Quella della statua di Nicola D'Antino divelta a Piazzetta IX Martiri sabato notte, è davvero un brutto segnale. Un salto di qualità dei comportamenti vandalici che si susseguono nel centro storico. Ma questo vandalismo diffuso è l'effetto di una causa: lo stato di incuria e abbandono in cui giace il centro storico e che accompagna la distruzione lasciata dal terremoto.
Questo è il contesto, quello di una città "trash" più che "smart". Tradotto significa che, tralasciando i sogni di qualche amministratore locale, L'Aquila non è intelligente, fa schifo. Questa la realtà.
In tal contesto in molti tendono tristemente ad "adattarsi" e si sentono in diritto di fare qualsiasi cosa, anche rompere una statua visto che è già tutto rotto, abbandonato, distrutto. Ma i gesti di non rispetto verso la città non abitata sono tantissimi, a cominciare dall'urinare dappertutto nei giorni di festa della settimana.
Il problema principale di questa situazione sono i finanziamenti che non arrivano e stanno determinando il perpetrarsi, dopo quattro anni, dell'immobilità dei lavori e delle rovine.
Ma la responsabilità va anche all'amministrazione e agli Enti preposti che non curano a sufficienza gli spazi pubblici del centro storico.
Non è possibile pensare solo alla partenza o meno dei lavori. I segni del degrado, o meglio dello "schifo", vanno dalle transenne lasciate per terra, ai portoni delle case aperti, ai pozzetti elettrici scoperti, alle cassette delle poste rotte, alla mancanza di illuminazione.
Come è possibile lasciare interi isolati del centro che non sono zona rossa, mal illuminati o per niente illuminati? A volte si raggiungono per i vicoli livelli di oscurità che non farebbero invidia alla Londra di fine 800' in cui agiva Jack lo squartatore. Situazioni del genere, va da sé, favoriscono comportamenti irrispettosi, violenti o di spaccio. E' l'Abc di una città ragionevole, ma non è il caso dell'Aquila, città unica.
Come è totalmente folle pensare che possano essere due camionette dell'esercito a tutelare un intero centro storico. Un città si tutela prima di tutto con la presenza dei suoi cittadini che se ne prendono cura disinteressatamente e mutualmente. In una città aperta l'episodio di sabato notte a Piazzetta IX Martiri semplicemente non sarebbe stato possibile.
In tal senso, lo storico Raffaele Colapietra le responsabilità le ha sempre attribuite anche ai cittadini: per Colapietra il primo dramma del dopo terremoto aquilano è stato l'abbandono massivo del centro storico, cosa mai accaduta prima.
Questa situazione è ancora recuperabile? Piazzetta IX Martiri senza statua, intanto, restituisce un impressione tremenda, quella del vuoto che avanza inghiottendo quello che trova.
Ma allora che fare? Intanto l'amministrazione deve convincersi che vanno incoraggiati in tutti i modi quei soggetti - giovani, associazioni, gruppi di cittadini - motivati che in questi anni si stanno dando da fare per promuovere socialità e cultura, battendosi per ridare un significato al centro storico vuoto e alle proprie vite. In attesa di certezza di finanziamenti la sola garanzia di vita per il centro e la storia dell'Aquila è proprio lasciar esprimere, con coraggio, questa voglia di protagonismo.