L’ennesimo caso di violenza sulle donne. Già, perché la violazione della privacy e l’utilizzo di immagini scabrose senza il consenso della persona coinvolta sono un atto altrettanto disgustoso e violento.
E’ quanto accaduto a Diana Di Meo, arbitra di calcio di 22 anni di Pescara.
"Stanno girando dei miei video privati su social come Telegram e Whatsapp, video non condivisi da me e alcuni fatti a mia insaputa. Ovviamente ho sporto denuncia, stanno rintracciando i colpevoli e chi si occupa della condivisione dei video, perché anche questo è un reato da codice rosso", ha raccontato Diana via social.
"Ho scoperto di questi video grazie a dei ragazzi - ha aggiunto - Ho denunciato tutto sui social per farmi forza, perché erano due giorni che ero chiusa in casa. Ringrazio tutti i ragazzi e le ragazze che mi stanno scrivendo da tutta Italia. È una situazione che non auguro a nessuno, sto cercando di resistere ma non tutti ci riescono: dobbiamo segnalare questi video e le persone che continuano a condividere queste cose".
Per raccontare la vicenda, a Di Meo è servito molto coraggio: "Io sono qui a parlarne, molti di noi non riescono a farlo e si nascondono, spero di dare voce a tutte quelle vittime che vengono colpevolizzate, quando in realtà il colpevole è dall’altra parte dello schermo, che riprende o ‘si limita’ a condividere. Oggi la vittima sono io, domani potrebbe essere una persona vicina a chi magari adesso sta guardando i video e sorride".
Va sottolineato come l'odioso e violento reato di revenge porn sia sempre più diffuso, ed ovviamente, come in ogni altro reato di matrice sessuale, la stragrande maggioranza degli autori è di sesso maschile e le vittime risultano essere quasi sempre donne, spesso ex partner.
In molti casi, la volontà è vendicarsi di un presunto torto subito, ad esempio una vera o immaginata infedeltà o, più comunemente, la fine della relazione; il pubblicare foto e video sessualmente espliciti delle loro ex compagne servirebbe quindi a “guarire” una sorta di ferita narcisistica e riaffermare un tossico potere e controllo di genere, che il maschio ha sentito di aver perso al momento della decisione, subita, di interrompere la relazione. Questo comportamento fa leva anche sulle differenze e gli stereotipi, ancora molto diffusi nella nostra società, riguardo la sessualità maschile e femminile, che portano ad accettare e gratificare in misura maggiore l’esibizione di una vita sessuale libera e attiva degli uomini rispetto alle donne.
A questo proposito, va ricordato che è stata introdotta nel nostro Codice Penale una norma che punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, con pene che prevedono la reclusione da uno a sei anni. Gli elementi fondamentali sono due: il non consenso della vittima e il fatto che il contenuto sia di natura intima o sessualmente esplicito. Esiste poi l’aggravante della relazione affettiva, come per gli altri reati di violenza, e quindi la pena risulterà più pesante qualora il reato sia stato commesso da un ex partner che decide di diffondere il materiale intimo al termine della relazione.