Nella città dell’emergenza ogni giorno ne spunta una nuova. E la popolazione aquilana ora si trova a dover fronteggiare un problema, contraddistinto da poca chiarezza, che crea agitazione: dopo i casi di legionella al Progetto Case di Roio, con un'ordinanza firmata dal sindaco Massimo Cialente - massima autorità sanitaria locale - viene interdetto "a qualunque uso, il suolo di eventuale recapito delle acque reflue di depurazione, fino a 100 metri dal punto di massimo ruscellamento accertato al di fuori dell’area perimetrata, destinata specificamente agli impianti di depurazione, con riferimento agli impianti di acque reflue recapitanti sul suolo, ovvero quelli di Arischia, Colle di Roio, Aragno, Collebrincioni, Campo Imperatore, Pescomaggiore e Civita di Bagno".
Il provvedimento si è reso necessario perché una nota del Dipartimento di Prevenzione della ASL aquilana fa presente la possibilità di diffusione di salmonellosi umana nel territorio del comune dell’Aquila. In attesa del vademecum, che dovrebbe uscire a giorni, cerchiamo di chiarire meglio la questione.
Prima domanda: cos’è la salmonellosi? Si tratta di una patologia o infezione che può essere trasmessa direttamente o indirettamente tra animali ed esseri umani. Tra i sintomi più comuni ci sono febbre, diarrea e crampi addominali. Se il batterio si diffonde nel sangue può causare un’infezione pericolosa per la vita. Negli alimenti è rinvenuta più di frequente nelle uova e nella carne cruda. Tuttavia non è possibile accertare la correlazione tra salmonella in acqua e salmonella umana, che si può trasmettere attraverso il consumo di cibi contaminati. La manipolazione sicura della carne cruda e di altri ingredienti alimentari crudi, una buona cottura e un’attenta igiene della cucina possono prevenire o ridurre il rischio posto dai cibi contaminati.
Seconda domanda: quali sono le acque reflue che potrebbero essere contaminate? Sono tutte quelle acque la cui qualità è stata pregiudicata dall'azione antropica dopo il loro utilizzo in attività domestiche, industriali e agricole, diventando quindi non idonee a un loro uso diretto in quanto contaminate da diverse tipologie di sostanze organiche e inorganiche pericolose per la salute e per l'ambiente. Per questo non possono essere reimmesse nell'ambiente con queste sostanze inquinanti e dunque vengono depurate negli impianti preposti. Sono le acque di fogna ma anche, per esempio, quelle di dilavamento delle strade. I depuratori ricevono le acque reflue e, dopo averle depurate, scaricano a loro volta nei corsi d'acqua o, più raramente, nel suolo. L’acqua di rubinetto è sicura.
Con l’ordinanza si vieta "qualunque captazione di acqua superficiale per qualunque uso, fino al ripristino della normalità batteriologica, finalizzato alla prevenzione della casistica umana di salmonellosi" per un periodo di almeno 120 giorni, a partire dall'emissione dell'ordinanza. L'ordinanza andrà avanti dunque per tutta l'estate, a meno che la Asl non la revochi prima della scadenza.
Siamo a giugno, alle porte dell’estate. Le piogge degli ultimi giorni di certo non basteranno agli orti dei cittadini e degli agricoltori aquilani. Come fare dunque? L’acqua dei pozzi può andar bene, unitamente alle cisterne di acqua piovana, la cui acqua però senz’altro non basterà per l’intera stagione estiva se l’allarme non dovesse rientrare. Più spesso però gli agricoltori utilizzano le acque dei corsi d'acqua superficiali, ed è proprio questo che viene inibito con l'ordinanza: innaffiare con l'acqua prelevata dai corsi d'acqua (acque superficiali).
L'ordinanza fatta dal Sindaco ha carattere precauzionale perché uno dei veicoli dell'epidemia di salmonellosi umana potrebbe essere proprio l'acqua e quindi se ne inibisce l'utilizzo: ma quali acque sono realmente contaminate? Dove sono state effettuate le analisi? Perché non sono pubbliche? E’ stata trovata la salmonella nell'acqua? Nei depuratori o dove? L'ARTA esamina regolarmente gli scarichi dei depuratori e le acque superficiali: c’è l’esigenza di una completa trasparenza sulle informazioni ambientali, nel rispetto dell’obbligo di legge e nell’attesa del vademecum.
Restano infatti numerosi interrogativi ancora da chiarire e numerosi rischi: da un lato il pericolo di utilizzare acque non sicure per innaffiare i propri orti, contaminandone con l’eventuale batterio presente i prodotti, dall’altro lato però c’è il pericolo che un raccolto, frutto del lavoro di un intero anno, vada perso a causa di un atto di eccessivo allarmismo. Perché, nella preoccupazione generale, nessuno vorrà comprare prodotti a possibile rischio contaminazione. Un ennesimo duro colpo alla piccola economia agricola locale che a stento tenta di sopravvivere al consumo di suolo e la feroce urbanizzazione.