Yrina è di Charkiv, ha diciotto anni e, prima che scoppiasse la guerra, frequentava il primo anno di università alla facoltà di relazioni internazionali.
Sua sorella, Lisa, di anni ne ha quattordici e andava a scuola.
Anche la mamma delle due ragazze si chiama Yrina e dopo un lungo viaggio, iniziato il 9 di marzo, è riuscita a lasciare l'Ucraina e a portare le figlie in salvo in Italia. Il marito è rimasto a Charkiv perché gli uomini fra i diciotto e i sessanta anni non possono lasciare il Paese.
Le tre donne sono stanche per il viaggio, stremate dal rumore della guerra e in pensiero per il loro padre e marito. “C'era un forte boato di bombardamenti e di colpi di armi da fuoco” racconta la giovane Yrina “Abbiamo visto anche molti equipaggiamenti e automezzi militari e ci siamo davvero spaventate. Poi siamo fuggite in Polonia”.
Circa una settimana fa la presidenza ucraina ha lanciato l'appello a donne e bambini di andare via dalle regioni di Kharkiv, Luhansk e Donetsk, dove le vite dei civili sono messe in pericolo da aspre battaglie e bombardamenti feroci.
Quella di Yrina è una delle tante famiglie in viaggio alla ricerca di un luogo sicuro dove stare. Arrivate all'aeroporto di Fiumicino da Varsavia, tramite un contatto in Italia, le tre donne sono riuscite a trovare nella Croce Rossa Italiana – Comitato locale dell'Aquila chi provvedesse a reperire un primo alloggio, messo a disposizione da una famiglia della città.
“Stiamo portando con noi un'interprete, Cristina, da oggi nostra volontaria temporanea” racconta il presidente di Croce Rossa Italiana – Comitato locale dell'Aquila, Marco Antonucci durante il viaggio verso l'aeroporto “Ho avvisato Cristina, una ragazza ucraina che vive in Italia da molti anni, un'ora prima di partire e mi ha dato, immediatamente, la disponibilità. Per noi è molto importante che ci sia lei, perché sono persone che in questo momento hanno bisogno di essere accolte nel miglior modo possibile”.
Cristina è silenziosa per quasi tutto il viaggio di andata. Poi racconta: “Non riesco neanche ad immaginare quello che stanno provando. Arrivano in un Paese del quale non conoscono nulla, non conoscono la lingua. Perciò vorrei provare ad aiutare in questo, a fare da interprete per farle sentire a loro agio”.
L'attesa all'aeroporto è lunga.
Cristina tiene stretto tra le mani un foglio con i loro nomi. Ci sono tante altre persone che aspettano con gli stessi fogli scritti in ucraino all'uscita del gate al terminal numero uno. Mentre la Croce Rossa aspetta Yrina e la sua famiglia, infatti, diversi ucraini arrivati con lo stesso volo vengono accolti da parenti e altre associazioni.
Finalmente, quasi per ultime, escono trascinando tre valigie non molto grandi. Il loro arrivo e l'incontro con gli operatori di Croce Rossa è silenzioso e discreto. Cristina, dopo averle accolte, spiega loro che dovranno subito fare un tampone prima di partire per L'Aquila.
Sono quasi le 21.00 e il loro interminabile viaggio sta per concludersi. Sul pulmino a nove posti per due ore cala il silenzio. Sono stanche, ma non riescono a dormire e scrutano fuori dal finestrino. E' notte e non si vede niente.
Arrivate all'Aquila vengono accolte nell'appartamento messo loro a disposizione: “Da oggi fate parte della nostra famiglia” dice il proprietario di casa “Per noi è un privilegio darvi una mano. Non vi fate problemi a chiedere le cose di cui avete bisogno”. Poi qualcuno fa fare una video chiamata ad Yrina con l'amica italiana che l'ha messa in contatto con la Croce Rossa dell'Aquila. E' felice di vederle, finalmente, a destinazione e ripete più volte alla figlia più grande che è l'unica a parlare inglese: “Ora dovete solo rilassarvi e passare una notte tranquilla. Dovete pensare solo a rilassarvi”.
di Francesco Paolucci