamo a trovarci, perché quello che resiste è la forza dell’idea che solo insieme possiamo contrastare la violenza. Il gesto inatteso del movimento reciproco delle une verso le altre, a dispetto delle millenarie divisioni che ci sono state insegnate e delle emergenze, continua ad avvenire nel nostro Centro Antiviolenza, dove facciamo della relazione tra donne il fondamento politico e nel quali si rinnova quell’abbraccio che in tanti modi si vuole negato.
Giorgia: il 25 novembre era ieri, è oggi, è domani. La serrata ha chiuso le porte delle abitazioni ed ha reso ancora più invisibile ciò che accade all’interno. L’attività del Centro è proseguita, con accoglienze telefoniche, perché la violenza maschile non si è fermata. Alcune donne, non smettendo di lottare contro il maltrattante, hanno adottato un atteggiamento di “quiete”. Una quiete apparente per superare quel momento. Spesso ciò che le spinge a rivolgersi al Centro Antiviolenza è un evento scatenante, ma ciò che permette loro, varcando quella porta, di aprirsi davanti a delle sconosciute, è qualcosa di più. È la loro straordinaria forza. Ogni volta è una sensazione dirompente, ogni volta è un ricordare a me stessa quanto sappiamo essere forti.
Queste le nostre voci.
Ora la voce della Sostituta Procuratrice della Procura della Repubblica dell’Aquila, Dr.ssa Roberta D’Avolio, che testimonia la collaborazione proficua e costante della Procura della Repubblica dell’Aquila con il Centro Antiviolenza: “Il flusso delle notizie dei reati consumati in ambito familiare non ha registrato flessioni in questo anno di emergenza sanitaria. I delitti ricompresi nella categoria “Codice Rosso” sembrano aver ricevuto nuova linfa dell’emergenza in atto, che ha riverberato tristi riflessi anche nel settore del diritto penale, con specifico riferimento ai delitti contro le donne. Il lockdown ha favorito ulteriormente l’acuirsi della violenza maschile, ma le donne si rivolgono sempre di più alle Forze dell’Ordine. L’autorità giudiziaria recepisce, grazie al lavoro di magistrati specializzati, le istanze di tutela delle donne ed appronta rimedi giurisdizionali adeguati, anche grazie all’applicazione di quanto stabilito dalla legge 69/2019, che ha previsto un percorso differenziato e più celere per i delitti ricompresi nella violenza di genere. Non può sottacersi, inoltre, il ruolo fondamentale del Centro Antiviolenza dell’Aquila sul nostro territorio, il quale opera con donne altamente qualificate, fornisce un imprescindibile supporto psicologico e legale, accompagnando le donne lungo il tragitto che va dalla denuncia al processo penale e realizzando così, con gli altri attori istituzionali, una solida ed efficace rete nel contrasto alla violenza maschile.”
Concludo che la violenza maschile resta il virus più duraturo.
E’ tempo, da tanto tempo, di smettere di dire alle donne cosa fare. Sono gli uomini a doverla fare finita.
Avv. Simona Giannangeli