Martedì, 12 Ottobre 2021 13:59

Green pass sui luoghi di lavoro, il Dpcm. Tamponi, rischio caos

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C'è attesa per il nuovo Dpcm che il presidente del Consiglio Mario Draghi si appresta a firmare in vista della nuova deadline del 15 ottobre, quando il green pass diventerà obbligatorio per lavoratori privati e dipendenti pubblici.

La bozza che sta circolando in queste ore, i cui contenuti sono stati svelati da alcune agenzie, stabilisce che i controlli del datore di lavoro affinché i propri dipendenti arrivino ai tornelli o all'ingresso degli uffici muniti di green pass possono avvenire in anticipo, ma non eccedere le 48 ore.

"Per far fronte a specifiche esigenze di natura organizzativa, come ad esempio quelle derivanti da attività lavorative svolte in base a turnazioni, o connesse all’erogazione di servizi essenziali" si legge nella bozza "i soggetti preposti alla verifica possono richiedere ai soggetti obbligati di rendere le comunicazioni" con "l’anticipo strettamente necessario e comunque non superiore alle 48 ore, ciò anche in relazione agli obblighi di lealtà e di collaborazione derivanti dal rapporto di lavoro".

Nella bozza è previsto che "il Ministero della salute rende disponibili ai datori di lavoro specifiche funzionalità che consentono una verifica quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni verdi in corso di validità del personale effettivamente in servizio, di cui è previsto l’accesso ai luoghi di lavoro".

Se sprovvisti di Qr Code, ma regolarmente vaccinati o in linea con quanto previsto per ottenere il green pass, si potrà comunque accedere al luogo di lavoro.

"Nelle more del rilascio e dell’eventuale aggiornamento delle certificazioni verdi Covid19 da parte della piattaforma nazionale DGC" si legge sempre nella bozza "i soggetti interessati possono comunque avvalersi dei documenti rilasciati, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dalle farmacie, dai laboratori di analisi, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta che attestano o refertano una delle condizioni" necessarie per poter accedere al posto di lavoro in regola con quanto previsto dal governo nell'ultima stretta per estendere l'uso del green pass".

Il green pass o il QR code possono essere utilizzati dal datore di lavoro solo ed esclusivamente per verificare che il dipendente, a partire dal 15 ottobre, sia in regola per accedere al posto di lavoro, ovvero provvisto di passaporto vaccinale. Infatti, "è fatto esplicito divieto di conservare il codice a barre bidimensionale (QR code) delle Certificazioni verdi COVID-19 sottoposte a verifica, nonché di estrarre, consultare, registrare o comunque trattare per finalità ulteriori rispetto a quelle previste" dalla legge "in esito ai controlli".

GREEN PASS E VACCINO ALL'ESTERO

Il Dpcm 'copre' anche gli italiani che si sono sottoposti a vaccinazione all'estero, a lungo rimasti in un 'limbo' normativo. La bozza del provvedimento, prevede infatti al riguardo che il sistema ad hoc, il TS, "acquisisce tramite apposito modulo online, reso disponibile sul portale nazionale della Piattaforma-DGC, i dati relativi alle vaccinazioni effettuate all’estero dai cittadini italiani e dai loro familiari conviventi nonché dai soggetti iscritti al Servizio sanitario nazionale che richiedono l’emissione della certificazione verde COVID-19 in Italia per avere accesso ai servizi e alle attività individuati dalle disposizioni vigenti".

MILIONI DI TEST DA FARE AI NON VACCINATI, RISCHIO INGOLFAMENTO

In Italia tra i 4 e i 5 milioni di lavoratori, secondo le rilevazioni della Fondazione Gimbe, non sono ancora vaccinati.

Dal 15 ottobre questo aspetto avrà ricadute importanti sul mondo del lavoro e sull'organizzazione dei test anti-Covid. Da venerdì infatti scatta l'obbligo del Green pass per svolgere le attività lavorative e, chi non è vaccinato, dovrà fare o un tampone rapido ogni 48 ore, o un molecolare ogni 72.

Considerati i numeri dei lavoratori non ancora vaccinati, significa svolgere milioni di test ogni settimana. Ma il sistema, avverte Gimbe, non ha la capacità produttiva per rispondere a una simile richiesta.

"Se questi 4-5 milioni di lavoratori non si vaccineranno in questa settimana - spiega il presidente Gimbe Nino Cartabellotta - bisognerebbe fare 12-15 milioni di tamponi a settimana e questo non sarebbe proprio fattibile perché non abbiamo questa capacità".

Secondo l'ultimo report del Governo, ci sono 8,4 milioni di italiani over 12 che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino. Di questi, oltre 6.271.788 sono persone in età potenzialmente lavorativa: 914.671 della fascia d'età 20-29, 1.379.327 nella fascia 30-39, 1.702.924 nella fascia 40-49, 1.435.196 nella fascia 50-59 e 839.670 nella fascia 60-69”, aggiunge il presidente.

“Secondo i dati Istat relativi al 4° trimestre 2020, il tasso di occupazione nella fascia 20-64 anni è del 62,9%: sarebbero dunque quasi 4 milioni i lavoratori non vaccinati, un numero però indubbiamente sottostimato dal sommerso”, sottolinea Cartabelotta.

Intanto, il dibattito si concentra anche sul prolungamento della validità dei tamponi rapidi a 72 ore (questa durata è già prevista per i molecolari): contrario all'estensione della validità è Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Microbiologia Molecolare all'Università di Padova, secondo il quale per avere un impatto sulla trasmissione il tampone dovrebbe invece avere un massimo di 24 ore di validità.

Ultima modifica il Martedì, 12 Ottobre 2021 17:26

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