Venerdì, 10 Maggio 2013 14:11

Il Sindaco alza i toni dello scontro: "il Governo ci ha dichiarato guerra. Temo me la faranno pagare"

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A qualche ora dal Consiglio comunale straordinario, in una conferenza stampa convocata in tutta fretta, Massimo Cialente ha deciso di alzare ancora i toni dello scontro con l’esecutivo: “il decreto del Prefetto è un atto politico e non normativo. Si è detto rimuoviamo il Sindaco e sciogliamo il Consiglio comunale della città. Il primo atto del governo Letta, insomma, è stato dirci 'o la smettete o vi mandiamo a casa'. L’amministrazione prende atto che ci è stata dichiarata guerra.

Si è compiuto un atto di violenza istituzionale inusuale. Avremmo rimesso la bandiera se il Governo ci avesse chiesto comprensione, perché appena insediato: si doveva, però, rimuovere la dichiarazione di guerra”.

Il tricolore, dunque, non verrà ripristinato. “Ho parlato ieri con il sottosegretario Bubbico: sarei stato ben contento di riceverlo qui a L’Aquila, e di portarlo in visita in centro storico. Ha preferito non venire anche perché il Consiglio, a conclusione della seduta di ieri, ha respinto a larga maggioranza l’ordine del giorno presentato da parte dell'opposizione con il quale mi si impegnava a tornare sui miei passi. L’amministrazione, però, ha deciso di sostenere la mia battaglia e di rispondere alla dichiarazione di guerra del Governo. Ora dovrebbero arrestare, oltre me, anche i consiglieri comunali. E poi tutta la città, che ha capito i motivi che mi hanno spinto ad azioni così drastiche”.

Un vero e proprio atto di sfida, dunque: “sciogliete il Consiglio, se ne avete la forza”. Un atto di sfida lanciato ad un Governo che si immaginava amico della città dell’Aquila, con importanti esponenti della politica locale in ruoli di alta responsabilità. Cosa si dovrebbe pensare, ad ascoltare le parole di Cialente, che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l'abruzzese Giovanni Legnini, voglia far la guerra all’Aquila? E che dire della senatrice Stefania Pezzopane?

“Non ci sono governi amici o nemici - risponde Cialente – Abbiamo ricevuto una dichiarazione di guerra, probabilmente al Governo non è stata spiegata la reale situazione dell’Aquila. Chi rappresenta l’esecutivo non ha affatto il polso della situazione”. Altra pesante stoccata.

Poi l’affondo finale: “ho la sensazione che me la faranno pagare. Non intendo solo politicamente, temo ritorsioni di altro tipo. Se domani dovesse prendermi un accidente, credo che molti tirerebbero un sospiro di sollievo”. Che il Sindaco tema una qualche azione della magistratura?

Difficile capire cosa accadrà nei prossimi giorni. Una notizia Cialente l’ha data: “ho saputo che domenica il Governo potrebbe varare un decreto relativo all’Imu dove inserire anche i fondi per la Cassa integrazione. Se fosse davvero così, la strada accennata ieri (inserire una norma per L’Aquila nell’ultimo decreto firmato dal governo Monti) diverrebbe ancor più lunga. Domenica, dunque, è il banco di prova: stamane scriverò a Letta che se non dovessero inserirci nel decreto, vorrebbe dire che la ricostruzione non è più una priorità per il paese. Saremmo costretti a tornare in piazza: magari occuperemo simbolicamente Palazzo Margherita, organizzeremo una assemblea cittadina. E poi, casualmente, centinaia di cittadini aquilani potrebbero ritrovarsi a Roma, con in tasca casualmente una bandiera neroverde, in una delle piazze del potere”.

Insomma, capiremo già da domenica in che direzione sta andando l’azione di Governo. E’ necessario agire immediatamente perché le casse sono oramai vuote: “come sottolineato ieri dal consigliere Di Cesare, la Giunta si era impegnata a render conto delle attività legate al cronoprogramma ogni quattro mesi. Siamo qui per questo: Di Stefano vi mostrerà le cifre. Non è arrivata la benzina per far correre la macchina della burocrazia. Senza il miliardo di cui abbiamo bisogno, la ricostruzione del centro storico non decolla”.

