Sulle pagine del quotidiano Il Centro l'imprenditore Elio Gizzi (già Presidente ed ex Amministratore delegato dell'Aquila calcio) si difende dalle accuse che lo hanno portato agli arresti domiciliari per più di un mese nell'ambito dell'inchiesta chiamata dirty job.
Il costruttore, accusato di intermediazione illecita con l'aggravante di aver favorito l'attività dei clan casalesi, racconta al giornalista Enrico Nardecchia il suo rapporto con Alfonso Di Tella, l'uomo che secondo l'accusa costituirebbe il tramite con la malavita campana: "Quando ho saputo il motivo per il quale ero indagato ho subito preso le distanze e ho cercato di riprendermi i cantieri dove stava Di Tella, in via Australia e in via Avezzano. Ma non è stato facile".
E sempre su Di Tella:"È vero che era uno di fuori, ma stava da 30 anni all'Aquila e ha lavorato con la maggior parte delle aziende di qui. E siccome non ci sono state mai chiacchiere su di lui, molto radicato nell'imprenditoria cittadina, mi sono fidato".
Gizzi nega di aver sfruttato in alcun modo gli operai, scaricando tutta la responsabilità di eventuali condotte illecite in tal senso ai subappaltatori (i Di Tella), a cui sostiene di essersi rivolto per far fronte alla consistente mole dei lavori, e come consentito nella ricostruzione privata.
Ma perché la società di Gizzi ha assunto gli operai dei Di Tella? "La problematica - risponde Gizzi ad Il Centro - è legata alla regolarità contributiva (Durc)". Un problema comune a molte imprese edili infatti, è quello che durante la ricostruzione le aziende che ricevono lavori in subappalto perdono il Durc ed in tal modo la ditta a cui è stato affidato il lavoro non può più riscuotere i pagamenti di avanzamento lavori da parte del Comune: "Così - continua l'ex amministratore delegato dell'Aquila calcio - abbiamo assunto noi gli operai di Di Tella, rimanendo pur sempre un subappalto, scalando i costi della manodopera alla fine. In quel modo tutelavamo imprenditori, amministratori e condòmini. Alla fine, quando il Comune avesse chiesto la regolarità contributiva, l'avrebbe chiesta alla Domus e non al subappaltatore ".
Gizzi fornisce nell'intervista una giustificazione anche per quanto riguarda le busta paga doppie che la Domus forniva ai Di Tella:" Loro, una volta fatto il bonifico, per poter scontare il costo della manodopera, non andavano sul conto corrente dell'operaio. Passavano da chi aveva fatto le buste paga per sapere quali erano i costi sostenuti. Per sapere la differenza tra costo dell'appalto e compenso che dovevano prendere loro, detratti i costi. Tante imprese stanno operando così".
Dall'intervista infine esce fuori uno Gizzi scottato per come sono andate a finire le cose nell'Aquila calcio, in cui non è più nel consiglio di amministrazione. Queste le sue parole: "Se L'Aquila ha un'immagine positiva in Italia è per i sette anni di mia gestione. Quanti disastri negli anni precedenti... In Lega sono entrato per meriti. Ma dal calcio ho avuto solo delusioni. Quello che hanno fatto il 27 giugno, quando mi hanno cacciato dal cda, non me l'aspettavo. La cosa mi ha fatto male. La vicenda nulla c'entra col calcio. La decisione spettava a me. Gli altri dirigenti hanno agito in maniera affrettata e in buona fede, ma sono andati nel panico. L'amministratore non firma la fideiussione e non firma l'iscrizione, comanda il presidente che è il legale rappresentante. Io avevo solo la delega per firmare gli assegni. Punto. Bastava informarsi. Eppure, una parte dei 600mila euro di fondi in garanzia per la fideiussione è mia. Ed è rimasta lì. Mai ho voluto mettere in difficoltà L'Aquila calcio che considero una creatura mia. Ora, però, devo pensare alla mia famiglia e alla mia attività. Quindi l'impegno col calcio è finito". (A.T.)