"È sempre interessante e fonte di arricchimento leggere le posizioni di illustri studiosi della città quali Maurizio D’Antonio, Vladimiro Placidi e Monsignor Antonini sul futuro del chiostro della Beata Antonia. Di questo li ringrazio, anche perché un dibattito foriero di conoscenza e non di sterile tifoseria è sempre latitante da parte dell’amministrazione che pure ha ruolo di guida cittadina. Si preferisce far lievitare l’entusiasmo social, lo stesso che alcuni seguono per prendere decisioni e altri per appoggiarle: siamo purtroppo ostaggio di una politica dal consenso solo virtuale".
L'affondo è del capogruppo di Italia viva Paolo Romano che sottolinea come i tre studiosi siano unanimemente in disaccordo sull’idea di non ricostruire gli alloggi delle suore Clarisse per motivi storici, architettonici, di risultato e persino di fruizione ecclesiastica. "Antonini, preoccupato dall’insensatezza in capo all’amministrazione, si spinge anche a difendere la ricostruzione dell’edificio delle Suore Ferrari, la cui demolizione ha scoperto la bellissima facciata di palazzo Gaglioffi. Deve essere chiaro che ogni demolizione effettuata in città ha scoperto qualcosa, anche fosse solo quella di aprire lo sguardo sulle nostre splendide montagne, ma il diradamento urbanistico, che è certamente un obiettivo di ogni amministrazione che si rispetti, non può essere perseguito senza regole: l’Urban center che viene chiamato in causa a intermittenza lo sa bene".
Da amministratore, Romano si chiede innanzitutto se l’area dove insistevano gli alloggi delle Clarisse sia già diventata di proprietà del Comune: "se non fosse così, e così non è, non vedo per quale motivo si sia già affidato lo studio di fattibilità a un tecnico individuato in maniera diretta dall’amministrazione. Questo modo errato di operare fa il paio con il bando comunale dell’antemurale di Porta Barete dove i primi arrivati si sono presi il premio ma non procedono con l’incarico di portare a termine l’opera, impantanata oramai nei numerosi errori progettuali commessi".