In effetti, il report presentato dall’Assessore parla chiaro. I numeri sono indicativi del dramma che sta vivendo la città. Al 16 aprile, le pratiche lavorate e pronte per il contributo erano 1914, per una spesa di 621 milioni. In filiera, per la definizione del contributo, le pratiche bloccate erano 1586, per 600 milioni. Le pratiche da trasferire all’Ufficio speciale erano 1500, per 700 milioni di euro. Meno di un mese dopo, il 9 maggio, il quadro è assai peggiorato: le pratiche lavorate e pronte sono diventate, nel frattempo, 2700 per una spesa di 720 milioni. Le pratiche da trasferire all’Usra sono 2300 e la spesa è lievitata fino a oltre un miliardo e 100 milioni. In altre parole, il fabbisogno ad oggi è di 925milioni di euro per le pratiche già approvate. Se si aggiungono poi le pratiche giacenti in soprintendenza, la cifra supera il miliardo e 300 milioni. A giugno, insomma, se non dovessero arrivare fondi certi, la ricostruzione sarebbe bloccata. Vorrebbe dire perdere un altro anno.

“Come vedete, rimuovere il sindaco o il consiglio comunale non significa rimuovere il problema che esiste e si aggrava ogni giorno di più. Stanno distogliendo l’attenzione dalle reali criticità che vive il territorio. Se il governo non interviene subito, dovremo attendere sei mesi per la Legge di stabilità”, sottolinea Pietro Di Stefano.

“Adesso si sta giocando la partita. Noi l’abbiamo giocata lealmente: ci hanno chiesto di fare la stima dei costi dell’asse centrale, poi il Piano di ricostruzione che avrebbe aiutato a sbloccare i fondi, poi criteri e priorità sulla delibera Cipe. Abbiamo prodotto tutti i documenti necessari, anche un report consegnato a Catricalà il 16 aprile. Il Governo sa di quanto abbiamo bisogno. Deve dirci se, nell’agenda dell’esecutivo, L’Aquila è una priorità, come gli esodati, come la cassa integrazione, o se non lo è. Le cifre sono talmente evidenti che chiunque capirebbe il dramma della città. A meno che non si pensa siano sufficienti i tre miliardi e mezzo, fino al 2032, stanziati con il decreto Abruzzo”.

Il problema è sempre lo stesso, c’è la necessità urgente di tornare alla Cassa depositi e prestiti: “è evidente che non possiamo andare avanti con le delibere Cipe, che hanno tempi lunghi perché necessitano di variazioni di cassa. Basti pensare che dal 21 dicembre 2012 stiamo ancora aspettando la prima tranche di 255 milioni che dovrebbe arrivare martedi. La Cassa depositi e prestiti, al contrario, faciliterebbe le cose e permetterebbe di avere fondi certi nel tempo”.

La situazione è complessa, in altre parole. In continuo divenire. L’Amministrazione si accorge finalmente che i soldi sono finiti e chiama alla mobilitazione, scatenando una guerra istituzionale al Presidente della Repubblica e al Governo che, nelle prossime 48 ore, dovrà decidere se salvare o meno la città. 

 

Le reazioni.

“La notizia è che il governo sta lavorando per risolvere i problemi ed evitare che la ricostruzione si fermi”. Lo ha detto Giovanni Legnini, sottosegretario abruzzese alla presidenza del Consiglio. “Tra le urgenze”, ha detto, “stiamo cercando di inserire anche il terremoto. Occorre un provvedimento di rifinanziamento ma voglio verificare le coperture con l’Economia prima di dire che tipo di atto sarà. Prendiamo atto che è stato chiesto un miliardo”. Insomma, se si vogliono interpretare le parole di Legnini pare difficile che sia inserita un a norma nel decreto che il Governo dovrebbe firmare domenica, come chiesto da Cialente che sta pressando sui tempi. “Siamo in carica solo da una settimana...”, la risposta di Legnini.

