Nel 1999 l'Onu ha stabilito che il 25 novembre di ogni anno è designato come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Assieme agli appuntamenti convegnistici, culturali e di sensibilizzazione che vengono organizzati in ogni parte del mondo, ci sono anche i problemi quotidiani reali – oltre il simbolismo delle date e le campagne seppur giuste – che affliggono il problema secolare della violenza di genere e degli strumenti di lotta utili al contrasto di questa.
L'Aquila, ad esempio, è uno di quei luoghi dove la realtà supera spesso l'immaginazione, e il feticcio simbolico lascia necessariamente (e purtroppo) spazio alla violenza che, volente o nolente, colpisce realmente tante (troppe) donne. Da sette anni, in città, è attivo il Centro Antiviolenza: punto di riferimento per chi voglia denunciare i maltrattamenti subiti in famiglia e non solo. Da tanti (troppi) anni il Centro Antiviolenza dell'Aquila non ha una sede, né fondi sufficienti allo svolgimento delle fondamentali attività di supporto alle donne che subiscono violenze. Solo nel 2014 il Centro ha accolto oltre 200 donne. Cifre spaventose, se consideriamo le dimensioni ridotte – in termini demografici – di un comprensorio come quello aquilano.
Oggi, nella giornata simbolo di lotta alla violenza contro le donne, le volontarie del Centro Antiviolenza dell'Aquila hanno voluto riempire il 25 novembre con un bagno di realtà, dura e violenta, a volte, come quella di tanti uomini. Sono scese in strada, o meglio nel piazzale di fronte la sede del Comune dell'Aquila a Villa Gioia, per chiedere risposte certe.
"Il Centro Antiviolenza dell'Aquila vuole dedicare questo sit-in ai problemi della lotta contro la violenza sulle donne – ha affermato con decisione la presidente Anna Tellini – che ha bisogno di finanziamenti, e nel caso aquilano di una sede e del sostegno delle istituzioni. Non possiamo camminare solo sul lavoro, instancabile, delle volontarie. Dedichiamo questo sit-in alle donne, tutte, e alla causa della lotta".
Il Centro Antiviolenza dell'Aquila chiede fondi del Comune per continuare a portare avanti la propria attività, in primis per le consulenze. Da anni l'amministrazione Cialente promette una sede definitiva, ma in questo momento il Centro non ne ha nemmeno una provvisoria: è ospitato infatti, e solo in alcuni giorni della settimana, dal consultorio Aied, senza possibilità di rendersi autonomo.
Vi abbiamo parlato più volte della scuola materna di Viale Duca degli Abruzzi, ma i tempi sono lunghi, tipici dell'Aquila post-sisma. Francamente, ci risulta paradossale come – in una città dove gli stabili agibili di proprietà soprattutto privata ma anche pubblica siano numerosissimi – l'amministrazione non riesca provvedere a una sistemazione dignitosa e provvisoria, in attesa di un luogo definitivo.
Il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, che oggi ha ricevuto le donne in protesta assieme alle due assessore Emanuela Di Giovambattista e Betty Leone, ha fatto intendere che – almeno per la sistemazione provvisoria – i problemi siano da imputare alla burocrazia: "L'appartamento che dovrebbe essere assegnato al Centro (in un condominio del quartiere Torrione, ndr) non è ancora disponibile perché ci sono problemi con l'accastamento dello stabile", ha ribadito il primo cittadino. In realtà, i problemi riguarderebbero le carte sulla cessione di proprietà dell'appartamento al Comune, ma poco conta: non si sa dove accogliere decine di donne in difficoltà, per problemi burocratici che la politica non riesce a superare agevolmente, stretta a morsa da enti come Corte dei Conti pronti a "castigare" gli amministratori per ogni tipo di (presunta) forzatura burocratica: "All'Aquila sappiamo tutti che la situazione è particolare – ha rincarato il primo cittadino – e nessun dirigente si prende la responsabilità di firmare perché altrimenti passiamo i guai". Rimanendo all'ambito sociale, per esempio, ci sono ben quattro alloggi Caritas fermi e vuoti nella frazione di Sassa, perché privi della carta di accastamento. Assurdità della burocrazia ai tempi dell'austerità e del perenne controllo dei conti pubblici.
Insomma il Centro e le donne all'Aquila aspettano una risposta: da anni c'è il "gioco dell'oca" - come l'ha definito oggi Anna Tellini rivolgendosi al Sindaco – secondo il quale dall'ipotesi di sede definitiva (scuola materna in Viale Duca degli Abruzzi) si è passati anche ad avere dubbi su quella provvisoria del Torrione. Attraversando, come fosse un gioco da tavola, altre ipotesi come quelle di una struttura di proprietà della Provincia nel piazzale di Collemaggio.
Un'altra richiesta necessaria alle attività del Centro Antiviolenza è quella della cosiddetta "casa rifugio", una casa di fuga dove poter accogliere le donne nel momento di massimo rischio della propria vita, quando decidono di uscire dal meccanismo di sottomissione e maltrattamento, nel quale sono imprigionate. Anche in questo caso Cialente si è detto disponibile a trovare un alloggio in tempi strettissimi. Ma anche in questo caso, alle parole dovranno seguire i fatti.
Il problema della sede non è l'unico reale che deve affrontare il Centro Antiviolenza dell'Aquila: la Regione Abruzzo è una delle poche in Italia a non stanziare fondi stabili per il settore e il Comune dell'Aquila non naviga nell'oro. Lo scorso anno, a fronte di un progetto dell'ente con il Centro, sono stati stanziati 10mila euro. Quest'anno, probabilmente, sarà lo stesso: ma è troppo poco per le spese, relative soprattutto alle consulenze tecniche – in primis in ambito sanitario e psicologico – che deve affrontare il Centro Antiviolenza. Non esiste, ad oggi, neanche una convenzione tra Centro e Comune. Non è possibile stipularla perché non ci sono fondi stabili da erogare.
Il problema della sede e del finanziamento delle attività si risolverebbero entrambi impiegando gli ormai famosi "Fondi Carfagna" [leggi qui l'approfondimento sui fondi]: 3 milioni di euro stanziati dal governo centrale e finiti nelle maglie della macchina amministrativa della precedente giunta regionale, guidata da Gianni Chiodi. Non si sa, ad oggi, dove si trovino quei soldi, nonostante - grazie alla Legge di Stabilità 2014 - siano stati "riportati nel cratere" e assegnati alla Provincia dell'Aquila, che dovrebbe deciderne la destinazione di concerto con il Comune.
La crisi, all'Aquila come nel Paese, rappresenta ormai un fattore totalizzante: è la morsa dei conti sulla pubblica amministrazione, che incide sostanzialmente sulla mancanza dei servizi assistenziali fondamentali. Uno di questi è la lotta alla violenza sulle donne.
In tal senso, il presidio di oggi di fronte e dentro la sede del Comune dell'Aquila, non rappresenta un semplice – seppur importante – feticcio simbolico legato a una "chiamata" internazionale, ma una doccia fredda nella dura realtà.