Sabato, 22 Gennaio 2022 10:01

Diana, la giovane abruzzese vittima di revenge porn che ha avuto il coraggio di denunciare: "Spero di dare voce a tutte le vittime che vengono colpevolizzate"

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L’ennesimo caso di violenza sulle donne. Già, perché la violazione della privacy e l’utilizzo di immagini scabrose senza il consenso della persona coinvolta sono un atto altrettanto disgustoso e violento.

E’ quanto accaduto a Diana Di Meo, arbitra di calcio di 22 anni di Pescara.

"Stanno girando dei miei video privati su social come Telegram e Whatsapp, video non condivisi da me e alcuni fatti a mia insaputa. Ovviamente ho sporto denuncia, stanno rintracciando i colpevoli e chi si occupa della condivisione dei video, perché anche questo è un reato da codice rosso", ha raccontato Diana via social.

"Ho scoperto di questi video grazie a dei ragazzi - ha aggiunto - Ho denunciato tutto sui social per farmi forza, perché erano due giorni che ero chiusa in casa. Ringrazio tutti i ragazzi e le ragazze che mi stanno scrivendo da tutta Italia. È una situazione che non auguro a nessuno, sto cercando di resistere ma non tutti ci riescono: dobbiamo segnalare questi video e le persone che continuano a condividere queste cose".

Per raccontare la vicenda, a Di Meo è servito molto coraggio: "Io sono qui a parlarne, molti di noi non riescono a farlo e si nascondono, spero di dare voce a tutte quelle vittime che vengono colpevolizzate, quando in realtà il colpevole è dall’altra parte dello schermo, che riprende o ‘si limita’ a condividere. Oggi la vittima sono io, domani potrebbe essere una persona vicina a chi magari adesso sta guardando i video e sorride".

Va sottolineato come l'odioso e violento reato di revenge porn sia sempre più diffuso, ed ovviamente, come in ogni altro reato di matrice sessuale, la stragrande maggioranza degli autori è di sesso maschile e le vittime risultano essere quasi sempre donne, spesso ex partner.

In molti casi, la volontà è vendicarsi di un presunto torto subito, ad esempio una vera o immaginata infedeltà o, più comunemente, la fine della relazione; il pubblicare foto e video sessualmente espliciti delle loro ex compagne servirebbe quindi a “guarire” una sorta di ferita narcisistica e riaffermare un tossico potere e controllo di genere, che il maschio ha sentito di aver perso al momento della decisione, subita, di interrompere la relazione. Questo comportamento fa leva anche sulle differenze e gli stereotipi, ancora molto diffusi nella nostra società, riguardo la sessualità maschile e femminile, che portano ad accettare e gratificare in misura maggiore l’esibizione di una vita sessuale libera e attiva degli uomini rispetto alle donne.

A questo proposito, va ricordato che è stata introdotta nel nostro Codice Penale una norma che punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, con pene che prevedono la reclusione da uno a sei anni. Gli elementi fondamentali sono due: il non consenso della vittima e il fatto che il contenuto sia di natura intima o sessualmente esplicito. Esiste poi l’aggravante della relazione affettiva, come per gli altri reati di violenza, e quindi la pena risulterà più pesante qualora il reato sia stato commesso da un ex partner che decide di diffondere il materiale intimo al termine della relazione.

Ultima modifica il Sabato, 22 Gennaio 2022 10:17

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