Lunedì, 22 Dicembre 2014 19:35

Grandi Rischi, parenti delle vittime: "Processare Bertolaso"

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Indagini "lacunose" e frammentarie che hanno compromesso l'accertamento dei fatti; uno spezzettamento dei processi che ha fatto il gioco degli imputati; interi settori dello Stato deviati; un patto segreto stretto da vari livelli istituzionali per insabbiare la verità storica del terremoto dell'Aquila.

Sono parole pesanti come macigni quelle pronunciate da Pierpaolo Visione e Vincenzo Vittorini a poco più di un mese dalla sentenza con cui la Corte d'Appello dell'Aquila ha assolto sei dei sette imputati della Commissione Grandi Rischi e ha condannato, con una pena peraltro molto più mite rispetto a quella chiesta dal procuratore generale, il solo Bernardo De Bernardinis.

In una lunga conferenza stampa, Vittorini e Visione hanno voluto fornire la loro versione dei fatti, dopo aver vissuto sempre silenziosamente, in questi anni, le varie vicende processuali.

Le accuse più pesanti sono state rivolte al lavoro investigativo svolto dalla procura dell'Aquila, in particolare alla scelta dei pm di dividere le indagini in più filoni senza tener conto di un quadro di insieme dove invece le responsabilità di tutti, dalle più alte sfere istituzionali agli amministratori locali, erano concatenate e inscindibili le une dalle altre.

Quello attuato dalla procura, secondo Visione e Vittorini (entrambi colpiti, il 6 aprile 2009, da gravi lutti) è stato uno "spezzettamento" che non solo non ha favorito la ricerca della verità ma in qualche modo ha anche permesso ai legali degli imputati di impostare strategie difensive che poi si sono rivelate vincenti.

"Abbiamo chiesto in varie occasioni alla procura dell'Aquila, man mano che in questi anni uscivano nuovi fatti e nuove argomentazioni" ha affermato Vittorini "di racchiudere tutto in un unico processo, perché qui c'è stato un default di tutto lo Stato, dal livello centrale a quello locale".

Secondo Vittorini, il punto di svolta c'è stato con la pubblicazione della famosa telefonata tra Guido Bertolaso, all'epoca numero uno della Protezione civile, e l'assessore regionale Daniela Stati.

"Quando venne pubblicata quell'intercettazione" ha spiegato Vittorini "noi chiedemmo alla procura di fare un unico processo e di bloccare anche quello alla Grandi Rischi perché è evidente che facendo più processi si sarebbe dato modo a chi era dentro di poterne uscire e a chi doveva essere chiamato a rispondere delle proprie azioni di rimanerne fuori".

Il riferimento è proprio a Guido Bertolaso, che secondo Vittorini e Visione dovrebbe essere processato per omicidio con dolo eventuale per non incappare nella prescrizione: "Chiediamo alla procura generale, che ha avocato a sé il caso Bertolaso, di dirci se ha intenzione di chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione. Da parte nostra non c'è nessuna intenzione persecutoria, sono le carte che parlano chiaro, a maggior ragione dopo la sentenza di appello che, con la condanna del prof. De Bernardinis, ha sancito la colpevolezza della Protezione civile. A questo punto ci domandiamo: cosa si aspetta ad agire nei confronti di quello che secondo noi è il deus ex machina di tutta questa vicenda?".

E' stato Pierpaolo Visione a parlare di indagini "lacunose": "Siamo insoddisfatti del lavoro svolto dalla procura dell'Aquila. I pm non si sono mai interfacciati né con me né con Vincenzo, non ci hanno mai ascoltati. Non hanno mai attuato una strategia, a differenza degli avvocati della difesa".

La lista degli errori commessi dalla procura, secondo Visione e Vittorini, è lunga: dalla mancata audizione di alcuni testimoni presenti alla famosa conferenza stampa che seguì la riunione della Grandi Rischi il 31 marzo 2009 alle anomalie verificatesi durante l'incidente probatorio (una su tutti: gli indagati, anziché essere tenuti separati per evitare che potessero venire in contatto tra loro, come vuola la procedura, furono accolti e sistemati per tutta la durata dell'udienza dentro la stessa stanza, ndr) alla sottovalutazione di alcune testimonianze e di alcune prove raccolte dalla stampa.

Altra "lacuna gigantesca", secondo Visione, è stata la richiesta di archiviazione presentata dai pm aquilani nei confronti di Guido Bertolaso: "Se non fosse stato per noi che ci siamo opposti, Bertolaso sarebbe stato già archiviato. Noi invece vogliamo che sia processato, perché solo in un processo potrà essere fatta luce sulle sue responsabilità. Come può continuare a fare il volontario in Africa lasciando De Bernardinis a fare il capro espiatorio? E' evidente che De Bernardinis, che in appello è stato riconosciuto colpevole, non può aver fatto tutto da solo".

"Nei confronti della procura dell'Aquila non nutro più alcuna fiducia" è stato l'affondo finale di Vittorini "Ho già dato incarico al mio legale di presentare i futuri esposti alla procura di Perugia o a quella di Campobasso. Noi comunque non ci fermeremo, la nostra battaglia va avanti".

Ma, a parere dei due familiari delle vittime, la catena delle responsabilità investe tutti i livelli dello Stato: "Quello che sosteniamo con forza è che c'è stato un accordo tra le istituzioni che ha impedito che si arrivasse all'accertamento dei fatti, un patto che ha insabbiato la verità storica del terremoto aquilano. Gli occhi di tutto il mondo erano puntati sull'Aquila e non poteva essere lasciato emergere il fatto che lo Stato italiano non aveva fatto nulla per prevenire gli effetti del terremoto, a cominciare dall'attuazione di un piano di Preotezione civile, che non era pronto né a livello nazionale né a livello locale". E' stato Vittorini a parlare senza mezzi termini di "Stato deviato" e di "stagione delle assoluzioni", riferendosi anche ad altre recenti sentenze, come quella sulla morte di Stefano Cucchi, che hanno scagionato uomini o apparati di Stato finiti sotto processo.






 

Ultima modifica il Martedì, 23 Dicembre 2014 17:47

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