Al fianco del sindaco Cialente, il segretario regionale del Pd, Silvio Paolucci: “La ricostruzione dell’Aquila deve diventare un tema rilevante dell’azione del governo. Contiamo sul nuovo scenario nazionale perché il diritto ad una ricostruzione trasparente, efficiente e in tempi accettabili sia pienamente rispettato: la città è allo stremo delle forze, e su questo che ci sentiamo vicini a Massimo Cialente ed a chi è chiamato ad amministrare la comunità. A questo tema – sottolinea Paolucci – è legato il futuro non solo della città, ma di una importante quota della capacità di ripresa della nostra economia regionale. È indispensabile dare risposte immediate, quelle risposte che l’ex commissario Gianni Chiodi non ha mai voluto contribuire a dare».

Un Consiglio provinciale straordinario sulla Ricostruzione nel quale saranno invitati il sindaco dell’Aquila e tutti i sindaci dei comuni del cratere è stato chiesto dalla Commissione speciale per la Ricostruzione, riunitasi negli uffici del Consiglio provinciale dell’Aquila. "Nell’esprimere il sostegno e la vicinanza alla protesta – si legge in una nota - l’auspicio del presidente della Commissione Paolo Federico, del vice Pierpaolo Pietrucci e dell’intera assemblea è quella che la battaglia appartenga a tutti i comuni del cratere, della provincia dell’Aquila e dell’intera regione che mai come adesso hanno la necessità di essere uniti, ed è espressione del disagio e della disperazione di una comunità che dopo quattro anni è stufa e mortificata da promesse non mantenute. Le innumerevoli istanze più volte rappresentate al governo dal sindaco Cialente e dal presidente della Provincia dell'Aquila Antonio Del Corvo sono rimaste lettera morta e non hanno mai visto un seguito da parte del governo stesso".

Deciso l'intervento di Carlo Benedetti, presidente dell'Assemblea civica, con una nota al presidente della Repubblica Napolitano, al presidente del Consiglio, Enrico Letta, al ministro dell’Interno Angelino Alfano, al vice ministro dell’Interno Filippo Bubbico, al ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, al ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia, ai sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi e Giovanni Legnini, al ministro degli Affari regionali Graziano Delrio. “Il Consiglio comunale - ha scritto - avrebbe anche potuto chiedere al sindaco di tornare indietro sui suoi passi ma non lo farà mai, sotto la minaccia di essere mandato a casa come un’assise mafiosa. La scelta del governo di minacciare la rimozione del sindaco appena rieletto e quindi lo scioglimento di un Consiglio comunale votato dalle cittadine e dai cittadini, sia uno degli atti politici di maggior violenza istituzionale che non avrebbe precedente alcuno nella storia dell’Italia Repubblicana. Del resto - ha concluso Benedetti - è competenza del Consiglio decidere se e come, in base alla legislazione vigente, esporre la bandiera e l’obbligo di esporla ci sarebbe solo nel Consiglio comunale”.

L’assessore provinciale e consigliere comunale di centro destra, Guido Quintino Liris, ha avvertito il sindaco Cialente: "Se non vuoi restare solo, non devi isolarti! Il Tricolore ci unisce! In questi quattro anni le scelte strategiche operate autonomamente dal sindaco, lo hanno penalizzato nei rapporti personali e politico-amministrativi a tutti i livelli, a discapito della città dell’Aquila e di tutto il Cratere. Se è vero quanto sostiene il sindaco, e cioè che l’Aquila è invisa e mal sopportata dal Governo, dal Ministero dell’Economia, ed ora anche dal Prefetto, probabilmente è necessario al più presto un cambio di rotta e certamente una immediata rimodulazione della strategia. Ma Cialente deve fare autocritica".

Chi non ha proprio mandato giù l’iniziativa del primo cittadino è il giornalista aquilano Giuseppe Vespa che ha presentato un esposto denuncia alla procura della Repubblica dell'Aquila: "pur avendo il prefetto reiterato la sua diffida con altro provvedimento - si legge - Massimo Cialente non ha provveduto ancora a far ricollocare al suo posto la bandiera italiana. Più precisamente - prosegue - ha omesso di farle riposizionare sugli edifici pubblici di questo Comune. Lo scrivente si rivolge alla signoria vostra affinché verifichi se nel comportamento tenuto da Cialente (o di altri, quali autori materiali del gesto), siano ravvisabili ipotesi di reato".

 

 

Ultima modifica il Sabato, 11 Maggio 2013 00:19

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